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Il prezzo di quello che acquisti

Molto spesso i prezzi sono determinati quasi completamente da magna-magna che si accumulano nei vari passaggi, troppa gente che invece di produrre si limita a campare alle spalle degli altri

di paskal007r - mercoledì 10 maggio 2006 - 3162 letture

Quando acquisto un prodotto mi piacerebbe pagarlo per quello che vale, pagare quanto è stato necessario per la produzione, per il trasporto e l’ideazione di quello che abbiamo comprato, pagare, inoltre anche la manodopera che si è adoperata. Voglio rovinarmi, anche un 5% per chi ci vuol mangiare nella distribuzione.

E invece molto spesso i prezzi sono determinati quasi completamente da magna-magna che si accumulano nei vari passaggi, troppa gente che invece di produrre si limita a campare alle spalle degli altri.

Un paio di esempi:

Sul prezzo finale di un paio di scarpe Nike, il lavoro di assemblaggio incide per lo 0,4%, il materiale e le altre spese di produzione per il 9,6%, il trasporto per il 5%, poi ci sono tasse governative 20%, profitti del produttore 3%, pubblicità e marketing 8,5%, progettazione 11%, profitti di Nike 13,5%, quota del rivenditore 30%.

Per quanto riguarda i cd musicali invece il costo è diviso tra IVA 20% (notare: per i libri, bene culturale è al 4%, inclusi i libri di barzellette, mentre quella sui cd musicali è l’iva per beni di lusso, inclusi i cd di Beethoven), distribuzione al consumatore 15%, distribuzione ai venditori altro 15%, casa discografica 39% produzione del cd 15% e per autore ed artista esecutore un 8% a testa.

Appare lampante che, se non ci fossero i profitti delle case discografiche e i balzelli SIAE o altre major come la nike, i prezzi dei prodotti potrebbero crollare senza problemi; inoltre diventa evidente che le politiche da sfruttamento quasi schiavistico in tema di diritti del lavoratore e di stipendio riguardano percentuali assolutamente irrisorie dei costi. L’economia mondiale potrebbe ben sopportare l’istituzione di paghe minime per i lavoratori in tutto il mondo e invece FMI e WTO dichiarano la legiferazione in senso protettivo del lavoratore come un’atto che può essere punito con sanzioni internazionali perchè "limita il mercato". Per quei costi irrisori il mondo va verso il precariato, per quei costi irrisori quattro milioni e mezzo di italiani si trovano a fare "lavoretti" per sbarcare il lunario anche fino a trent’anni. Una decisione politica, non "dure leggi economiche", è la causa di tutto ciò. Una bella presa in giro. Costo lordo di un operaio dell’industria dell’abbigliamento (2002) generico

Paese Costo orario($)

Italia 15,6 $

Messico 2 ,45 $

Rep. Dominicana 1,65 $

Malaysia 1,41 $

Colombia 0,98 $

Thailandia 0,91 $

Giordania 0,81 $

Cina 0,68-0,88 $

Filippine 0,76 $

Haiti 0,49 $

Sri Lanka 0,48 $

Pakistan 0,41 $

Bangladesh 0,39 $

Kenya 0,38 $

India 0,38 $

Madagascar 0,33 $

Indonesia 0,27 $

Fonte: Werner International Management Consultants, Spinning and Weaving Labor Cost Comparisons, 2002.


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Il prezzo di quello che acquisti
24 maggio 2006, di : telesca antonio

i sindacati politizati ,magistrati servi di un potere di indulto garantistico solo per i grandi banche assicurazzioni e industrie a doppio filo con chi governa .MA BILè e la sua pizza a costo popolare che fine a fatto. etutto da rifare come nel calcio .