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Notizie dal Fronte Sud (parte quarta)

Ulteriori step di riflessione in riferimento a un fenomeno - quello dello Stato Islamico - destinato a cambiare per sempre la storia del Medio Oriente e gli equilibri geopolitici internazionali

di Emanuele G. - mercoledì 28 ottobre 2015 - 4899 letture

Abbiamo già pubblicato diversi interventi su quanto sta succedendo sul Fronte Sud a seguito dell’avvento sulla scena internazionale dello Stato Islamico.

Oggi ne pubblichiamo un altro con lo scopo di approfondire ulteriormente la nostra conoscenza sullo Stato Islamico e aspetti ad esso collegati.

Informarsi come uno strumento per capire che quanto sta accadendo a cavallo fra Iraq e Siria è destinato a durare nel tempo e diventerà un aspetto determinante della storia del mondo presente e futuro. Per un semplice motivo. Lo Stato Islamico amministra in maniera diretta più di 12 milioni di esseri umani.

LA STRUTTURA DI COMANDO DELLO STATO ISLAMICO (IS)

La riprova che oramai il termine "terrorismo" è davvero limitativo in riferimento alla definizione dello Stato Islamico risiede nella struttura stessa del medesimo.

Una struttura che distanzia in maniera definitiva e netta lo Stato Islamico da tutte le precendenti esperienze terroristiche di matrice araba e/o islamica. In primis, OLP e Al-Qaeda.

Lo Stato Islamico ha una struttura di comando composta da tre livelli. Un mix sapiente e molto calibrato di elementi tradizionali e moderni in grado di assicurare allo Stato Islamico un buon perseguimento dei propri obiettivi e un elevato grado organizzativo.

- LA STRUTTURA APICALE

E’ il "core" dello Stato Islamico. E’ lì che Abu Bakr al-Baghadadi ha forgiato e costruito questa nuova entità geopolitica internazionale. Tutto ruota attorno a lui. Un lui allo stesso tempo spietato, ma estremamente ben strutturato.

Il primo passo di questa struttura apicale è l’aver coinvolto alcuni esperti dell’Islam che fungono da consiglieri del "Principe" in modo che ogni atto e comportamento sia conseguenziale a un rigido rispetto dei fondamenti della Religione islamica. Sono tre gli esperti che supportano l’azione del Califfo nero: Omar al-Qahtani (Arabia Saudita), Turki al-Benali (Bahrain) e Osman al Nazeh al-Asiri (Arabia Saudita). Una scelta che indica che il cuore dello Stato Islamico è la Penisola Arabica e che il vero obiettivo è proprio il cuore dell’Islam. Ossia l’Arabia Saudita.

Dopo abbiamo due Organismi collegiali: il Shura Council e il Sharia Council. Al primo vengono demandati essenzialmente obiettivi di organizzazione e di sovrintendere alle operazioni di guerra. Al secondo, invece, l’applicazione della Sharia.

Puntando la nostra attenzione sul Shura Council si nota subito la presenza dei due collaboratori più stretti del Califfo nero: Abu Muslim al-Afari al-Turkmani (responsabile per l’Iraq e ucciso di recente da un Drone statunitense) e Abu Ali al-Anbari (responsabile per la Siria). Il Shura Council è completato da: Abu Arkan al-Amiri, Omar al-Shishani (ex-sottoufficiale dell’esercito georgiano convertitosi all’Islam e responsabile delle operazioni militari dello Stato Islamico), Abu Ayman al-Iraqi (ex funzionario del Partito Baath), Abu Muhammad al-Adnani (siriano portavoce ufficiale dello Stato Islamico) e, infine, Abu al Athir Amr al-Absi.

Sotto i succitati Organismi collegiali abbiamo delle entità di governo di due specie: sempre collegiali oppure monocratici.

Quelli collegiali si occupano di importanti funzioni. Esistono i seguenti Consigli: Organizzazione provinciale, Organizzazione militare, Sicurezza e Intelligence, Affari religiosi, Risorse finanziarie e Mass-Media. Come potete notare lo Stato Islamico tiene in massima considerazione sia l’aspetto finanziario che quello della comunicazione.

Gli organi monocratici si occupano di delicate rubriche: Logistica e acquisti, Sicurezza di Abu Bakr al-Baghdadi, Aiuti alle famiglie degli attentatori suicidi, Armamenti di protezione delle città, Ospiti/attentatori suicidi e Specializzazione di sicurezza/intelligence.

Cliccare sul link Isis Leadership per attivare un’animazione che spiega nei minimi dettagli al struttura di comando dello Stato Islamico.

- I DIWAN

I Diwan, termine di origine persiana, indicano una funzione di pubblica amministrazione e possono essere collegati ai nostri dicasteri.

Questo rappresenta il livello di strutturazione amministrativa del Califfato nero. Una tendenza che è sempre più accentuata e che ci fa comprendere la totale diversità storica che il Califfato nero rappresenta.

Abbiamo i seguenti Diwan:

- Diwan al-Ta’lim (Ministero della Pubblica Istruzione);

- Diwan al-Khidamat (Ministero dei Servizi Pubblici e delle Aree Pubbliche);

- Diwan al-Rikaz (Ministero delle Risorse Energetiche);

- Diwan al-Da’wah wa al-Masajid (wa al-Awqaf) (Da’wah activity e controllo delle moschee);

- Diwan al-Sihha (Ministero della Salute);

- Diwan al-Asha’ir (Tribal outreach);

- Diwan al-Amn (al-Aam) (Ministero della Sicurezza pubblica);

- Diwan Bayt al-Mal (Ministero delle Finanze e della Moneta);

- Diwan al-Hisbah (Ministero del Perseguimento della pubblica morale e Polizia islamica);

- Diwan al-Qada wa al-Mazalim (Ministero della Giustizia, Corti islamiche ew Matrimoni);

- Diwan al-Alaqat al-Amma (Pubbliche relazioni e forse Ministero degli Affari esteri);

- Diwan al-Zira’a (Ministero dell’Agricoltura e dell’Ambiente);

- Diwan al-Ifta’ wa al-Buhuth (Fatwa, Addestramento e Reclutamento);

- Diwan al-Jund (Ministero della Difesa).

- I WILAYAT

Infine, abbiamo i Wilayat che rappresentano l’organizzazione territoriale dello Stato Islamico. Si tratta di province che si federano allo Stato Islamico mediante un interscambio di atti di autorità (Abu Bakr al-Baghdadi) e istanze dal basso (Bay’ah o dichiarazione di sottomissione).

Esistono delle province in Iraq create nel 2006: Baghdad, al-Anbar, Diyala, Kirkuk, Salah al-Din (Babil), Fallujah, Ninawa, Dijla, al-Furat e Jazeera.

Nel 2014 è il turno della Siria che ha le seguenti province: al-Barakah, al-Khayr, Raqqah, Homs, Halab, Idlib, Hamah, Damascus e Sahel.

Ma lo Stato Islamico non si ferma solo a Iraq e Siria.

Sta dando una struttura a tutti quei territori dove gruppi jihadisti hanno profferito il Bay’ah nei confronti dello Stato Islamico.

Abbiamo, quindi, Wilayat in Algeria (Wilayat al-Jazair), Libia (Wilayat al-Barqah, Wilayat al-Tarabulus e Wilayat al-Fizan), Sinai (Wilayat Sinai), Arabia Saudita (Wilayat al-Haramayn) e Yemen (Wilayat al-Yaman).

Di recente è avvenuta la creazione di altri Wilayat collocati in aree geopolitiche altamente strategiche:

- Uno chiamato "Khorasan" riguardante l’Iran, l’Afghanistan e il Pakistan con tendenze espansive verso India e Bangladesh;

- Il Wilayat al-Qawqaz si occupa di quel ventre molle della Russia post-comunista rappresentato dal Caucaso;

- Boko Haram ha espresso un pubblico Bay’ah nei confronti dello Stato Islamico dando vita al Wilayat Gharb Afriqiya (ossia Wilayat dell’Africa Occidentale).

Infine, da pochissimi giorni, lo Stato Islamico ha iniziato a diffondere comunicati stampa provenienti da un sedicente Wilayat al-Hadramawt da collocarsi sul confine dello Yemen con l’Oman.

- LE RISORSE FINANZIARIE DELLO STATO ISLAMICO

Jean-Charles Brisard e Damien Martinez sono due esperti francesi che hanno rilasciato l’anno scorso un interessante quanto approfondito studio sulle risorse finanziarie dello Stato Islamico.

Bisogna subito dire che lo Stato Islamico costituisce da questo punto di vista un’assoluta novità poiché qui abbiamo un’entità terroristico-statale che ha e promuove parecchie attività economiche. In breve, hanno una politica economica. Quanta differenza con la precarietà finanziaria di al-Qaeda!

La storia dello Stato Islamico nasce nel 2003 per opera di Abu Musab al-Zarqawi capo sia di al-Qaeda Irak che di un gruppo di "foreign fighters" in Afghanistan denominato Jama’at al-Tawid wal Jihad. Era finanziato da organizzazioni non governative del Kuwait, Qatar e Arabia Saudita. A ciò aggiungasi tutta una serie di attività criminali nei più disparati settori: traffico clandestino di petrolio oppure corruzione politica.

Dal 2005 in poi ecco Abu Bakr al-Baghdadi che riceve, sempre a partire dal 2005, almeno 50 milioni di dollari in donazioni all’anno. Questo grazie a due preziosi collaboratori: Mowaffaq Mustafa al-Karmush (noto come Abu Salah) e Abu Jaafar al-Sabawi. Ed è qui che interviene l’innovazione. Infatti, il modello di repertoriamento di risorse economiche e finanziarie dello Stato Islamico è la diversificazione delle medesime.

Ad esempio, un feroce sistema di tassazione così strutturato:

- Tasse su tutti i beni;

- Tasse sulle telecomunicazioni;

- Tasse sui prelievi di banca;

- Una tassa del 5% per finanziare il Welfare;

- Una tassa stradale di 200 dollari per il Nord dell’Irak;

- Una tassa di 800 dollari per ogni camion che entra nello Stato Islamico;

- Una tassa per lo sfruttamento delle aree archeologiche;

- Una tassa per proteggere popolazioni non musulmane a carico di quest’ultime.

A ciò aggiungasi il depredamento sistematico di quanto era in posseso degli stati iracheni e siriani prima della loro conquista da parte del Califfato. Come non ricordare che l’IS, appena conquistata Mossul, incamerò i 425 milioni di dollari tenuti in cassa nella sede di quella città della Banca Nazionale Irachena?

Ma il grosso del repertoriamento economico e finanziario proviene da un controllo militare delle materie prime (in inglese "commodities"). Quindi: petrolio, gas, zolfo, cemento, fosfati e prodotti agricoli. Capaci di generare un vorticoso quanto impressionante giro di affari in grado di finanziare profumatamente tutte le attività dello Stato Islamico.

Alcuni dati. La vendita del frumento apporta alle casse dello Stato Islamico 120 milioni di dollari l’anno. I fostati 50 milioni di dollari annui. Il ciclo del gas, al contrario, fa guadagnare 979 milioni di dollari ogni anno. Per raggiungere i 2,9 miliardi di dollari per ogni anno fiscale!

Ecco di seguito la ripartizione per aree omogenee dell’origine delle risorse economiche e finanziarie dello Stato Islamico:

- Petrolio-> 30%;

- Fosfati->10%;

- Gas naturale->17%;

- Cemento->10%;

- Donazioni->2%;

- Estorsioni->12%;

- Prodotti agricoli->7%;

- Transazioni finanziarie->4%.

Insomma, lo Stato Islamico è davvero una novità. E’ stato calcolato che il grado di indipendenza economica del Califfato si aggiri all’80%. E’ praticamente impossibile colpirlo con restrizioni e/o sanzioni.

Gli autori dello studio finiscono il loro ragionamento lasciandoci con tre riflessioni di prospettiva. Il destino dello Stato Islamico dipenderà dalla forza di opposizione della coalizione internazionale. C’è il rischio che nonostante tutti questi soldi esso - lo Stato ISLAMICO - possa rimanere uno stato virtuale. Infine, la situazione dei due paesi che fungono da pilastro (Irak e Siria) sarà determinante ed essenziale.

Quando si sbroglieranno questi nodi?

- LINKS RIGUARDANTI LO STATO ISLAMICO (cliccare sul link di vostro interesse):

Mio articolo sullo Stato Islamico pubblicato su Opinionpost.com

Accordo fra Stato Islamico e Stati Uniti?

Analisi della struttura dello Stato Islamico

La struttura composita dello Stato Islamico

I Wilayat dello Stato Islamico (mappa interattiva)

Lo Stato Islamico proclama le province

L’amministrazione dello Stato Islamico

Istituzione del Wilayat riguardante l’estuario dell’Eufrate

Articolo sullo Stato Islamico pubblicato sul sito della BBC

Articolo sugli attentatori suicidi

Lo Stato Islamico e la Libia

Analisi approfondita della struttura dello Stato Islamico

Analisi da parte del sito Terrorismanalyst sullo Stato Islamico

Lo Stato Islamico e il Caucaso

Le province come struttura base dello Stato Islamico

La struttura della leadership dello Stato Islamico

Boko Haram confluisce nel Califfato

Capire la struttura dello Stato Islamico a partire dai Wilayat

CONOSCERE I TERMINI ARABI

ALAUITI

Gli Alauiti, o Alawiti, ossia i seguaci della Alawiyya (Arabo ﻋﻠﻮﻴـة ʿAlawiyya), altrimenti detti Nusayri, sono un gruppo religioso vicino-orientale, diffuso principalmente in Siria. Non devono essere confusi con gli Aleviti, gruppo presente in Turchia. Alauita è Baššār al-Asad, presidente siriano dal 2000, così come, prima di lui, suo padre Hafiz al-Asad. Gli alauiti si fanno chiamare ʿAlawī (Arabo ﻋﻠﻮﻱ). Il termine ʿAlawī fu riconosciuto dai francesi quando occuparono la regione nel 1920. Storicamente venivano chiamati Nuṣayrī, Nāmiriyya, o Anṣāriyya. Il termine ʿAlawī per mostrare la loro reverenza ad ʿAlī, cugino e genero del profeta Maometto.

ANSAR, HARAKAT ED ALTRI TERMINI CHE DENOMINANO GRUPPI ISLAMISTI RADICALI OPPURE JIHADISTI

- Ansār (انصار), che significa "Ausiliari") è il termine arabo per indicare gli abitanti di Yathrib/Medina che si convertirono all’Islam dopo l’arrivo nella loro città del profeta Maometto. Considerati per eccellenza secondi ai soli Muhājirūn, gli Ansār costituirono il nerbo militare (ma non altrettanto politico) del primo Islam. Colui che si fece maggiormente paladino delle loro richieste di non essere in alcun modo discriminati rispetto agli Emigrati fu il quarto califfo ’Alī ibn Abī Tālib. Fra i movimenti fondamentalisti islamici il termine ha conosciuto nuova fortuna e, come tutti i termini che si riferiscono al primissimo Islam, è spesso usato per sottolineare una fede e una pratica islamica di alto profilo, per quanto decisamente autoreferenziale.

- Il termine Harakāt (in arabo: حركات‎) in arabo sta a indicare l’uso dei segni diacritici sopra e sotto le consonanti utilizzati per assicurare una corretta vocalizzazione delle parole, che altrimenti potrebbero risultare di dubbia interpretazione. Di per sé la parola significa ’movimento’. Fu introdotto da al-Hajjaj ibn Yusuf per assicurare la corretta lettura del Corano.

- Altri termini: Jabhat (Fronte), Jaysh (Armata), Junud (Soldati) e Katibat (Brigada).

BAY’AH

Bayʿah (in arabo: بَيْعَة‎), letteralmente "vendere", nella terminologia politico-giuridica islamica indica un accordo di sottomissione a un leader, che ne implica il riconoscimento come tale. L’atto viene per la prima volta documentato in occasione della sottoscrizione di alleanza fra Maometto ed alcuni emissari di Yathrib, nel corso della Prima e della Seconda ʿAqaba, rispettivamente due anni prima e un anno prima dell’Egira. La bayʿa impegnava una parte a riconoscere la supremazia, politica e spirituale, di una persona e costituiva un atto giuridicamente obbligatorio (sharṭ), senza il quale questa sorta di contratto era giudicato come inesistente e non in grado di svolgere alcun effetto. In alcune tradizioni sufi, il significato della bay’a è quello di riconoscersi discepolo di un maestro spirituale (Pīr, shaykh o dede), in cambio di una più approfondita conoscenza che questi gli rivelerà progressivamente.

LE SALAT OVVEROSSIA LE PREGHIERE LEGALI OBBLIGATORIE

Le preghiere legali - obbligatorie per chi sia pubere, sano di corpo e di mente e non ne sia oggettivamente impedito - sono adempiute all’alba (ṣalāt al-ṣubḥ o al-fajr), a mezzogiorno (ṣalāt al-ẓuhr), al pomeriggio (ṣalāt al-ʿaṣr), al tramonto (ṣalāt al-maghrib) e di notte (ṣalāt al-ʿishà), in tempi precisi, annunziati dall’adhān, l’appello alla preghiera cioè lanciato dal muezzin (muʾadhdhin) dall’alto dei minareti. La preghiera deve essere effettuata rivolgendosi verso La Mecca, in particolare verso la Ka’ba (prima della conquista del Profeta della città santa nella sua predicazione imponeva che la qibla fosse la Città Santa di Gerusalemme).

La prima preghiera (ṣalāt al-ṣubḥ) prevede 2 rakʿa (unità di preghiera formata da una serie di precisi movimenti del corpo previsti dalla Legge islamica e dall’uso); la seconda (ṣalāt al-ẓuhr) ha 4 rakʿa; pure la terza (ṣalāt al-ʿaṣr) ne ha 4; la quarta (ṣalāt al-maghrib) ne ha invece 3 e l’ultima (ṣalāt al-ʿishàʾ) ne ha 4.

Ogni ṣalāt - che finisce puntualmente con il taslīm - ha precisi tempi "d’elezione" (waqt, pl. awqàt), non rispettando i quali l’atto non è valido: questi momenti sono ricordati dai minareti delle moschee per mezzo dell’appello lanciato dal muezzin:

- La preghiera dell’alba deve essere terminata tra il momento in cui appare all’orizzonte il primo barbaglìo di luce solare e il momento in cui il disco solare sia totalmente visibile;

- La preghiera del mezzogiorno deve essere compresa tra il momento in cui un oggetto verticale non generi alcuna sua ombra e il momento in cui tale ombra sia lunga esattamente come l’oggetto che la proietta;

- Il periodo d’elezione della preghiera del pomeriggio comincia dal momento finale della preghiera precedente e la parte finale del giorno, quando la luminosità del cielo diminuisce, col disco solare però ancora perfettamente scorgibile;

- La ṣalāt al-maghrib comincia da quando il sole sia del tutto scomparso all’orizzonte e la fine della residua luminosità solare (shafàq);

- La preghiera della notte infine crea qualche discussione ma, in linea di massima, è valida se si realizzi fra la scomparsa del suddetto shafāq e l’inizio del barbaglìo solare del nuovo giorno.

Tutto ciò prevede, per sopperire alla possibile non visibilità del sole per cause atmosferiche, che vi sia qualcuno in grado di determinarne i tempi in base a calcoli scientifici ed è per questo che la misurazione del tempo ha avuto nell’Islam una notevole rilevanza, così come il corretto orientamento geografico, tanto in terra quanto in mare, con lo sviluppo ad esempio dei calcoli trigonometrici.

Per la validità della ṣalāt i requisiti obbligatori sono il preciso intento (niyya) di adempiere l’atto per le sue reali finalità devozionali, lo stato di purità rituale (ṭahāra), da conseguire con il lavacro parziale, o wuḍūʾ, o con il lavacro totale, o ghusl, orientando il corpo verso la qibla meccana.

FIQH

Fiqh (da cui deriva il nome dei giurisperiti fuqahāʾ) può essere tradotto con il termine di giurisprudenza coranica. Il diritto musulmano nasce dal prolungamento del lavoro di costruzione della Legge Coranica. Nel corso della storia l’Islam ha costituito una disciplina autonoma di autoregolazione paragonabile al cosiddetto diritto positivo, che viene applicato a comportamenti contemporaneamente religiosi e sociali. Lo storico Ibn Khaldun definisce il fiqh come la "conoscenza dei comandamenti di Dio che concernono le azioni, qualificate come wājib (obbligatorie), ḥarām (vietate), mandūb (raccomandate), makrūḥ (disapprovate) o mubāḥ (indifferenti)".

FITNA

Col termine fitna (in arabo: فتنة‎, lett. "prova", "tribolazione", ma anche "dissenso, litigio" e perfino "guerra civile"), si indica il primo violento e drammatico scontro civile - teologico ma anche politico - che si sviluppò nel corso del primo Islam, all’epoca dei cosiddetti "Califfi ortodossi" (rāshidūn ). Il primo atto di guerra civile fu in realtà costituito dallo scontro che contrappose il quarto califfo ʿAlī b. Abī Ṭālib e i suoi compagni di fede al-Zubayr b. al-ʿAwwam e Ṭalḥa b. ʿUbayd Allāh, conclusosi con la vittoria del primo della cosiddetta Battaglia del Cammello ma la vera fitna (tuttora irrisolta) fu quella che portò a guerreggiare successivamente lo stesso ʿAlī con Muʿāwiya b. Abī Sufyān, istitutore nel 661 della dinastia omayyade. Una seconda fitna si ebbe in occasione della contestata successione a Muʿāwiya del figlio Yazīd b. Muʿāwiya, che portò nel 683 alla battaglia della Seconda Harra e al brutale e scandaloso assedio di Mecca da parte delle truppe omayyadi, tre anni dopo la morte nel 680 di al-Ḥusayn b. ʿAlī, figlio di ʿAlī, concluso dodici anni dopo con la morte nel 692 di ʿAbd Allāh b. al-Zubayr, figlio di al-Zubayr b. al-ʿAwwam. Una terza fitna fu lo scontro interno alla famiglia omayyade che spianò la strada alla vittoria abbaside. Una quarta fitna fu la guerra fratricida tra il Califfo abbaside al-Amīn e suo fratello al-Maʾmūn. Lo scontro definito Prima Fitna, ben oltre il fatto politico (relativamente contingente), portò un paio di secoli più tardi a costituire le basi del Sunnismo e dello Sciismo, che mai più si sono riconciliati.

HAAD

Esistono tre categorie di reati nel diritto penale islamico:

- Ḥudūd (limiti, sing. ḥadd): per il quale il Corano prevede esplicitamente una pena;

- Qiyas (delitti di sangue): omicidio e ferimento, punito con compensazione o rappresaglia (legge del taglione);

- Taʾzīr (altri crimini): usura, gioco d’azzardo, omosessualità, spergiuro (discrezione del giudice).

Tra i reati-ḥadd si ritrovano:

- Relazioni sessuali illecite (zināʾ);

- Falsa accusa di zināʾ;

- Furto;

- Rapina a mano armata;

- Apostasia e blasfemia;

- Ribellione contro i governanti.

Tali reati vengono considerati i più gravi (a differenza dell’omicidio) al fine della difesa della proprietà, della nuova religione nascente e dell’onore, in un contesto di transizione da una società nomade e poligamica ad una società sedentaria, urbanizzata e monogamica. Il Corano stabilisce le pene per i reati-ḥadd, assieme ad una serie ben definita di criteri perché tali pene possano essere comminate. L’impianto generale del diritto penale islamico è pertanto molto diverso da quello romano-occidentale. Se nel diritto romano si hanno una serie di pene sempre più gravi in corrispondenza della maggiore gravità del reato, il diritto penale islamico prevede pene gravissime (fino alla morte) a fini di deterrenza, accompagnate da una serie puntigliosa di condizioni necessarie per comminare tale pena, al fine di rendere tale pena applicabile solo in casi limitatissimi e pressoché improbabili. Condizioni per la condanna a pene-ḥadd:

- Testimonianza oculare di 4 uomini musulmani adulti;

- Confessione ripetuta 4 volte di fronte a 4 giudici diversi, precisa e dettagliata, e ritrattabile in qualsiasi momento prima della pena.

Le pene variano inoltre in base allo status degli accusati: musulmani, sposati e uomini liberi sono soggetti a pene maggiori rispetto a non musulmani, non sposati e schiavi.

HIJAB

Il termine hijab (Arabo حِجَاب, ḥijāb, pronuncia /ħiˈʒæːb/, derivante dalla radice ḥ-j-b, "rendere invisibile, celare allo sguardo, nascondere, coprire") indica qualsiasi barriera di separazione, posta davanti a un essere umano o a un oggetto, per sottrarlo alla vista o isolarlo. Acquista quindi parimenti il senso di "velo", "cortina" o "schermo". Normalmente, però, il termine ḥijāb viene usato in riferimento ad un particolare capo di abbigliamento femminile, il "velo islamico", e in particolare a quella foggia di velo che adempie almeno alle norme minime di velatura delle donne, così come sono sancite dalla giurisprudenza islamica.

ID AL-FITR

La ʿīd al-fiṭr ( arabo ﻋﻴﺪ ﺍﻟﻔﻄﺮ) costituisce la seconda festività religiosa più importante della cultura islamica. Viene celebrata alla fine del mese lunare di digiuno di ramaḍān (e dunque il 1° di shawwal), come segno di gioia per la fine di un lungo periodo penitenziale. Letteralmente il significato dell’espressione araba è "festa della interruzione [del digiuno]". Suoi sinonimi sono ʿīd al-ṣaghīr ("festa minore") e, in turco, küçük bayram o şeker bayramı ("piccola festa"), in contrapposizione a ʿīd al-kabīr (عيد ﺍﻟﻜﺒﻴﺮ "festa grande"), cioè la festa del sacrificio.

QUTBISMO

Qutbiyya (chiamato anche Qutbismo) è una variante ideologica e politica dell’ideologia sunnita ispirata al pensiero e agli scritti di Sayyid Qutb, un militante egiziano dei Fratelli Musulmani, giustiziato nel 1966. La Qutbiyya è stata genericamente descritta come una sorta di "jihad offensivo", in grado di esplicare i suoi effetti nella società. Secondo i suoi teorici, la Qutbiyya si propone i seguenti obiettivi:

- Adesione alla Sharīʿa, intesa come Legge Sacra destinata all’umanità, senza la quale l’Islam non potrebbe semplicemente esistere;

- Adesione alla Sharīʿa come perfetto stile di vita che apporta non solo giustizia ma completa libertà dalla servitù, oltre a portare la pace, la sicurezza personale, la serenità, scoperte scientifiche e altri benefici;

- Evitare il "male e la corruzione" dell’Occidente e del mondo non-islamico, incluso il socialismo e il nazionalismo;

- Vigilanza verso le cospirazioni contro l’Islam dell’Occidente e dell’Ebraismo;

- Duplice attacco per 1) predicare e convertire e 2) adozione del jihad per eliminare con la forza le "strutture" della Jahiliyya;

- Importanza del jihad "offensivo" per eliminare la Jāhiliyya non solo dal mondo islamico ma da tutta la faccia della Terra.

SAFAVIDI

I Safavidi sono stati una dinastia-confraternita mistica di lingua e cultura turca. Originari del Kurdistan persiano, si insediarono in Azerbaigian, e governarono la Persia tra il 1501 e il 1736. Imposero con la forza lo sciismo quale religione di Stato, unificarono le province sotto un forte potere centrale e grazie all’uso sempre più pervasivo della loro lingua nazionale (adattata all’alfabeto arabo già in età samanide) e alle specificità religiose assunte, possono essere considerati i creatori del moderno Iran, nel senso che gli storici occidentali danno storiograficamente al termine "moderno".

TAKBIR

Takbīr (Arabo تَكْبِير) è l’espressione Allāhu Akbar (Arabo الله أَكْبَر), ovvero: "Allah è il più grande". È un’espressione che, nella religione musulmana, è spesso usata nel richiamo da parte del muezzin per ricordare ai fedeli l’inizio del periodo d’elezione utile ad assolvere l’obbligo della preghiera canonica (salat). L’espressione è impiegata anche prima dell’effettiva esecuzione della salat, oltre che in altre occasioni non religiose in cui si voglia ostentare la propria fede islamica in Dio. Dalla radice araba , che significa "essere grande", deriva una forma intensiva (kabbara), che vuol dire "essere più grande". Da questa, a sua volta, si può costruire il nomen actionis (takbīr ) che, in sé e per sé, indicherebbe "il fatto d’essere più grande". Di fatto però esso coinvolge l’intera espressione Allāh(u) Akbar, così come la basmala identifica la frase Bi-sm(i) llāh(i) al-Raḥmān(i) al-Raḥīm(i), cioè "In nome di Dio Clemente Misericordioso"). Il takbīr è una forma abbreviata della frase Allāhu Akbar min kulli shayʾ ("Allah è più grande di ogni cosa") e fu usato dal profeta Muḥammad in occasione delle cerimonie funebri in cui si ricordavano le qualità religiose del defunto. Ancor oggi quattro takbīr accompagnano l’inumazione di ogni fedele musulmano sunnita, mentre gli sciiti ne pronunciano cinque. Il takbīr è sovente usato anche nelle cerimonie del pellegrinaggio canonico (hajj), tanto in occasione dell’inizio dei riti quanto durante gli spostamenti fra Mecca e le località dei dintorni che si debbono visitare (Monte Arafat, Mina, Muzdalifa, le ʿaqaba, etc.), come pure nella spianata sacra della Kaʿba. Si raccomanda tuttavia che l’esclamazione non sia fatta a voce alta, ma solo mormorata. La frase è presente nel Corano (ad esempio LXXIV:3) ed è stata riprodotta per volontà dell’ex presidente dell’Iraq, Saddam Hussein, anche sulla bandiera irachena, nella speranza di accreditarsi come un leader dall’accentuata sensibilità religiosa, e su quella iraniana, in cui è ripetuta per ben 22 volte. Inoltre, è stato anche il titolo dell’inno nazionale della Libia di Gheddafi. Dal punto di vista del significato, il takbīr può presentare alcune analogie con l’espressione ebraica Alleluja ("Lodate Dio!"), adottata poi anche dal Cristianesimo, e alla dedica, particolarmente in voga in periodo rinascimentale, Deo Optimo Maximo (A Dio, il più buono, il più grande) .

ZAKAT

Col termine zakāt (in arabo: زكاة‎) s’intende l’obbligo religioso prescritto dal Corano di "purificazione" della propria ricchezza che ogni musulmano in possesso delle facoltà mentali deve adempiere per definirsi un vero credente. È uno dei Cinque pilastri dell’Islam.

WILAYAT

In diversi paesi, il termine in arabo: ولاية‎, wilāya, pl. wilāyāt, o le denominazioni derivate da esso (per esempio il turco vilayet o eyalet, il persiano ولایت, velâyet, lo swahili wilaya, l’uzbeco viloyat) si riferiscono a un determinato livello di divisione amministrativa; a seconda dei casi può essere tradotto come "stato", "regione", "provincia" o "distretto". La parola araba deriva dalla radice , che significa "amministrare", "governare", da cui deriva anche wālī, "governatore". La si trova (nelle sue varianti) in moltissimi paesi dell’Africa (soprattutto Nordafrica e Africa orientale) e dell’Asia (incluse alcune zone del Sudest asiatico), in generale laddove vi sia stata un’influenza della cultura islamica. Fra l’altro, storicamente, erano chiamate in questo modo le province dell’Impero Ottomano. Nell’arabo moderno la traduzione corrente di wilāya è "governatorato".

GRUPPI TERRORISTICI

Da anni seguo l’evolversi della situazione del Medio Oriente. Ciò mi ha portato a porre particolare attenzione su uno dei fenomeni cardine di quell’area: il terrorismo. Negli anni settanta il terrorismo era essenzialmente quello di marca palestinese. Un fenomeno di rottura e diffusione del terrorismo in quella parte del mondo è stato rappresentato dall’esperienza della rivoluzione sciita in Iran nel 1979. Una rivoluzione che ha apportato nuova instabilità dell’area. Non fosse per altro per aver rinverdito la mai sopita contrapposizione fra sunniti e sciiti. Un ulteriore fattore di destabilizzazione trae origine dall’Afghanistan e dall’Algeria. In questi due paesi si può ben affermare che è nato il terrorismo di marca jihadista che è diventato ai giorni nostra una minaccia globale. La situazione nei decenni susseguenti agli anni ottanta/novanta fino non è migliorata. Anzi si è assistito a una generale e generalizzata diffusione del terrorismo e dei fenomeni ad esso legati. Anche a causa di maldestri tentativi occidentali di “esportare la democrazia” nel mondo arabo e islamico.

Il risultato più tangibile è che ci troviamo di fronte a centinaia di gruppi terroristici arabi e islamici. Per paradosso il terrorismo arabo e islamico sorto a guisa di contrapposizione violenta alla globalizzazione ha dimostrato una inaspettata ed inusuale capacità di adattamento al nuovo ordine mondiale! In sintesi, si è globalizzato a tutti gli effetti. Il che lo rende viepiù pericoloso e complesso da contrastare. Oramai si segnalano gruppi terroristici islamici operativi dall’Africa Occidentale fino all’Indonesia e dal Turkmenistan alla Nigeria. Sono gruppi terroristici dalle caratteristiche non uniformi. Ci sono gruppi composti da poche unità ad altri che rappresentano delle multinazionali del terrore. L’operatività varia da una scala locale a uno scenario comprendente vari paesi. I gruppi possono essere sotto-gruppi di altri gruppi oppure confederazioni di gruppi terroristici. Infine, la differenziazione più importante: quella fra gruppi islamico-radicali e gruppi islamico-jihadisti. I primi “accettano” di dover perseguire un disegno di imposizione della sharia nel medio-lungo tempo (ad esempio, la Fratellanza Musulmana). I secondi no perché intendono applicare la sharia in maniera immediata e traumatica (lo Stato Islamico è la dimostrazione più evidente di questa impostazione). Per capirci, la stessa differenza che esisteva un tempo fra Socialismo e Comunismo. Naturalmente codesta pietra di paragone va presa con il dovuto beneficio dell’inventario.

Questa parte dell’articolo non intende presentare tutti i gruppi terroristici islamico-radicali o islamico jihadisti. Ciò sarebbe impossibile. L’obiettivo è, invece, far comprendere la pervasiva pericolosità del terrorismo arabo e islamico. Un terrorismo molto ben organizzato e per nulla ingenuo per quanto riguarda le strategie politico-militari. Per anni dovremmo confrontarci con questa pervicace fonte di instabilità del quadro internazionale. La risposta a tale criticità potrà essere anche militare, ma la migliore – di risposte – sarà un nuovo modo di costruire relazioni fra l’Occidente e il mondo arabo e islamico. Se no si rischiano ulteriori guasti e il dilatarsi temporale del fenomeno.

- BANGLADESH

A riprova della straordinaria diffusione del terrorismo di marca jihadista nel mondo giunge notizia che in Bangladesh si è formato un gruppo terrorista particolarmente pericoloso: Ansarullah Bangla Team conosciuto anche come ABT oppure Ansar Bangla. E’ un gruppo con all’attivo parecchi attacchi, furti e omicidi. Secondo la polizia di quel paese sarebbe collegato con l’Islami Chhatra Shibir, il fronte studentesco del Jamaat-e-Islami. Un partito di ispirazione islamica attivo nel Bangladesh. Dal 2013 in poi la polizia bengalese ha effettuato più operazioni di repressione che hanno condotto all’arresto di diversi attivisti. Ansarullah Bangla Team è in realtà il ritorno all’attività di un precedente gruppo islamico-bengalese denominato Jama’atul Musleim di ispirazione qaedista che si occupava verso il 2007 di fundrising in favore a diverse attività nel campo del sociale.

- CECENIA

In Cecenia – base di sviluppo del Wilayat al-Qawqaz – un gruppo terroristico di etnia circassa denominato Ahrar al-Sharkas ha espresso il desiderio di unirsi al gruppo maggioritario del terrorismo caucasico di ispirazione islamica. Ossia quel Junud al-Qawqaz (traduzione italiana: “Soldati del Caucaso”) fondato da Murad Margoshvili (nome islamico: Abu Muslim al-Shishani). Il georgiano che fa parte del Shura Council dello Stato Islamico. In origine Junud al-Qawqaz si denominava Junud al-Sham (traduzione italiana: “Soldati del Levante”). Junud al-Sham rappresentava i jihadisti caucasici presenti in Siria. A seguito di una scissione interna una parte si è coalizzata con lo Stato Islamico fondando Junud al-Qawqaz.

- EGITTO

In Egitto sono attivi molti gruppi terroristici. Gruppi di vario genere: radicali, jihadisti oppure pro-Stato Islamico.

Un gruppo particolarmente attivo è Ajnad Misr (traduzione italiana: “Soldati dell’Egitto”). Gruppo di estrazione salafita operativo nella zone del Cairo. Il gruppo è stato fondato da Humam Muhammed nel 2013 dopo aver abbandonato Ansar Bait al-Maqdis. Ajnad Misr ha sempre dichiarato che i suoi attacchi sono una risposta a seguito del Massacro di Rabaa avvenuto durante il mese di agosto del 2013. Prima di ogni attentato il gruppo avvisa i civili poiché il suo obiettivo sono le forze di sicurezza. Sia l’Egitto che gli Stati Uniti lo hanno classificato come gruppo terrorista.

Il più importante è forse Ansar Bait al-Maqdis (traduzione italiana: “Ausiliari della Sacra Casa”) oppure Ansar Jerusalem (traduzione italiana: “Ausiliari di Gerusalemme”). Gruppo in origine qaedista ha prestato l’anno scorso giuramento al Califfato. Ansar Bait al-Maqdis è operativo dal 2011 con un particolare picco in occasione degli eventi che fecero deporre il Presidente egiziano Mohamed Morsi. Questo nel 2013. Viene ritenuto il principale autore di tutti gli attacchi contro l’Egitto nel Sinai. Dal punto di vista etnico è un gruppo terrorista vario poiché oltre ad egiziani ci sono Beduini e persone di altre nazionalità. Infine, nel 2014 si associa al Califfato e permette al Sinai di diventare provincia dello Stato Islamico.

Un altro gruppo piuttosto operativo è Abdullah Azzam Brigades. Un gruppo sunnita affiliato ad Al Qaeda. Fondato nel 2009 dal saudita Saleh al-Qaraawi ha assunto con il tempo uno schema organizzativo simile ad un network visto che è presente in diversi paesi: Egitto, Iraq, Giordania, la Striscia di Gaza e Libano. Il nome Abdullah Azzam deriva dal predicatore giordano di origine palestinese Sceicco Abdullah Azzam che nel 1980 organizzò i primi “foreign fighters” per l’Afghanistan. Altri osservatori indicano che tale nome è solo fittizio e di convenienza. Il gruppo è attualmente retto da Sirajuddin Zureiqat che nel 2014 succedette a Majid al-Majiid ucciso il 4 gennaio del 2014.

- IRAQ

L’Iraq assieme alla Siria rappresenta la base geografica di riferimento per lo Stato Islamico. Oltre all’IS sono presenti molti gruppi terroristici che fungono da sostegno all’azione terroristica del medesimo. Il Beirut Center for Middle East Studies ha di recente pubblicato uno studio riguardante questi gruppi alleati dello Stato Islamico. Studio portato avanti da Jassem Mohammad. Una sintesi è stata pubblicata in Italia dal sito L’Indro. Ne riportiamo la parte più saliente.

“[…] I principali gruppi armati sunniti alleati con lo Stato islamico sono i seguenti:

– L’esercito islamico:

Fondato nel 2004, l’Esercito islamico iracheno è composto da un mix di combattenti baathisti e islamici e possiede un sistema militare interno e un dipartimento di intelligence. Mentre la presenza dell’Esercito islamico iracheno è molto intensa nella zona di al-Dhuluiya vicino al distretto di Balad, la sua presenza nelle province di Dayali e Kirkuk e di Saladin è considerata debole. L’esercito islamico è guidato da Ahmad al-Dabbash, che spesso e volentieri è comparso sui canali arabi di Arbil come portavoce dell’Esercito islamico e ha partecipato agli incontri svoltisi ad Amman.

– L’Esercito degli uomini dell’ordine di Naqshbandi:

Questa organizzazione è guidata da Izzat al-Douri, vice dell’ex Presidente iracheno, Saddam Hussein. Molti dei combattenti a servizio di questo esercito sono Baathisti e sono soldati che hanno servito l’ex regime prima del 2003. Gli uomini dell’ordine di Naqshabandi presentano caratteri nazionalisti, islamici e sufiti, evitando un confronto con lo Stato islamico. Le organizzazioni si sono incontrate recentemente nel villaggio di al-Saadiyya – al-Rabiha, appartenente alla provincia di Dayali, al fine di condividere ruoli e fissare priorità, preparando la strada per attacchi contro al-Mukdadiyya, al fine di isolarla dal bacino Hamrin. Sono in corso battaglie a al-Mansuriyya e al-Mukdadiyya in quanto l’Esercito degli uomini dell’ordine di Naqshabandi sta affermando il suo controllo su queste zone. Le attività di questo esercito sono, invece, meno intense nelle zone di al-Saadiyya, Jalawla, Mandali e Balad Ruz. Le più importanti roccaforti di al-Dour sono al-Hawija e al-Riyadh – Kirkuk. Dopo il 10 giugno 2014, al-Douri ha dato la sua Bay’ah (assoggettamento a un maestro spirituale) a al-Baghdadi, ma secondo recenti notizie questa organizzazione avrebbe preso posizione contro l’ISIS, in seguito agli attacchi perpetrati contro tempi e santuari e l’evacuazione dei cristiani. Inoltre, ci sono state dichiarazioni da parte di gruppi militari contro lo Stato islamico, ma sembra che siano un puro tentativo di ottenere sostegno a livello locale.

– Il Consiglio militare dei rivoluzionari tribali:

A giugno 2008, questa organizzazione ha affrontato un problema di frammentazione, quando alcuni sceicchi del clan al-Kurawiyya hanno cercato di negoziare con i leader dei Peshmerga curdi a Jilawla, ma sono stati respinti dalla leadership di altri clan che si sono uniti in seguito all’organizzazione dello Stato islamico. Tuttavia, le fazioni del Consiglio sono guidate da ufficiali dell’ex esercito iracheno. Inoltre, il Consiglio comprende decine di clan sunniti alleati con lo Stato islamico e la sua presenza è intensa nell’Iraq occidentale nelle province di al-Anbar, Khalediyyah, Karma e Fallujah e a Abu Gharib, al-Youssefiyyah, nonché nella cintura di Baghdad nelle zone di al-Taji, al-Taremiyyah e al-Madaen.

– Jamaat Ansar al-Sunnah (Assemblea degli aiutanti della Sunna):

Questa organizzazione è presente nella provincia di Dayali a sud di Mandali e vicino ai villaggi delle tribù al-Nadda, oltre che in altre zone a sud di Balad Ruz e Tahwilah. La sua espansione è relativamente probabile a Kirkuk e Saladin. Ci sono indizi circa alcuni tentativi di riavvicinamento allo Stato islamico, ma senza dare la Bay’ah. Si sottolinea che “Ansar al-Sunnah” è considerato un oppositore dello Stato islamico, in quanto precedentemente si sono verificati scontri militari tra entrambe le organizzazioni, nel 2013 e all’inizio del 2014, quando lo Stato islamico ha affermato il suo controllo sul confine di al-Yahrubiyya. I leader più importanti di questa organizzazione sono curdi come Mullah Najmeddine Krekar, residente in Norvegia. Fino al 2003 ha procurato combattenti arabi per l’Afghanistan.

– Brigate del Kurdistan (Kataeb Kurdistan):

È una fazione formata da leader moderati che erano soliti lavorare con l’organizzazione “Ansar al-Islam“ in Iran e Iraq. Attualmente è specializzata nel reclutamento di kamikaze curdi nei sopra citati paesi a favore dello Stato islamico. Questa organizzazione è la responsabile degli attacchi terroristici avvenuti in aree contese come Jilawla e Khanekin, oltre ad altri attacchi contro gli edifici dei partiti politici curdi in Kurdistan, prima dell’invasione della città di Mosul il 10 giugno 2014. Si deve sottolineare che una delle strategie adottate da Abu Bakr al-Baghdadi è di penetrare nella regione del Kurdistan mediante questi battaglioni ovvero reclutando kamikaze curdi.

– Le brigate della rivoluzione del 1920:

Anche se hanno una presenza debole nella provincia di Dayali, hanno mantenuto una forte presenza nella provincia di Saladin – Biji, Baghdad e Abu Gharib. Sono guidate da Harith Dhahir che mantiene il carattere islamico vicino alla Fratellanza, al Partito islamico e all’Associazione degli studiosi musulmani in Iraq, e rappresenta il Marja’ religioso della componente sunnita in Iraq.

– Jaish al-Mujahideen (o Esercito Mujahideen):

Ha una intensa presenza nelle province di Dayali e Kirkuk, nonostante l’esiguo numero di sostenitori, e le sue attività sono in aumento a al-Anbar.

Le organizzazioni e i gruppi terroristici esistenti nelle province di Kirkuk, Dayali, Saladin, Baghdad e Mosul potrebbero essere così suddivise in base alle capacità di combattimento, alle aree controllate e alla portata delle loro attività terroristiche:

a- Organizzazioni leader: il Consiglio militare o Comando generale dei clan ribelli – Esercito degli uomini dell’ordine di Naqshabandi. Sono gruppi che dovrebbero cooperare temporaneamente o a breve termine con lo Stato islamico. Tali gruppi si presentano come rappresentanti delle loro comunità e guidano le altre fazioni inferiori meno potenti e meno equipaggiate.

b- L’organizzazione di “Ansar al-Islam”: a Mosul e Kirkuk e le parti orientali della provincia di Saladin, e l’Esercito dei Moujahidin a Falluja, Mosul, Saladin oltre alle Brigate della rivoluzione del 1920 a occidente di Baghdad. Anche se questi gruppi differiscono in termini di leadership, ideologia e struttura organizzativa, si incontrano mediante sale operative per coordinarsi, fissare obiettivi e stilare piani. […]”

- LIBIA

Il gruppo Consiglio della Shura dei Mujaheddin di Derna è un cartello di organizzazioni qaediste operanti per l’appunto nella zona della città di Derna. Importante città portuale situata nell’est della Libia nell’area di giurisdizione del Governo legalmente riconosciuto di Tobruk. I leader di questo cartello sono: Salim Derby, Yusuf Bin Tahir e Nasser Akr. Si diceva di cartello di organizzazioni. Il Consiglio della Shura dei Mujaheddin di Derna è, infatti, composto da: Ansar al-Sharia al-Darnah (traduzione italiana: “Ausiliari della Sharia di Derna”), La Brigade dei Martiri Abu Salim e Jahish al-Islami al-Libi (traduzione italiana: “Esercito dell’Islam della Libia”). A proposito di Ansar al-Sharia al-Darnah non esiste alcun collegamento con il quasi omonimo gruppo terrorista tunisino. Questo cartello è un forte oppositore dello Stato Islamico in Libia, ma da qualche mese sembra in fase di stagnazione dal punto di vista operativo. Mentre non lo sono dal punto di vista sociale poiché fortemente impegnati nell’applicazione rigida della Sharia.

A proposito dello Stato Islamico chi comanda in nome e per conto del Califfo di Baghdad in Libia? Gli strateghi dello Stato Islamico nel paese vicino a noi non sono libici, ma irakeni, sauditi, yemeniti e tunisini. Ciò a comprova che lo Stato Islamico riesce ad elaborare ed implementare strategie geopolitiche piuttosto complesse e dannatamente efficaci. In primis, abbiamo Abu Nabil al-Anbari (nome islamico: Wissam Zaid Abdul). Era governatore del Wilayat Salah al-Din nel centro dell’Iraq e una delle aree più violente di quel paese. Dopo l’estate è stato inviato in missione in Libia. Poi abbiamo Abu Bara’ al-Azdi. Predicatore proveniente dallo Yemen. E’ stato nominato governatore del Wilayat di Barqa. Ossia della Cirenaica che ha nella città di Bengasi il proprio capoluogo di regione. Si prosegue con Abu Habib al-Jazrawi in provenienza dall’Arabia Saudita e svolge il ruolo di guida spirituale dei jihadisti dell’IS in Libia. Il capo dello Stato Islamico nella città di Sirte (dove è nato e morto Gheddafi) si chiama Usama al-Karrami. E’ uno dei responsabili più spietati dello Stato Islamico in Libia. Forse è lui che ha ordinato la decapitazione dei ventuno egiziani copti in una spiaggia presso Sirte. Abu Zakaria proveniva dalla Tunisia (nome islamico: Ahmed al Rouissi) dove era uno dei capi di Ansar al-Sharia tunisina. Utilizzo l’imperfetto in quanto sembra essere stato ucciso vicino a Sirte nel mese di marzo del 2015. Infine, Abu Iyad al-Tunisi (nome islamico: Seifallah ben Hassine). Anche lui tunisino. Anche lui fra i capi del gruppo terrorista tunisino Ansar al-Sharia. Secondo fonti investigative italiane aveva progettato un attentato contro l’Ambasciata degli Stati Uniti a Roma. Mai avvenuto. E’ operativo nella zona di Sabrata al confine fra la Tunisia e la Libia.

- MALI

Il gruppo terrorista Ansar Dine (traduzione italiana: “Ausiliari della Religione (Islamica)”) è un gruppo terrorista islamico operativo nell’Africa nord-occidentale il cui leader è Iyad ag-Ghali, uno dei capi principali della rivolta tuareg del 1990-1995. Ansar Dine è attivo dal 2012 ed è una delle principali organizzazione terroristiche che hanno preso parte alla Guerra del Mal. Guerra del Mali che ha richiesto l’intervento delle forze armate francesi. Gli altri movimenti terroristici sono il Movimento per l’Unicità, il Jihad nell’Africa Occidentale (MUJAO) e il Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (MNLA). Il gruppo terrorista Ansar Dine non deve essere confuso con un omonimo gruppo politico di ispirazione sufi legalizzato nel 1992 e che conterebbe ben 800.000 seguaci. Gruppo diretto dal predicatore Chérif Ousmane Haïdara (nome islamico: Sharīf ʿUthmān Ḥayḍara) vicepresidente dell’Alto Consiglio islamico del Mali.

- PAKISTAN, AFGHANISTAN E AREE LIMITROFE

Uno degli aspetti più inquietanti dello Stato Islamico è quello di modellare secondo i suoi piani strategici i territori dove andrà a implementarli. Questo è il caso dei territori afferenti a Pakistan, Afghanistan e aree limitrofe (Asia Centrale e India). Tale area geografica viene definita dagli strateghi del Califfato come “Khorasan”. Un termine che proviene dalla notte dei tempi in quanto furono i Sasanidi nel terzo secolo avanti Cristo a dargli nome dopo aver diviso il loro impero in quattro parti. Una delle quali denominata, per l’appunto, Khorasan che nella lingua sasanide significa “Terra del Sole”. L’appellativo da già una finalità politica all’azione dello Stato Islamico. Quei territori devono diventare di nuovo terre del Sole ove il Sole è rappresentato dall’azione del Califfato di Baghdad.

In quest’area sono operativi molti gruppi terroristici. I più noti sono, senza dubbio, i Talebani afghani dello scomparso Mullah Omar – ora a dirigerli vi è il Mullah Mansoor Dadullah – e Al-Qaeda comandata dal medico egiziano al-Zawahiri.Tuttavia, oggi vogliamo appuntare la vostra attenzione su altri gruppi.

Possiamo iniziare al gruppo Ansar al-Furqan (traduzione italiana: “Ausiliari della Decisione Finale”). Si tratta di un gruppo di estrazione sunnita appartenente all’etnia Baloch. Un’etnia stanziale fra il Sistan e il Belucistan. Regioni situate all’incrocio di Iran, Afghanistan e Pakistan. E’ un gruppo sorto dalla fusione di due precedenti gruppi terroristici: Harakat al-Ansar (traduzione italiana: “Movimento degli Ausiliari”) e Hizbul-Furqan (traduzione italiana: “Partito della Decisione Finale”). Le autorità iraniane lo hanno catalogato come gruppo terrorista nel 2013. Secondo il Terrorism Research & Analysis Consortium, ha collegamenti con Katibat al-Asad al-‘Islamia, Jeish Muhammad, Al-Nusra Front e Jaish ul-Adl.

In Afghanistan è operativo il cosidetto "Network Haqqani". Il nome deriva dall’emiro dei talebani Jalaluddin Haqqani. Questi Talebani non vanno confusi con i Talebani che avevano nel Mulah Omar il loro leader carismatico. Fu lui a fondare i primi gruppi armati afghani contro l’invasione dei sovietici dell’Afghanistan avvenuta negli anni ottanta. Addestrato dai pakistani su precise disposizioni degli Stati Uniti. Fu lui che reclutò sul finire degli anni ottanta Osama bin Laden. E’ coadiuvato dal figlio Sirajuddin. Jalaluddin Haqqani fa parte della c.d. “Shura di Quetta”. Ossia un organismo che armonizza le operazioni dei talebani afghani con quelle dei talebani pakistani. Naturalmente il suo obiettivo è di diventare il leader di tutti i talebani afghani a seguito del decesso del succitato Mullah Omar.

Il termine “Khorasan” ritorna minaccioso con Hafiz Khan Saeed, capo riconosciuto dei talebani pakistani. La sigla di questo movimento è TTP ossia Tehrik-I-Taliban Pakistan (traduzione italiana: "Movimento dei Talebani del Pakistan"). Lui si è già mosso forte dell’appoggio incondizionato del Califfo creando lo Stato Islamico del Khorasan. Questo dopo aver liberato il territorio da scomodi avversari. Soprattutto capi talibani afghani. Il TTP ha diffuso un libretto che fa paura. Obiettivo del TTP è scatenare una guerra atomica fra Pakistan ed India dopo aver posto in essere devastanti attentati in India.

“Khorasan” è inoltre la sigla di combattenti pro-Stato Islamico che combattono in Siria. Sono una delle unità più feroci in quanto composta da combattenti provenienti dall’Afghanistan, Pakistan e Asia Centrale. Combattenti di comprovata fede jihadista e già rodati da uno scenario di guerra trentennale nelle loro regioni di provenienza.

Poi abbiamo tutta una serie di sigle. Anch’esse in fase di rapida crescita e sinergia operativa con i succitati gruppi. Tutte alleate con lo Stato Islamico. Questi gruppi hanno i seguenti nomi: Movimento Islamico dell’Uzbekistan (collegato a gruppi estremistici del Waziristan pakistano), il Battaglione Al-Tawhid (operativo sia in Afghanistan che Pakistan), Ansar al-Tawhid in the Land of India (India) e Ḥizb al-Islāmī al-Turkistānī (il Partito Islamico del Turkmenistan – in sigla TIP).

Infine, da qualche tempo un gruppo affiliato al TTP pakistano ha deciso di allearsi con lo Stato Islamico. Il nome di codesto gruppo terrorista è Jundallah. Questi gruppi terroristici sono così sicuri di sé da organizzare conferenze stampa per annunciare i loro piani. Infatti, il loro portavoce Fahad Marwat ha rilasciato dichiarazioni ufficiali persino ai corrispondenti Pakistani dell’Agenzia Reuters!

- PALESTINA

Un evento che dovrebbe farci preoccupare è il progressivo spostamento di gruppi terroristici palestinesi orbitanti nell’area di influenza di Hamas verso lo Stato Islamico. Si passerebbe da un’impostazione terrorista di ispirazione radical-baathista ad un’altra, ben più pericolosa, afferente al jihadismo più sanguinario. Questo è quanto accaduto al gruppo terrorista Jahish al-Islam (traduzione italiana: “L’Esercito dell’Islam”). Gruppo guidato da Mumtaz Dughmush già noto alle autorità di polizia israeliane per il rapimento avvenuto nel 2006 del soldato israeliano Gilad Shalit e del giornalista inglese della BBC Alan Johnston. Agli inizi di settembre il gruppo ha espresso pubblica bay’ah nei confronti del Califfo. Non è una notizia positiva in quanto questo gruppo potrebbe rinforzare l’attiva di gruppi pro-ISIS nel vicino Sinai. Sinai oramai Wilayat ufficiale dello Stato Islamico grazie all’azione del principale gruppo terrorista pro-ISIS nell’area: Ansar Bait al-Maqqdis. Da tempo l’Egitto ha attivato un’intensa attività militare denominata “Vendetta per i Martiri”, mentre da qualche giorno l’esercito israeliano ha in corso delle esercitazioni militari nel Deserto del Negev mediante l’apporto di unità scelte “Caracal”.

- SIRIA

In Siria sono presenti così tanti gruppi terroristici che diventa impresa oltremodo ardua rimanere aggiornato sull’evoluzione della situazione. Qui abbiamo una varietà di tipologia di gruppi che non ha precedenti: 1) Gruppi composti da pochi effettivi o che sono veri e propri eserciti; 2) Gruppi autoctoni (ossia che esistono solo in Siria) ed altri che sono filiali di network terroristici di matrice internazionale; 3) Gruppi che si muovono da soli oppure sono sommatorie di altri gruppi (alleanze); 4) Gruppi pro Al-Qaeda o per lo Stato Islamico od ancora che rimangono neutrali; 5) Gruppi che sviluppano le loro strategie solo in una porzione del territorio siriano ovverossia capaci di essere presenti in tutta la Siria; e 6) Gruppi che si suddividono per appartenenza a un’etnia oppure a divisioni interne dell’Islam. In breve, un frazionismo che non aiuta certo a ricomporre un quadro omogeneo della situazione.

Si può iniziare da Jabhat Ansar al-Din (traduzione italiana: “Ausiliari del Fronte Religioso”). Un’alleanza jihadista composta, oltre da un gruppo avente denominazione similare, da tre altri gruppi: Harakat Sham al-Islam, Jaish al-Muhajireen wal-Ansar e Harakat Fajr ash-Sham al-Islamiya. E’ un’alleanza operativa, a quanto sembra, dal 2014 e non ha espresso nessuna posizione rispetto ad Al-Qaeda oppure allo Stato Islamico. Harakat Fajr ash-Sham al-Islamiya è operativo nell’area di Aleppo. Harakat Sham al-Islam è composto per lo più da “foreign fighters” marocchini. Il c.d. “Battaglione Verde”, composto da sauditi, sempre nel corso del 2014, si è integrato in Jaish al-Muhajireen wal-Ansar. Quest’ultimo è formato da ceceni e altri “foreign fighters” di origini russe.

Proseguiamo con il gruppo Jaysh al-Islam (traduzione italiana: “Armata dell’Islam”), conosciuto prima come Liwa al-Islam o “Brigada dell’Islam”. E’ una composita alleanza di diversi gruppi islamisti, soprattutto salafiti, coinvolti nella Guerra Civile Siriana. E’ operativo in alcuni sobborghi di Damasco come Douma o Eastern Ghouta. In quell’area è il gruppo più importante e pericoloso. Non si è voluto integrare nella Freew Syrian Army poiché ha definito il loro leader Khaled Mashal un infiltrato alle dipendenze dell’Iran.

Il suo nome originario era Sarayat al-Quds, ora si fa chiamare Jund al-Aqsa (traduzione italiana: “Soldati di al-Aqsa”). In origine era una sotto-unità del Nusra Front. Da un po’ di tempo si trova in difficoltà in quanto parecchi membri sono passati o al succitato Nusra Front oppure allo Stato Islamico.

Abbiamo anche gruppi terroristici supportati dagli Stati Uniti. Un esempio? Le Brigade di Muhajerin e Ansar sono un gruppo terrorista siriano operativo nel Governatorato di Daraa. Gli americani hanno fornito loro armamenti anti-carro.

C’è un irlandese-libico – chiamato Madhi al-Harati – che comanda un gruppo denominato Liwaa al-Umma (traduzione italiana: “Bandiera della Nazione (islamica). Questo irlandese-libico aveva in precedenza diretto delle unità di combattimento jihadiste nella Battaglia di Triopoli. Dal 2012 codesto gruppo è parte integrante della Free Syrian Army. A partire dal gennaio del 2014 ha unito le forze con altri gruppi operativi nel Governatorato di Hama come Liwa al-Haqq e Jund al-Aqsa per dare forma a un’alleanza sempre jihadista denominata Muhajirin wa-Ansar Alliance. Da non confondere con il gruppo ceceno Jaish al-Muhajireen wal-Ansar.

Ci sono, infine, federazioni composte da ben venti piccoli gruppi terroristici come Jaysh al-Ummah (traduzione italiana: “Armata della Nazione”)! Alleanza operativa nella zona di Damasco e del Governatorato di Rif Dimashq. La sconfitta subita il 9 marzo di quest’anno ad opera delle forze armate siriani ha costretto l’alleanza a dissolversi o, per lo meno, a ridurre la propria operatività.

- TUNISIA

Prima di tutto, bisogna dire che la città di Kairouan - sita per l’appunto in Tunisia - è considerata dopo La Mecca, La Medina e Gerusalemme il luogo simbolo per eccellenza della Religione Islamica. In secondo luogo, sempre Kairouan, è la prima città fondata dagli arabi in Africa. Questo successe nel 670 d.C. grazie alle straordinarie campagne di conquista poste in essere dal generale arabo Uqba ibn Nafi’. Non per nulla uno dei principali gruppi jihadisti operativi in Tunisia ed alleati dello Stato Islamico si chiama Katibat Uqbah ibn Nafi’ (traduzione italiana: “Brigada Uqbah ibn Nafi’”) proprio in onore del generale arabo Uqba ibn Nafi’. Di recente, questo gruppo jihadista ha espresso sottomissione nei confronti del Califfato. Katibat Uqbah ibn Nafi’ è specializzato in operazioni estremamente violente nell’area di Djebel Chambi al centro della Tunisia. Azioni che consistono in attacchi di sorpresa, torture e furto di armi all’esercito tunisino. Il suo leader si chiama Khaled Chaieb (nome islamico: Lokman Abou Sakhr). Infine, vi è una forte intesa fra questo gruppo con Al-Qaeda del Maghreb e Ansar al-Sharia della Tunisia. Paese avviato ad essere la vera testa di ponte dello Stato Islamico nell’Africa Maghrebina. Non per nulla dalla Tunisia sono partiti 4.000 "foreign fighters" per l’Iraq/la Siria. 500 dei quali sono ritornati in questo paese. Mentre ben 9.000 sono stati bloccati dalle forze di polizia e armate tunisine.

CONSIDERAZIONI FINALI

C’è un dato illuminante che la dice tutta sulla voglia dell’Occidente di venire a capo di un "bubbone" chiamato Stato Islamico. Max Boot – in un articolo pubblicato sul sito di Council of Foreign Relations – fornisce alcune cifre che dovrebbero farci riflettere. L’aeronautica militare americana in Afghanistan effettuò dal 7 ottobre del 2001 al 23 dicembre dello stesso anno 6.500 bombardamenti rilasciando sul territorio di quel paese ben 17.500 ordigni. Al contrario, in riferimento alla “sedicente” guerra contro il Califfato, l’aeronautica militare americana ha effettuato dall’otto agosto del 2014 al 23 ottobre sempre del 2014 appena 632 bombardamenti rilasciando sul terreno 1.700 ordigni! I dati testé forniti non permettono altre interpretazioni. Per non parlare della coalizione messa su per combattere il Califfato. “Armata Brancaleone” è il termine meno negativo che si può affibbiare a una conduzione per lo più scriteriata – voluta? – delle pseudo operazioni belliche in atto. Tutti gli attori recitano a soggetto rendendo palpabile un sospetto. E cioè che l’interesse è altro rispetto a quello di contrastare e sconfiggere il Califfato. Caos ulteriormente dilatato dopo l’intervento della Russia in Siria.

La verità è che non c’è una reale volontà di combattere lo Stato Islamico. A parole sono tutti uniti nel condannare le inenarrabili violenze perpetrate dall’IS e – persino – a partire lancia in resta contro il medesimo. Ma i fatti ci raccontano di una verità ben differente. Lo Stato Islamico nasce avendo come “background” gli accordi geostrategici intercorsi nel corso degli ultimi decenni fra gli apparati economici occidentali e le petromonarchie del Medio Oriente. Quanto sta accadendo è semplicemente l’ennesimo tentativo di ridisegnare quell’area. Evidentemente molti hanno interesse a che l’accordo detto “di Sykes-Picot” (1919) sia superato in maniera definitiva. In questa ottica lo Stato Islamico diventa lo strumento utile per riorganizzare il Medio Oriente. Fra qualche anno avremo gli stessi stati presenti sulla carta geografica del Medio Oriente? Si deve prendere atto, meglio essere sempre e comunque realisti, che si va verso una guerra totale in cui lo Stato Islamico gioca il ruolo di ragione apparente. Non si spiegherebbe altrimenti l’incredibile corsa all’acquisto di armi da parte di tutti gli stati afferenti al Medio Oriente. Con buona pace di quanti vorrebbero un nuovo modo di sviluppare le relazioni fra il fronte nord e il fronte sud del Mediterraneo.

Pertanto, attendiamoci a una lunga e penosa guerra in quanto il terrorismo propugnato dallo Stato Islamico è un terrorismo globale. Potrà essere sconfitto in Iraq e Siria, ma temo che non sarà sufficiente. Il terrorismo del “mondo liquido” opera a livello non più regionale, bensì planetario. E’ un terrorismo che ha una sua strategia per il Maghreb, l’Africa sud-sahariana, il Corno d’Africa, il Caucaso, il Khorasan e l’Asia Centrale. Giocando, fra l’altro, sull’ambivalenza di essere uno stato/non stato ed avere una concezione mobile dei propri confini strategici. Guerra che conviene a molti per riposizionarsi o lucidare blasoni evaporati da tempo. Guerra per interessi meramente economici. Chi crede, di conseguenza, a baggianate quali “scontro di civiltà” o “guerre di religioni” è – a mio avviso – da ascriversi al club degli ipocriti o dei beoni. Guerra significherà ulteriore aggravamento del problema dell’immigrazione. Con l’Europa in posizione di particolare complessità e urgenza. Ne stiamo avendo una drammatica anticipazione da qualche mese.

Due eventi potrebbero far precipitare ulteriormente una situazione senza dubbio già di per sé drammatica. L’Algeria dovrà gestire una difficile transizione al momento della dipartita del Presidente Bouteflika. Non per nulla il Presidente francese Hollande si è recato in Algeria per tracciare una “exit strategy”. Il fatto che sono in svolgimento scontri fra algerini e berberi non fa presagire un avvenire improntato all’ottimismo per l’importante paese africano. Poi c’è il problema dell’Arabia Saudita. L’assetto del regno saudita si poggia su un intricato sistema di alleanze e sottomissioni alla casa regnante da parte di un imprecisato numero di tribù e clan. Sistema che pare non essere particolarmente monolitico come in precedenza. Cosa succederebbe se esso crollasse? Nel frattempo – a corollario – langue nella sua sanguinosa realtà quotidiana il problema palestinese che da quando è entrato nel proscenio internazionale lo Stato Islamico appare appannato e senza una reale strategia di risoluzione.

Un’ultima considerazione. Normalmente in periodi di crisi il prezzo del barile risale e le scorte si assottigliano. Come mai questo non sta succedendo a seguito dell’aggravamento della situazione in tutto il Medio Oriente dopo la proclamazione dello Stato Islamico?

APPENDICI

1) LIBRI (cliccare sul titolo del libro che si vuole leggere ad eccezione dei libri di Franco Cardini e Domenico Quirico che non sono disponibili in questa modalità di lettura):

Franco Cardini, L’Ipocrisia, Bari-Roma, Laterza, 2015;

Adil Rasheed, ISIS: Race to Armageddon, Dehli, Vij Books, 2015;

Col. S.C. Dhiman (Retd.), Islamic State Of Iraq And Syria(ISIS) Reconciliation, Democracy And Terror, Dehli, Neha Publishers & Distributors, 2015;

Material Evidence and Narrative Sources Interdisciplinary Studies of the History of the Muslim Middle East Edited by Daniella Talmon-Heller, Ben-Gurion University of the Negev, and Katia Cytryn-Silverman, The Hebrew University of Jerusalem, Leiden, Brill, 2014;

Domenico Quirico, Il Grande Califfato, Milano, Neri Pozza, 2015.

2) SITI DI INTERESSE (cliccare sul nome del sito che si vuole consultare):

Alhayat sito di notizie in arabo;

Centro Amilcar Cabral Centro studi sull’Africa gestito dal Comune di Bologna che si è occupato dell’Islam radicale e del jihadismo in quel continente;

Institut d’études de l’Islam et des sociétés du monde musulman sito di un istituto francese di studi sull’Islam;

Iran Italian Radio sito in lingua italiana dell’Irib World Service, servizio internazionale della radio televisione iraniana;

Jurgen Todenhoefer sito del giornalista tedesco Jurgen Todenhoefer che ha realizzato un memorabile reportage sullo Stato Islamico;

Le Courrier du Maghreb et de l’Orient uno dei migliori siti per seguire da vicino l’evolversi della situazione nell’Africa maghrebina e nel Vicino Oriente;

About My Jihad Campaign sito gestito da islamici contro le storture interpretative del termine Jihad;

OrientXXI sito di analisi della realtà araba in francese;

Oumma sito di notizie arabe e islamiche in francese;

Islamic Emirate of Afghanistan sito dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan;

Mapping militants sito dell’Università di Stanford sul terrorismo a livello mondiale;

Wilayah News sito di informazione in inglese vicino agli sciiti iraniani;

Africa Express rivista online italiana sull’Africa;

Alsumaria TV televisione araba online;

Clarion Project sito americano di analisi sulle problematiche arabe e islamiche in funzione del terrorismo jihadista;

Institut des Cultures de l’Islam sito di un istituto francese di studi sull’Islam;

Islamic Sharia Council of Leyton sito dello Sharia Council della cittadina di Leyton in Inghilterra;

Mosquee de Nantes sito della Moschea Centrale di Nantes (Francia);

Pajhwok sito della più importante agenzia stampa afghana;

Quilliam Foundation sito del think-tank islamico radicale operativo in Inghilterra;

Saphir News sito di informazione sulla realtà araba e islamica in francese;

Tracking Terrorism sito sul terrorismo a livello mondiale;

Ummah.com forum arabo utilizzato per veicolare anche appelli jihadisti (bisogna registrarsi);

Ummah.net forum arabo utilizzato per veicolare anche appelli jihadisti (bisogna registrarsi);

Site sito americano di analisi del terrorismo jihadista.

3) DOCUMENTI ALLEGATI (sono collocati sul lato destro dell’articolo che state leggendo):

Istok Magazine - rivista pubblicata dall’IS rivolta alla Russia

La Questione del Gender nello Stato Islamico - studio dell’Institute for Strategic Dialogue

Libia - draft dell’accordo per pacificare la Libia redatto in data 8 giugno 2015 dall’ONU

Tunisia’s Fragile Democratic Transition - testimonianza resa dal Prof. Aaron Y. Zelin innanzi al sotto-comitato per il Medio Oriente e l’Africa del Nord della commissione esteri della Camera dei Deputati degli Stati Uniti d’Europa

A Brief Guide to The Islamic State 2015 - guida di presentazione dello Stato Islamico pubblicata dall’IS

The Islamic State - studio pubblicato dal Soufan Group

Islamic State: The Economy-Based Terrorist Funding - studio sulle risorse finanziarie dello Stato Islamico

Lettera aperta a Abu Bakr al-Baghdadi - lettera aperta redatta in lingua francese da personalità civili e religiose arabe e islamiche indirizzata a Abu Bakr al-Baghdadi

4) DOCUMENTI DA SCARICARE (cliccare sul nome del documento che si intende scaricare):

Konstantiniyye #03 terzo numero di una rivista pubblicata dallo Stato Islamico rivolta al popolo turco;

Dabiq Magazine numero 11 numero undici della rivista ufficiale dello Stato Islamico.

5) VIDEO (cliccare sul link riportante il nome Jihadology):

Su Jihadology vi è una vastissima raccolta di video jihadisti. Forse la più vasta al mondo.

* PARTI PRECEDENTEMENTE PUBBLICATE DI "NOTIZIE DAL FRONTE SUD" (cliccare sulla parte che si vuole consultare):

Parte prima;

Parte seconda;

Parte terza.


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