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Oligarca per caso

Oligarca per caso : Il racconto della vita di un italiano alla ricerca degli italiani / Giuseppe De Rita, Lorenzo Savia. - Milano : Solferino, 2024. - 224 p. - (Saggi). - ISBN 978-88-2821-568-4.

di Massimo Stefano Russo - lunedì 6 gennaio 2025 - 366 letture

Per quelli che si occupano di scienze sociali e di sociologia il volume appena edito, Oligarca per caso, firmato da Giuseppe De Rita che in copertina porta anche il nome di Lorenzo Salvia è un libro importante da leggere e rileggere. Una storia di vita illuminante che fa pensare e riflettere. Allarga la visione e gli orizzonti sulle vicende socio-economiche, politico-culturali dell’Italia del dopoguerra e il contributo dato dalla ricerca sociale.

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Copertina di Oligarca per caso, di Giuseppe De Rita e Lorenzo Salvia

De Rita lo si identifica col Censis, senza ombra di dubbio, un’eccellenza della ricerca sociale italiana: ha la piena consapevolezza di essere un oligarca, ne rivendica con forza e passione questo suo ruolo, ma va oltre a questo.

La parola oligarca in genere suscita diffidenza, la si considera negativamente, espressione di un potere e di una cultura più autoritaria che autorevole, legata in particolare alla ricchezza economica. Oggi vengono in mente soprattutto gli oligarchi russi, affermatisi sulle ceneri del disfacimento dell’Unione Sovietica. Come colloca De Rita l’oligarchia nella società italiana?

Sottolinea come negli oligarchi ci sia la capacità di stare al gioco e si muove sui piani della simpatia e della stima reciproca. L’oligarchia si sviluppa in orizzontale e senza emozioni, con l’oligarca che si differenzia dal lobbista nel restare e apparire neutrale. L’oligarchia ci sarà sempre, con un suo possibile aumento, nel divenire sempre più complessa della società.

Il potere segue la logica della discesa dall’alto e passa attraverso i gerarchi e i gregari. La società che propende all’orizzontalità va guidata dalla rete che può essere solo oligarchica. Bisogna tenere conto che nella società orizzontale uno vale uno, ma quando arrivano i migliori con l’uno che vale due allora scatta il cecchinaggio. Se il potere verticale viene meno l’alternativa, per evitare il caos, sta nella rete oligarchica. Gli oligarchi, da esperti mestagoghi, giudicano più accorto e saggio mantenersi sullo sfondo. La loro influenza cresce nelle situazioni difficili. L’immagine degli oligarchi, nello spiegarne le ragioni e i modi dell’agire, permette di cogliere lo sviluppo del sistema politico, con tutte le contraddizioni in esso presenti.

L’esperienza della cosa pubblica accredita e qualifica gli oligarchi per la dedizione ai valori fondamentali che si ritrovano nella patria e nel senso dello Stato, con l’eccellenza dei servizi resi con carattere e rettitudine. Hanno un potere effettivo, nel sapersi relazionare agli organi esecutivi di governo e degli apparati burocratici, dove i funzionari sono scelti e selezionati tra i servitori più fedeli.

Il valore dell’oligarchia si fonda nell’incontrarsi o scontrarsi su opinioni e giudizi e idee che si affidano alla potenza del pensiero riflessivo che si manifesta nell’agire intenzionale. L’oligarca più che dare ordini si pone il problema di dare un ordine ai singoli fenomeni che possono diventare un problema assillante o insormontabile per i politici. Hanno intenti precisi nel loro muoversi e dare senso e forma al loro agire. Intrecciano il materiale che hanno accumulato e studiato per mettere insieme serie diverse che hanno qualcosa in comune. Hanno dalla loro parte la competenza, ispirati dalla capacità di trovare il proprio spazio, capaci di toccare vari punti problematici.

Cos’è oggi l’oligarchia? Cosa evoca e che senso ha? Nel momento di crisi della politica ci si avvicina all’oligarchia e la si crede più che mai necessaria. Di fronte alla fragilità dei grandi sistemi ci si rivolge agli oligarchi per riparare i guasti generati soprattutto dal venir meno della politica ed evitare così la paralisi dell’intero sistema. Gli oligarchi fanno valere le loro ragioni nelle crisi, proprio perché capaci di cercare e saper riconoscere l’uso della ragione indagatrice che sa leggere e interpretare il passato, rivolti al futuro. L’intento è di rintracciare le fondamenta a sostegno della società e metterne in luce le componenti essenziali in tutto la loro variabilità.

Capaci di dispiegare le potenzialità positive e di allargare la conoscenza, attenti alla logica e alla dialettica nel disegnare nuove forme, quali possibilità implica l’oligarchia? Si tratta di esplorare la complessità con domande e interrogativi precisi così da rendere possibile dare risposte puntuali. Inseriti trasversalmente nel tutto organico e funzionale gli oligarchi penetrano dentro alla complessità all’interno della quale si ritrovano. L’oligarca manifesta una propria naturale connessione con la società. Nell’immaginario comune l’oligarca corrisponde a una figura dotata di carisma, con tendenze al comando che si prospetta più autorevole che autoritario nell’imporre la propria volontà, per contribuire al benessere della società. La forza agli oligarchi arriva dalla complessità della società e dalla necessità di comprendere le problematiche in essa presenti che richiedono “buone pratiche” sul piano tecnico e politico, nel gestire il bene pubblico. Le regole e i principi che ne costituiscono la base li ritroviamo nel rispetto e nella fiducia quali tratti caratterizzanti al meglio l’oligarchia e che motivano a intraprendere l’azione in modo imparziale, per rendere la società più giusta ed equa, capaci di distaccarsi dal proprio interesse personale.

De Rita da “oligarca innovativo” desidera e sa guadagnarsi il consenso col garbo della fantasia: intuisce e inventa, in relazione soprattutto a quanti gli si presentano dotati di potere.

Post scriptum

La lettura del libro di De Rita, carica di ricordi e affetti, nell’illuminare la memoria mi ha riportato indietro nel tempo, al lontano 1994. Mi trovavo all’eremo di Monte Giove a un seminario dove discutevano Alberto Asor Rosa, Rossana Rossanda e c’era anche Giuseppe De Rita.

Stavo concludendo il mio percorso formativo e a luglio avrei discusso la tesi di dottorato sull’istituzionalizzazione della sociologia in Italia e la facoltà di sociologia di Trento.

Chiesi a De Rita se mi poteva dare delle informazioni più precise sul Censis. Accolse con benevolenza l’invito e mi disse: “ci vediamo all’ingresso dopocena e ne parliamo”. All’ora stabilita arrivò con uno scatolone di vino che depositò in macchina per poi avvicinarsi a me. “Eccomi, incamminiamoci …” La stazza corpulenta mi sovrastava abbondantemente, poteva intimorire chiunque, ma il suo modo di fare diretto, all’apparenza rude, mi rassicurò e mi mise subito a mio agio.

In un andare avanti e indietro, per più di un’ora, mi introdusse nell’Italia del dopoguerra mi citò nomi a me sconosciuti, Giorgio Ceriani Sebregondi, Ubaldo Scassellati e l’amarezza per il comportamento di Pasquale Saraceno e come aveva iniziato a fare ricerca sociale, un’anteprima di tutta una serie di riflessioni che oggi nel testo ritrovo.

Alla fine, quando ci salutammo mi disse: “ma se lei vuol sapere di Trento deve sentire Aldo Bonomi ecco il numero, lo contatti …”

Ma questa è tutta un’altra storia...


Sinossi editoriale

Giuseppe De Rita – ideatore, fondatore e oggi presidente del Censis – è l’uomo che ha portato in Italia la ricerca sociologica sul campo ancor prima che venisse creata una cattedra universitaria di sociologia. Come pochi ha contribuito a descrivere l’Italia nei rapporti periodici come nei suoi articoli per il «Corriere della Sera». In questo libro, scritto insieme al giornalista Lorenzo Salvia, racconta per la prima volta le tappe principali della sua vita intrecciate agli snodi dell’evoluzione politica, sociale ed economica del Paese. Come quando nel 1951 viene «arruolato» nel castello di Sermoneta per i corsi del Movimento ispirato dagli Alleati per defascistizzare l’Italia del Dopoguerra. Da lì nasce una convinzione che manterrà per tutta la vita: l’oligarchia, spesso considerata un pericolo per la democrazia, è in realtà uno strumento necessario per il buon funzionamento delle società moderne. Una idea che si rafforzerà negli anni, durante la sua esperienza allo Svimez, con i suoi viaggi nelle aree interne del Mezzogiorno o nel Belucistan iraniano e poi al Censis. Nel corso della sua vita De Rita incontra, conosce, consiglia (ma litiga anche con) buona parte dei politici e degli imprenditori che hanno guidato il Paese. Tanti gli aneddoti, come la notte in cui sconsigliò (inascoltato) al premier De Mita di introdurre una patrimoniale, i no a chi gli chiedeva un impegno diretto in politica, da Berlusconi a Prodi, o le gelosie della politica sui patti territoriali, inventati da presidente del Cnel. E molte le confessioni personali: gli otto figli, la casa di Courmayeur, l’importanza della fede, la passione per il calcio. A delinearsi in queste pagine è non solo una biografia inedita e appassionante, ma anche una rilettura della storia del Paese attraverso lo sguardo di un suo testimone d’eccezione.



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