Non possiamo risolvere la crisi climatica senza produrre e consumare meno carne
Il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo sta influenzando il futuro del pianeta. Ma nella direzione sbagliata.
A dirlo è il nuovo rapporto della Commissione EAT-Lancet, nata con l’obiettivo di individuare soluzioni globali per un sistema alimentare che possa nutrire in modo sano una popolazione in crescita — senza oltrepassare i limiti del pianeta.
Il rapporto evidenzia un punto ormai innegabile: l’attuale sistema alimentare, in particolare quello legato alla produzione di carne e latticini, è una delle principali cause della crisi climatica. Le sue conseguenze si estendono ben oltre la tavola: deforestazione, perdita di biodiversità, inquinamento delle acque e distruzione di ecosistemi fondamentali come la foresta pluviale amazzonica.
Ma c’è di più. Secondo il rapporto, anche se i combustibili fossili scomparissero domani, le emissioni prodotte oggi dall’agricoltura e dagli allevamenti sarebbero sufficienti da sole a superare l’obiettivo climatico di 1,5°C stabilito dall’Accordo di Parigi, ovvero la soglia massima di aumento della temperatura concordata per mantenere il riscaldamento globale entro livelli sicuri.
Il sistema che ci nutre è lo stesso che sta impoverendo la Terra. E i segnali sono sotto gli occhi di tutti:
Foreste rase al suolo per far spazio a pascoli e coltivazioni di soia destinata agli allevamenti intensivi
Specie animali e vegetali sterminate da pesticidi e monocolture
Acqua dolce usata in enormi quantità per l’irrigazione agricola e avvelenata dagli allevamenti intensivi
Oceani soffocati dai fertilizzanti che creano “zone morte” prive di vita
Quasi la metà della popolazione non ha accesso a un cibo sano
Oggi, quasi un terzo di tutte le emissioni globali di gas serra proviene dalla sola produzione alimentare
È ormai evidente che non possiamo risolvere la crisi climatica, della biodiversità e della salute umana senza una profonda trasformazione del sistema alimentare globale. Perfino un mondo libero dai combustibili fossili non basterebbe, se non cambiamo anche ciò che mettiamo nel piatto.
Per ridurre la pressione ambientale e migliorare la salute del pianeta (e la nostra) dobbiamo ripensare radicalmente il modo in cui produciamo e consumiamo il cibo.
La Commissione EAT-Lancet propone un modello chiaro: la Planetary Health Diet (PHD), una dieta flessibile e prevalentemente vegetale, che prevede un consumo moderato e consapevole di prodotti animali.
Per rendere possibile la trasformazione dell’attuale sistema alimentare, il rapporto EAT Lancet individua tre linee d’azione fondamentali:
Ridurre del 49% l’allevamento di bestiame entro il 2050
Trasformare l’agricoltura con metodi ecologici che lavorino con la natura, non contro di essa
Porre fine allo spreco alimentare
Insieme, queste misure potrebbero ridurre le emissioni alimentari globali del 20% entro il 2050.
Il costo del cambiamento? Tra 200 e 500 miliardi di dollari l’anno.
Il guadagno? Fino a 5 trilioni di dollari in benefici ambientali e sanitari, e 15 milioni di morti in meno ogni anno — pari al 27% dei decessi globali (si tratta delle morti per malattie legate a patologie respiratorie o causate dall’inquinamento atmosferico legato ai sistemi alimentari, ma anche a diete poco salutari).
Un investimento che migliora la salute, salva vite e protegge il futuro del pianeta. Probabilmente, l’investimento più intelligente che l’umanità possa fare.
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