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Paese Sera, dal Pci a dorso giornali locali

165 giornalisti contro il silenzio su Gaza – Venduta anche La Provincia Pavese – Rinnovato settimanale 7 (Corriere) – Corriere: separare informazione da pubblicità – L’AI colpisce ancora – Giornalisti italiani espulsi dal Marocco

di Adriano Todaro - mercoledì 28 maggio 2025 - 939 letture

PAESE SERA RINASCE – La Sae Editore (Il Tirreno, La Nuova Sardegna, Gazzetta di Modena, Gazzetta di Reggio, La Nuova Ferrara e fra poco la Provincia Pavese, vedi sotto) ha acquisito anche la storica e famosissima testata della sinistra, Paese Sera. Per farne che? Una riedizione nelle edicole? Non proprio. Il Gruppo Sae di Alberto Leonardis ha deciso che da ottobre Paese Sera diventerà il dorso dei quotidiani locali citati sopra. La redazione sarà a Milano. Il primo numero di Paese Sera è apparso nelle edicole il 6 dicembre 1949 ed era l’edizione pomeridiana del quotidiano Il Paese, quotidiano di orientamento comunista. Negli anni ’50, Paese Sera arrivò ad avere ben sei edizioni giornaliere. Una sorta di Telegiornale. L’ultima edizione arrivava nelle edicole alle 21. Quotidiano vivace, spesso in polemica con il Pci, Paese Sera è stato il primo quotidiano che ha utilizzato i fumetti (Bonvi e Peanuts). Hanno scritto per Paese Sera numerosi personaggi del mondo giornalistico e intellettuale come Gianni Rodari, Norberto Bobbio e Umberto Eco. Nel 1980 vendeva ancora 100 mila copie giornaliere. Poi il declino, causato dall’avvento massiccio della Tv e da altre iniziative giornalistiche come la Repubblica. Nel tempo ci furono vari tentativi per far rinascere il quotidiano romano, ma senza risultati tangibili.

PROVINCIA PAVESE VENDUTA – Come scritto sopra, a giugno sarà ufficiale e operativa la vendita de La Provincia Pavese alla Sae di Alberto Leonardis. Con questo acquisto la Sae ha praticamente acquisito tutte le testate della Gedi (Caracciolo) ora tutte vendute da parte di John Elkan. L’unica testata rimasta di quello che una volta era il polo dei quotidiani locali, è La Sentinella del Canavese.

7 RINNOVATO – Il settimanale del Corriere della Sera, 7, da venerdì 23 maggio ha una nuova veste grafica e due nuove rubriche curate, rispettivamente da padre Paolo Benanti e Liliana Segre. Diretto da Barbara Stefanelli, il settimanale si pone – a parere della Stefanelli come «punto di riferimento autorevole per un lettorato attento e che spazia tra le generazioni… Proponiamo un settimanale – continua la direttrice – più profondo e più semplice allo stesso tempo, diviso in due parti. Nella prima, sette idee selezionate, una per ciascun giorno, che raccontino chi siamo o vorremmo essere. Nella seconda, un’ampia sezione dedicata alle passioni della vita che, soprattutto quando sale l’incertezza, ci tengono e trattengono. E una grande storia di copertina, per riflettere o magari solo per sognare, ancora un po’».

CORRIERE DELLA SERA APPROVA DECALOGO – Sotto la massima, il leitmotiv che i giornalisti del Corriere della Sera hanno approvato possiamo sintetizzarlo con questa frase: «L’informazione deve essere informazione, la pubblicità deve essere pubblicità». Sembrerebbe una frase scontata e, invece, non è così. Troppo spesso c’è commistione fra informazione e pubblicità. Per questo è stato approvato dai giornalisti del Corriere un decalogo che «impegna i giornalisti nei confronti dei lettori a garantire la qualità di quello che viene pubblicato sul quotidiano e una netta separazione da contenuti pubblicitari». Nel decalogo si sottolinea che «i messaggi pubblicitari devono essere chiaramente individuabili come tali quindi distinti, anche attraverso apposita indicazione dai testi giornalistici». Fra gli altri punti del decalogo e tenendo conto che si affermano sempre più forme di informazione sponsorizzata, «i giornalisti non saranno disponibili ad apporre la propria firma su questi progetti e faranno da garanti di fronte al lettore rispetto alla qualità e all’indipendenza dell’informazione». Fra gli altri punti citati nel decalogo, i giornalisti «si impegnano a non accettare regali esplicitamente o indirettamente legati alla pubblicazione di contenuti sui canali della testata».

AI COLPISCE ANCORA – Continuano le topiche di coloro che si fidano troppo dell’Intelligenza Artificiale e non controllano le notizie. L’ultimo caso riguarda il Chicago Sun-Times, una delle testate più autorevoli dell’Illinois. Il quotidiano ha ammesso di aver pubblicato una lista di libri inesistenti consigliati per l’estate 2025 e le raccomandazioni di leggerli. Indignati i lettori. La critica letteraria Kelly Jensen ha scritto: «Perché usate ChatGPT per inventare libri? Avevate un team dedicato. Nessun controllo dei fatti?». Anche in altri articoli della stessa sezione estiva sono stati trovati nomi di esperti inesistenti e citazioni da siti non verificabili sollevando dubbi su un uso sistematico dell’IA nei contenuti esterni. Nel comunicato del Sun si riconosce l’errore: «Questo deve essere un momento di apprendimento per tutto il giornalismo. Il valore del nostro lavoro risiede nel rapporto tra giornalisti reali e pubblico».

MAROCCO: GIORNALISTI ITALIANI ESPULSI – Due giornalisti italiani – Matteo Garavoglia e Giovanni Culmone, fotografo – sono stati espulsi dal Marocco e sono rientrati in Italia. Nella notte tra il 26 e 27 aprile scorso una decina di agenti di sicurezza marocchini hanno bussato alla porta della stanza dell’hotel dove alloggiavano per comunicare che non erano graditi sul territorio, costringendoli a lasciare la città e il Paese. I giornalisti si trovavano a Laayoune capitale amministrativa del Sahara occidentale per documentare la situazione di questa regione contesa dal 1976 tra il Marocco e il Fronte Polisario. Non avevano mai nascosto la loro professione e l’unica loro intenzione era documentare una realtà complessa e poco conosciuta. Negli ultimi anni, diversi giornalisti, politici e organizzazioni internazionali, tra cui Amnesty International e relatori delle Nazioni Unite, hanno subito le stesse restrizioni all’accesso e sono stati espulsi dai territori occupati del Sahara Occidentale.

165 GIORNALISTI CONTRO CONGIURA SILENZIO – Sono stati 165 i giornalisti/e che hanno risposto all’appello e firmato l’appello “Contro la congiura del silenzio” promosso dal Movimento Giustizia e Pace in Medio Oriente. Un appello – pubblicato su una pagina a pagamento di Repubblica del 25 maggio scorso – per rompere il silenzio dei media e della politica sul genocidio del popolo palestinese e per denunciare con forza la mattanza dei giornalisti e delle giornaliste a Gaza e in Cisgiordania ad opera dell’esercito d’Israele e del suo governo di ultra destra. Una “congiura del silenzio” di chi non vuol vedere e impedire al mondo di sapere. «A Gaza – scrivono i giornalisti – sono stati uccisi più giornalisti in un anno e mezzo che in tutte le guerre mondiali, in Vietnam, nei Balcani e in Afghanistan messe insieme. Erano tutti palestinesi. Non è un effetto collaterale. È una mattanza premeditata. È un attacco mirato al diritto di informare. Alla libertà. Alla civiltà. Duecentotrenta colleghe e colleghi assassinati – forse di più –, mentre indossavano il giubbotto con la scritta PRESS. Uccisi insieme alle famiglie, ai figli, ai loro sogni e alle loro speranze di pace. Hanno pagato il loro prezzo al diritto-dovere di servire l’opinione pubblica del mondo intero. Ma ora più che mai è il nostro stesso silenzio a presentare il conto. Di fronte a questa strage, era lecito attendersi un coro unanime di sdegno da parte dei nostri giornali, le nostre televisioni, le nostre radio. Ma quest’unanimità non c’è stata. Sullo sdegno ha prevalso in larga parte il silenzio, e la mistificazione della realtà secondo le veline dell’esercito israeliano e del suo governo. Anche tra noi giornalisti, in molti tacciono per paura di essere etichettati, discriminati, isolati. Tacciamo per non disturbare…».


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