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Nel giorno degli schiavi

Nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791 gli schiavi di Haiti diedero vita alla ribellione che li condusse alla libertà. Napoleone Bonaparte reintrodusse la schiavitù abolita nel 1804, ma...

di Salvatore A. Bravo - venerdì 23 agosto 2024 - 292 letture

Nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791 gli schiavi di Haiti diedero vita alla ribellione che li condusse alla libertà.

Napoleone Bonaparte reintrodusse la schiavitù abolita nel 1804, ma l’esperienza segnò un mutamento irreversibile nella lotta per il riconoscimento della dignità di ogni essere umano. Il 23 agosto è pertanto la giornata internazionale per la Commemorazione della Tratta degli schiavi e per la sua Abolizione . Tale giornata che rammemora un episodio fondamentale della storia della lotta di classe, in realtà è stata cancellata dalle pubbliche manifestazioni. Su di essa regna ed impera il silenzio assoluto. Non si tratta di un caso, ma è una contraddizione che svela la realtà-verità sul capitalismo. Dimenticare la giornata dell’abolizione della schiavitù significa, in un momento storico dominato da gerarchie sociali inamovibili, rievocare la lotta di classe, essa è lo spettro di cui le oligarchie al potere temono il ritorno, per cui il dimenticare è una manovra per fatalizzare il presente. L’ideologia della cancellazione della storia è costituita da una serie di tasselli che nell’insieme costruiscono l’ideologia della conservazione del presente.

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La Battaglia di Santo Domingo, in un dipinto di January Suchodolski che raffigura uno scontro tra soldati polacchi al servizio della Francia e gli schiavi ribelli liberati dai soldati rivoluzionari haitiani

Fonte: Pinacoteca Zascianek

Gli schiavi di Haiti dimostrarono che nessun sistema di sottomissione e di dominio è eterno; i subalterni possono avviare la lotta per la loro liberazione e possono vincere e possono ribaltare condizioni sociali insopportabili. Il sangue e la carneficina che si consumarono ad Haiti dimostrarono che la coscienza di classe, in questo caso di tipo etnico, è la premessa senza la quale nessun progetto politico di conquista e di difesa della libertà è possibile. Senza idee nessuna rivoluzione può concretizzarsi; gli schiavi pensarono in senso universale i principi della Rivoluzione francese.

Le condizioni estreme provocarono una rivolta lunga e terribile, ma essa fu il risultato dello sfruttamento e della loro riduzione a semplici strumenti di lavoro per l’illecito arricchimento degli europei e dei francesi. I proprietari terrieri francesi sostenevano la loro produzione agricola con la manodopera a costo zero. La competizione capitalistica non può che comportare lo sfruttamento, esso è consustanziale al sistema con modulazioni differenti.

Il silenzio generale in questa giornata non è solo dei media, ma è anche dei sindacati e dei partiti di “sinistra”. Sembra che la congiura dell’indifferenza abbia prevalso. In realtà la rimozione è utile alle classi dirigenti, poiché non devono confrontarsi con il nostro presente, nel quale la schiavitù è abolita, ma è nei fatti praticata. Nella nostra patria sono innumerevoli gli episodi di uomini e donne sottoposti a condizioni lavorative inumane, al punto da morirne nel corpo e nell’anima. La morte psichica dei lavoratori è taciuta e rimossa. Non pochi muoiono sul lavoro, in incidenti evitabili con il rispetto dei requisiti di sicurezza, ma altri muoiono negli anni, per gli effetti di ambienti salubri, si pensi all’amianto.

La schiavitù è di nuovo tra di noi, dunque, lo schiavo è colui che è ridotto a massa muscolare o a competenza cognitiva da sfruttare ed usare massimamente. Lo schiavo è sostituibile, è solo un oggetto da manipolare in funzione del plusvalore.

Lo schiavo è l’essere umano passivizzato e ridotto al silenzio. Non decide nulla, può solo adattarsi ai voleri del padrone che, oggi, può licenziarlo anche senza giusta causa. Lo schiavo attuale è l’operaio come il professionista messo alla catena da leggi e da provvedimenti che riducono a nulla la sua capacità di scelta. Le catene degli schiavi del nostro tempo sono invisibili, ma sono impresse nella psiche e nella carne mediante i mezzi di sorveglianza che terrorizzano e inducono ad accettare l’insopportabile. Lo schiavo nel tempo passato conduceva un’esistenza di prossimità con gli altri schiavi, oggi la solitudine dei nuovi schiavi è un sentimento inesplorato. Le depressioni, gli atti di violenza e le psicosi sono spesso spiegabili, in non pochi casi, con una condizione lavorativa in cui il sottoposto è “niente, è uno strumento al servizio del padrone. La negazione dell’altro è causa di mortificazione quotidiana che si radica nel corpo vissuto fino a violarlo con la malattia psico-fisica. Il malessere è il segno della ribellione interiore che non trova il modo per trasformarsi in attività politica. Il 23 agosto pertanto è dimenticato anche dai sindacati e dai partiti di “sinistra”, in quanto è il giorno che denuncia la distanza delle istituzioni che dovrebbero sostenere la partecipazione attiva dei lavoratori alla vita sociale e politica.

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Incisione del 1806 raffigurante Jean-Jacques Dessalines. Il generale è rappresentato con la spada levata in una mano e la testa di una donna bianca nell’altra.

Fonte: Manuel López López - John Carter Brown Library, Pubblico dominio

Nel nostro tempo la classe schiavile sta sostituendo il proletariato man mano che i diritti dei lavoratori si contraggono. I migranti importati per il lavoro e per compensare il vuoto demografico-pensionistico sono gli ultimi tra gli ultimi, ma al di là della posizione all’interno della nuova classe semischiavile e semiproletaria resta un dato rilevante: il potere con i suoi complici può conservare gli attuali equilibri mediante la guerra orizzontale tra i subalterni per il lavoro o per i compensi aggiuntivi. Per uscire dalla schiavitù è necessario ritrovare la “coscienza di classe” al di là delle differenze culturali o professionali. Si è schiavi, se si subisce l’ordine sociale e se si è sempre sul limite di essere ricacciato nel limbo degli esclusi. Su tutto vi è la cultura della schiavitù al denaro, al successo, al sesso anaffettivo e al culto narcisistico di sé che coinvolte e travolge ogni strato sociale della popolazione. Solo chi vive fortemente e tragicamente la contraddizione tra una realtà sociale che si dichiara libertaria ed egualitaria, ma pratica la disuguaglianza e la schiavitù in nuove forme non riconosciute può essere l’anima e lo spirito per una nuova cultura capace di trasformare l’intero assetto culturale, sociale ed economico della società. Lotta e Umanesimo non possono essere scissi.

Nessuna divinità verrà a salvarci, sta a noi risvegliare il senso etico che alberga in ogni essere umano, il quale più facilmente può manifestarsi in prassi in coloro che vivono nella carne le spinose contraddizioni di un sistema senza pietà. Tale dinamica è possibile in presenza di idee e di rappresentanza politica.

Il protagonista della Rivolta haitiana fu Toussaint che adottò il soprannome di Louverture nel 1792-1793, ovvero “colui che ha aperto la strada”. Aprire nuove strade è il compito che ci attende, ogni essere umano può contribuire con la sua partecipazione alle istituzioni democratiche e culturali ad inaugurare un nuovo tempo storico.

La schiavitù è tra di noi e in questo giorno fatale e grandioso dovremmo ricominciare a guardare il mondo sociale e a concettualizzare le schiavitù in cui siamo implicati. Guardare significa concettualizzare nello spazio pubblico, in modo da “aprire ad un tempo a misura di ogni essere umano”. Le parole di Louverture sono preziose in questo giorno:

“Nacqui schiavo, ma la natura mi ha dato l’animo di un uomo libero."


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