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Nel cuore di Polina

"Se Napoli fosse la città dell’utopia si chiamerebbe Polina e nel suo ventre si stenderebbe una strada, difficile da percorrere, in salita, ma in cima vi si trova uno spazio fatto d’accoglienza, dove la parola lesbica..."

di Sonia Lombardo - mercoledì 17 gennaio 2007 - 4691 letture

Se Napoli fosse la città dell’utopia si chiamerebbe Polina e nel suo ventre si stenderebbe una strada, difficile da percorrere, in salita, ma in cima vi si trova uno spazio fatto d’accoglienza, dove la parola lesbica non è un’accezione di puttana perchè: "chi ha coraggio fa a meno della reputazione". Uno spazio dove è possibile incotrare una donna, una guerriera un po’ severa con addosso il peso delle battaglie destinate ad essere perdute che però t’insegna a non essere cieco.

È Marc de’ Pasquali, scrittrice milanese, autrice de "I cani non abbaiano a Polina" (La Chiocciola Edizioni), femminista, lesbica, nel 1972 con Mario Mieli, che poi le dedicherà Elementi di critica omosessuale, organizza il Primo Congresso Internazionale sull’Omosessualità. Anarchica, collaboratrice per la RivistaA, Marc è tutte queste cose insieme e nessuna: preferisce "declinare nell’invisibile", ha un po’ vergogna di essere milanese, come recita uno dei suoi personaggi "dopo essere stata a Polina, Milano mi pare meschina, niente sembra quel che è". Senza offesa per i milanesi, ma lo stile di Marc de’ Pasquali è così: privo di moralismi.

I personaggi che descrive si possono incontare nella realtà, sentirne parlare ai tg della sera: il distinto dottore che uccide i genitori per la "gana", la dirimpettaia che sente e vede tutto, ma per nulla al mondo infrangerebbe la sua routine, il barbone costretto a guardare gli altri dal basso in alto che si porta dietro il peso della sua diversità. Tutti ossessionati dal tempo e dall’identità, tutti confluiscono "nell’internazionale consumista", fatta eccezione per Merlot: una disadattata con l’orecchino da pirata. "L’io di Merlot non riconosceva ruoli imposti... il dover essere... le imponeva ribellioni sforzi furore".

Un io difficile da incontrare, magari ti passa accanto in bicicletta e non te ne accorgi nemmeno tanta è l’abitudine al "superficiale, al ridurre sempificare dimenticare". Anche se posso dire di averla incontrata Merlot, non a Polina, ma in un luogo accogliente dove le parole non sono "cani cui si fischia per farle gironzolare qua e la", un luogo nel cuore di Napoli.

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