Nell’era del genocidio collettivo

Uscire dalla Preistoria della guerra è possibile. La nostra è l’epoca della compiuta Preistoria. La storia inizierà con la fine della logica del più forte. Il fine a cui dobbiamo tendere coralmente è la fine della Preistoria...
Genocidio collettivo
La storia dei genocidi del Novecento continua inossidabile nel Ventesimo. La cultura genocidaria è l’invisibile del modo di produzione capitalistico. Cambia nelle forme, ma conserva il fine ultimo: il plusvalore da strappare con la logica di potenza e di occupazione dei territori strategici. Nel nostro tempo “la democrazia con annessi diritti” è lo strumento con cui affermare la superiorità culturale dell’Occidente.
La democrazia è il mezzo per dividere gli umani dai non umani. Il nuovo razzismo è di ordine politico e culturale. Il colore della pelle è superato, fortunatamente, ma il razzismo ricompare in modo nuovo e più impalpabile. Coloro che vivono altre esperienze politiche sono da democratizzare e se si oppongono da eliminare. Il nemico politico è disumanizzato, pertanto si procede al suo annichilimento. Le sue parole non sono ascoltare, i suoi interessi sono secondari, essi sono “disumani”, per cui il dialogo è superfluo e impossibile. La morte arriva dopo il grande silenzio ovvero con la morte della politica sostituita dalle armi.
Il Medioriente è colpevole di non essere democratico, per cui ogni attacco a popoli che non hanno raggiunto il medesimo grado di civiltà del “fiorente occidente” è ritenuto razionale e fatale. Il grimaldello della “democrazia” è il mezzo ideologico con cui giustificare dinanzi all’opinione pubblica la guerra e l’occupazione fino all’eliminazione dei nemici della democrazia. Nessuna differenza è fatta tra coloro che sono direttamente coinvolti nel conflitto e coloro che lo subiscono; tutti sono responsabili perché affini e in quanto condividono una comune identità culturale. Tutti sono tragicamente travolti dalle campagne di democratizzazione.
In questi giorni a Gaza stiamo assistendo in modo palese ed inequivocabile ad un genocidio collettivo. “Israele unica democrazia del Medioriente”, come si ripete, sta mettendo in atto un piano di aggressione che colpisce il popolo palestinese: uomini innocenti, donne e bambini sono direttamente coinvolti in una spirale di violenza che non conosce limite. Le immagini dei bambini palestinesi che piangono disperati dinanzi alle rovine ancora fumanti sono la verità del nostro tempo storico e del sistema socio-economico in cui siamo. L’inquietante verità dell’azione genocidaria è la responsabilità collettiva dell’Occidente democratico.
I responsabili della politica israeliana non sono isolati a livello internazionale, essi ricevono solo miti appelli alla moderazione e al contenimento delle violenze. L’ambiguità è palese. Naturalmente una tale strategia comunicativa è finalizzata a prendere pubblicamente le distanza dalla campagna di guerra in atto allo scopo di non avere eccessivi problemi con l’opinione pubblica interna. Gli appelli alla moderazione sono un chiaro messaggio di appoggio e sostegno alla campagna di guerra sempre più pericolosa mirante a far cadere anche l’Iran alleata della Russia. Si tratta di un obiettivo condiviso dall’Occidente, che spera di fermare la decadenza del capitalismo USA-NATO. Siamo dunque dinanzi ad un genocidio, le cui responsabilità sono, in primis, della politica della destra israeliana, ma essa non potrebbe perpetuare i suoi disegni senza l’assenso occidentale e degli USA.
Israele, in questa logica strumentale, è il mezzo con cui allargare il conflitto in modo da destabilizzare l’intera area che si sta riorganizzando sotto l’ala dei BRICS. Similmente l’Ucraina è utilizzata per stremare la Russia attraverso cui giungere alla Cina. Il genocidio collettivo è costituito dunque da una serie di Stati che si dichiarano democratici e che utilizzano le nazioni in guerra, per sovvertire il nuovo ordine mondiale che si profila. Nel nuovo ordine mondiale l’Occidente non è più padrone e signore imperiale. Il ginepraio di mezzi e di fini è intricatissimo, Israele è usata per gli interessi occidentali e nel contempo agisce per i suoi fini. Ancora una volta la volontà dei popoli non è ascoltata. Essi sono vittime di processi di manipolazione. Innocenza e colpa si confondono.
La politica di Benjamin Netanyahu è resa possibile dal consenso accordatogli dagli USA e dall’Unione europea. Quest’ultima vassalla degli interessi USA è ormai screditata nella sua credibilità politica, poiché ucraini e palestinesi sono trattati secondo parametri gerarchici differenti. Ci sono popoli che si possono eliminare, altri, invece, devono essere sostenuti. L’unico paradigma che spiega tale differenza nel trattamento è l’interesse economico contingente.
L’Italia è direttamente coinvolta in tali letali logiche: la Leonardo fornisce ad Israele “assistenza tecnica da remoto, riparazioni materiali e forniture ricambi”. Chi arma è parimente responsabile. Il governo italiano come gli altri governi occidentali armano Israele, per cui la responsabilità è collettiva. Senza la fornitura di armi e di mezzi di ricambio nessuna guerra sarebbe possibile.
Solo i popoli possono cambiare la sorte della storia prendendo le distanze dalle politiche che rispondono agli interessi della classe dominante. Una Internazionale della pace non è impossibile, in quanto i popoli non vogliono la guerra. Nessun interesse economico è tale da giustificare la tragica morte di innocenti e la cancellazione della memoria di un popolo. Le guerre genocidarie annichiliscono le identità, distruggono monumenti e paesaggi. I sopravvissuti a tali atroci esperienze saranno spogliati di ogni affetto, dei beni materiali e saranno costretti a vivere in una realtà ambientale completamente deformata e annichilita. Coloro che vivono tali brucianti esperienze possono facilmente essere usati in movimenti estremisti. La violenza diviene in tal modo un circolo che si nutre di se stessa.
Solo una Internazionale della pace con annessa giustizia può condurre ad una uscita da una logica di violenza che sembra ormai inarrestabile. In questo momento storico bisogna pensare l’impossibile e porre le condizioni per attuarlo. Solo una nuova consapevolezza dei popoli può rompere la logica meccanica della violenza.
Eraclito ci ha insegnato che, se non si sogna l’impossibile non lo si realizzerà mai:
«Se l’uomo non spera l’insperabile non lo troverà»
Questa, forse, è la nostra missione, in un tempo che sembra senza speranza. Nulla riuscirà a portar via il dolore di coloro che hanno conosciuto le violenze genocidarie, ma solo una nuova prospettiva politica può fermare la logica della guerra e aprire ad un futuro differente. Uscire dalla Preistoria della guerra è possibile. La nostra è l’epoca della compiuta Preistoria. La storia inizierà con la fine della logica del più forte. Il fine a cui dobbiamo tendere coralmente è la fine della Preistoria che rischia di precipitarci nell’abisso del nulla, se non si ha la chiarezza di questo nulla è possibile.
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