Non è più l’Ansa di una volta
Papa ai giornalisti: «Andare controcorrente» – Critiche interne a Repubblica. Un altro va via – Arbore è tornato – Macabra contabilità
PAPA: «ANDARE CONTROCORRENTE» - Non solo questo. Per papa Francesco è indispensabile anche «disarmare il linguaggio». È questo l’auspicio del papa quando si è rivolto, il 4 gennaio scorso, a una delegazione della Società dei Pubblicisti Cattolici della Germania, nel 75° anno dalla fondazione. Ha incoraggiato i giornalisti a dare risalto alle storie e ai volti di coloro a cui nessuno presta attenzione. Poi ha così continuato; «Voi provenite da un Paese prospero e sviluppato, ma anche lì si trovano, a volte nascosti, non pochi disagi. Penso al fenomeno della povertà infantile, a famiglie che non sanno come pagare le bollette e alla situazione di tanti migranti e rifugiati, che la Germania ha accolto in gran numero… quando comunicate pensate sempre ai volti delle persone, specialmente dei poveri e dei semplici, e partite da loro, dalla loro realtà, dai loro drammi e dalle loro speranze, anche se farlo vuol dire andare controcorrente e consumare le suole delle scarpe!».
NON È PIÙ L’ANSA… – Eh sì, signora mia. Non ci sono più le mezze stagioni e neppure l’Ansa… Martedì 2 gennaio scorso, alle 20,24, l’Ansa – la più grande agenzia di stampa italiana e una delle principali nel mondo – manda in rete questa notizia: «Morto Antonio Mancini, tra i fondatori della Banda della Magliana. Mancini, detto “Accattone». I giornali stanno per stampare ma i siti del Corriere, Repubblica, Messaggero e Tempo inseriscono la notizia sui loro siti online. Il Messaggero prepara una pagina intera sulla morte di “Accattone” ma… contrordine. Sembra che Antonio Mancini sia vivo e vegeto e di anni ne abbia 75 e non 88 come aveva scritto l’Ansa. Il giorno dopo, mercoledì 3 gennaio, la Repubblica, cronaca di Roma, annuncia «E’ morto Accattone, il pentito della Magliana». A tutta pagina 9 di cronaca: «Accattone è morto e con lui i segreti della Magliana. ‘La Banda è ancora viva’». E poi: «La prima Lambretta rubata a 12 anni, poi il carcere a 14 e i colpi in batteria, fino all’incontro con Giuseppucci e Abbatino. Antonio Mancini era tra i fondatori del direttorio malavitoso che governò Roma tra gli anni ’70 e i primi anni ’90». Giovedì 4 gennaio «Accattone è vivo…». Ma cos’è successo? Un incidente di percorso che nei giornali avvengono frequentemente. Il morto era Luciano Mancini, anche lui ex esponente della Banda della Magliana, detto ‘Er Principe’ che aveva 88 anni ed era stato considerato in passato un investitore dei capitali che provenivano dall’organizzazione criminale. Una volta, nei giornali, prima di pubblicare una notizia, il capo redattore si informava: «L’Ansa l’ha data?». Se c’era questa conferma, la notizia si poteva mettere in pagina perché l’Ansa faceva tutte le verifiche. Insomma, era sinonimo di serietà professionale e i capi redattori potevano stare tranquilli. Oggi, la maledetta fretta, la competizione per arrivare prima degli altri…
CRITICHE A DIREZIONE DI REPUBBLICA – Cinque componenti del Comitato di redazione hanno scritto una mail a tutti i 350 giornalisti del quotidiano. È un chiaro atto d’accusa perché «Vedere Repubblica che viene abbandonata come una nave che affonda è motivo di particolare amarezza in questi mesi. Ma dobbiamo pensare a noi che restiamo e al futuro del giornale, certi che solo l’unione in questo frangente può fare la forza». Concetti già espressi a dicembre quando erano stati respinti i prepensionamenti. Poi così continuano «L’anno che si chiude è stato sofferto e difficile, assai deludente per tutti noi. Il nostro giornale continua a perdere copie, abbonamenti e non riesce a trovare una strada nel digitale. E questo, a nostro avviso, per la mancanza di una chiara strategia di investimenti, marketing, obiettivi, collocazione nel panorama editoriale. Nonostante gli sforzi titanici di tutti noi. La difesa dell’identità di Repubblica (che sembra importare solo a noi giornaliste e giornalisti che amiamo questo quotidiano e il lavoro che facciamo) ci ha impegnato in un anno che ha segnato la per noi traumatica disgregazione di quello che era il più importante gruppo editoriale del nostro Paese, smembrato e dismesso da un editore il cui progetto resta per noi incomprensibile, oltre che frutto di preoccupazione».
UN ALTRO CHE LASCIA – Un altro giornalista lascia Repubblica. Si tratta di Raffaele Oriani che, dopo 12, anni di collaborazione lascia Repubblica. Le sue dimissioni sono contro il modo del quotidiano diretto da Molinari di raccontare cosa sta avvenendo a Gaza. Nella lettera che scrive alla redazione così da spiegare la sua decisione, afferma che si dimette «a malincuore» interromperndo così «la mia collaborazione con il Venerdì. Collaboro con il newsmagazine di Repubblica ormai da dodici anni ed è sempre un grande onore vedere i propri articoli pubblicati su questo splendido settimanale. Eppure chiudo qua, perché la strage in corso a Gaza è accompagnata dall’incredibile reticenza di gran parte della stampa europea, compresa Repubblica (oggi due famiglie massacrate in ultima riga a pagina 15). Sono 90 giorni che non capisco. Muoiono e vengono mutilate migliaia di persone, travolte da una piena di violenza che ci vuole pigrizia a chiamare guerra. Penso che raramente si sia vista una cosa del genere, così, sotto gli occhi di tutti… Magari fra decenni, ma in tanti si domanderanno dove eravamo, cosa facevamo, cosa pensavamo mentre decine di migliaia di persone finivano sotto le macerie. Quanto accaduto il 7 ottobre è la vergogna di Hamas, quanto avviene dall’8 ottobre è la vergogna di noi tutti…». Raffaele Oriani ha lavorato precedentemente al mensile Reset e a Iodonna-Corriere della sera, ha scritto per D, Wired, GQ, e ora soprattutto per il Venerdì di Repubblica. È autore di vari libri tra cui “I cinesi non muoiono mai” con Riccardo Staglianò.
MACABRA CONTABILITÀ – Purtroppo dobbiamo tornare a parlare dei giornalisti uccisi nel conflitto Tel Aviv-Hamas. Pochi giorni orsono, i raid israeliani hanno ucciso altri tre giornalisti. E così i giornalisti uccisi sono diventati ben 80 (Hamas sostiene, invece, che i morti a causa degli israeliani sarebbero 109). Una settimana fa il Cpj (Committee to Journalist) ha pubblicato la lista dei 77 (in quel momento) giornalisti uccisi in questo conflitto. Mai così tanti. Ben 70 sono i palestinesi, 4 israeliani, 3 libanesi. Tre giornalisti risultano dispersi e 21 sono stati arrestati.
ARBORE È TORNATO – Renzo Arbore è tornato in Tv, in seconda serata, su Rai 2 con un programma dal titolo “Appresso alla musica”. La prima puntata del programma (in totale saranno venti) ha avuto il 7,8% di share e 653 mila spettatori. La trasmissione è una panoramica sulla musica italiana e internazionale dalla seconda metà del Novecento, con curiosità aneddoti e contributi video. Ogni puntata, è condotta insieme a Gegè Telesforo, nome d’arte di Eugenio Roberto Antonio Telesforo, cantante, musicista, conduttore televisivo e radiofonico italiano.
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