Palermo, incendio alla Leonardo del 2022: in carcere un pompiere
Il caso del pompiere Luigi Spera, in carcere per aver attaccato l’industria di armi Leonardo. Un articolo di Valeria Casolaro (L’Indipendente)
Nel novembre 2022, alcuni attivisti lanciano oggetti incendiati all’interno del cortile di Leonardo spa, a Palermo. È notte e tutti i dipendenti sono a casa. Il resoconto di quanto accaduto lo restituiscono le immagini sgranate di un video che gira sui social di Antudo, realtà indipendentista siciliana: un paio di oggetti che volano, una fiammata di qualche secondo, poi più nulla. Gli attivisti corrono via. La protesta era volta a denunciare come le armi prodotte da Leonardo (società partecipata dal governo al 33%) fossero vendute alla Turchia e impiegate nell’etnocidio dei curdi messo in atto da Erdogan. Nessun dipendente di Leonardo è stato coinvolto nell’incidente, mentre i danni agli oggetti sono stati molto lievi. Eppure, per quella breve azione dimostrativa, alla fine dello scorso marzo alcuni attivisti di Antudo sono stati colpiti da alcune misure cautelari. Tra di essi vi è Spera, vigile del fuoco, l’unico ad essere detenuto in carcere con l’accusa di aver compiuto atti di natura terroristica.
«Il pm aveva chiesto per Spera e un altro ragazzo la custodia cautelare per il reato incendiario di natura terroristica (art. 280 c.p.) – spiega l’avvocato di Spera, Giorgio Bisagna, a L’Indipendente – e aveva contestato a Spera anche l’utilizzo, sempre ai fini terroristici (art. 270 c.p.), di una molotov, congegno incendiario equiparato a un’arma da guerra, in quanto sarebbe stata rinvenuta una bottiglia rotta con uno stoppino dentro». Spera è poi stato accusato, insieme ad un’altra attivista, di aver divulgato un comunicato stampa che spiegava le ragioni dell’atto dimostrativo, motivo per il quale il pm gli contesta anche l’istigazione a delinquere aggravata dal compimento di atti sovversivi (art. 414 c.p., comma 4). Nell’esaminare le richieste del pm, il giudice per le indagini preliminari (gip) ha confermato l’imputabilità per i fatti contestati, ma senza l’aggravante della valenza terroristica. «Perché ci sia una valenza terroristica di un atto occorre che si crei uno stato di intimidazione, di costrizione effettiva nel soggetto che viene minacciato. Una vampata avvenuta di notte, quando il personale non era presente, che non ha recato danni sostanziali ha una evidente finalità dimostrativa» dichiara Bisagna. «Pensare che Leonardo, la settima azienda al mondo nella produzione di armi, possa sentirsi influenzata al punto da recedere dalle proprie scelte finanziarie per una minaccia di questo tipo mi sembra da escludere».
Tuttavia, a causa di alcuni precedenti minori legati ad atti di contestazione, il gip ritiene vi sia il rischio di reiterazione del reato e dispone le misure in carcere. Sarà poi il tribunale di Palermo, nel corso dell’udienza di riesame (fissata dopo che l’avvocato ha contestato le misure cautelari) a riconfermare la natura terroristica degli atti e confermando dunque la custodia in carcere. Così, Spera viene trasferito nella prigione di Alessandria, dall’altra parte dell’Italia, in regime di Alta Sicurezza 2 (AS2), riservato a coloro accusati o condannati di atti di terrorismo. Secondo l’avvocato, qui si iniziano a delineare le prime incongruenze. «C’è sicuramente qualcosa di strano, perché l’allontanamento viene disposto quando il gip aveva escluso la finalità terroristica, prima che il tribunale rovesciasse tale posizione. Per i reati comuni, come quello di incendio, si dispone la misura del carcere solamente in extrema ratio. Eppure, il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria (DAP) non prende in considerazione ciò che ha detto il giudice, ma le accuse avanzate dal pm, mandandolo in carcere ancora prima che il tribunale del riesame riconfermasse le aggravanti per terrorismo. In pratica lui è indagato per terrorismo, ma è in carcere per incendio. Chiaramente c’era già qualcosa che non andava sin da subito». Al momento, l’avvocato ha presentato ricorso in Cassazione, ma per l’esito si dovrà attendere. Nel frattempo, Spera si trova rinchiuso in una cella. Con la possibilità concreta che vi rimanga molto a lungo, in quanto per i reati di terrorismo, esattamente come per i reati di mafia, i termini di custodia cautelare sono raddoppiati.
Secondo l’avvocato, che sostiene l’estraneità di Spera ai fatti («è l’accusa che deve dimostrare la sua colpevolezza, non noi provare la sua innocenza»), basta il video a dimostrare l’evidente natura dimostrativa dell’azione. E nemmeno i pochi danni materiali che vi sono stati sarebbero sufficienti a dimostrare la matrice terroristica dell’atto. «È già stato stabilito per fatti accaduti in passato, come quelli avvenuti in Val di Susa con le proteste contro la TAV. In quei casi, la procura di Torino aveva contestato l’attentato terroristico, ma la Cassazione ha detto no. Accadde anche nel 2021, durante il Covid, quando fu lanciata una molotov contro un polo vaccinale nel bresciano non fu considerato un atto di terrorismo, perché il ministero della Salute non avrebbe certo smesso di somministrare le vaccinazioni per un episodio del genere».
«Luigi è molto sereno, perché è una persona molto solida» riferisce Bisagna. Intanto, però, a causa del sospetto che abbia lanciato una molotov di notte in uno spiazzo di cemento, senza che questo abbia recato danni a persone o oggetti, il vigile del fuoco si trova rinchiuso in una cella di tre metri quadri, da dividere con un altro detenuto. Il tutto per denunciare la complicità del nostro governo nelle azioni di un altro, che di morti e distruzione, quello sì, ne causa per davvero.
Questo articolo di Valeria Casolaro è stato diffuso da L’Indipendente.
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