Non è solo una faccenda di donne
C’è ancora domani / regia di Paola Cortellesi. - Italia, 2023.
Ho riso e ho pianto vedendo il film di Paola Cortellesi C’è ancora domani, e ho goduto ogni battuta, ogni inquadratura. Con orgoglio. Finalmente una donna arriva alla regia con un film politico e corale. Un film che è anche una pagina di storia sociale, basata sui racconti delle nonne e ricostruita con cura minuziosa per i dettagli. Ho riso e pianto ritrovando le storie che si raccontavano le comari del mio quartiere, tutte malmaritate, tutte a compiangere le altre e a dire “munnu à statu e munnu è”.
Ho riso e pianto ricordando le storie e i personaggi dei film neorealisti, la miseria e la distruzione causata dalla guerra, e le speranze in un futuro tutto da costruire.
Con orgoglio e soddisfazione ho ritrovato la storia vista dalla parte delle donne, le memorie setacciate con pazienza dalle storiche, per far emergere voci e storie sommerse, dimenticate.
- Locandina del film di Paola Cortellesi
Ed è alla luce di queste storie che rifletto su una battuta divertente del film, che condensa però un’analisi interessante e poco conosciuta. Si dice banalmente che la Prima guerra mondiale ha segnato il primo passo verso l’emancipazione delle donne. No, non è così. Gli uomini di ritorno dalla guerra hanno appreso la violenza, nutrono il rancore per aver perso il proprio ruolo di comando e lo scaricano sulle donne. Il fascismo alimenterà questo risentimento, con il suo culto della virilità e della violenza e ricaccerà le donne a casa, costringendole alla passività e al silenzio. Nel film è solo una battuta (“ha fatto du guerre”, è la giustificazione ufficiale per la violenza del marito della protagonista) ma occorre rifletterci, pensando anche all’oggi.
Centrale, nel film, è il rapporto madre-figlia. È come lo vorremmo, come lo sogniamo. Libere noi, libere loro, grazie a noi.
Ma siamo sicure? Siamo sicure che sia sempre e solo una faccenda di donne? Se sul piano politico, collettivo, è necessario ricostruire genealogie, ricordare le donne dimenticate dalla storia, sul piano individuale la centralità di questo rapporto rischia di travolgerci. L’esaltazione della maternità ci riconduce al privato, all’idea del sacrificio, al vittimismo. Ma questo è il cinema degli anni Cinquanta: è Bellissima, film di Luchino Visconti, con Anna Magnani.
Un film è un film, è fiction, e deve condensare in immagini e dialoghi la storia, e a volte può tagliare con l’accetta problemi complessi. Il tema della violenza sulle donne è certamente un tema che trova una sensibilità scoperta, e prende forse troppa parte del film, lasciando però indietro qualche intuizione interessante, che andrebbe sviluppata nelle discussioni che spero ne nasceranno, al di là dell’entusiasmo, giustificatissimo.
C’è ancora domani è quasi un’ideale continuazione del film di Ettore Scola, Una giornata particolare. Intanto nell’attenzione alle fonti: le canzonette, le immagini, gli stereotipi. Ma mentre qui tutto si svolge al chiuso di un appartamento, nel film di Paola Cortellesi tutto si svolge sulle strade; mentre il primo si chiude con l’incombere della guerra voluta dal fascismo e propone la timida presa di coscienza della protagonista grazie ad un uomo, nel secondo il fascismo è crollato e la guerra è finita, la presa di coscienza è tutta al femminile, nello sguardo complice fra la figlia e la madre, si guarda al futuro.
Mentre nel primo la luce cupa del fascismo e della guerra chiude il film isolando la donna e l’antifascista omosessuale, C’è ancora domani, fin dal titolo, si apre ad un futuro di lotta e di libertà collettiva.
È ciò di cui abbiamo bisogno oggi.
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