Nasce la satira di Pizzino: la mafia si affronta "un affare alla volta"
Pizzino è il neonato mensile palermitano di “satira, spamming con sarde e affucanotizie”, presentato a fine giugno alla Vucciria, storico mercato del pesce della città.Ne parliamo con Giampiero Caldarella, direttore responsabile della testata..
Il tempo in Sicilia è un buon metro per misurare l’importanza di un’esperienza. Il tempo dell’azione ma anche quello del silenzio. Se ci sono voluti quasi trent’anni perché Pizzino riprendesse la strada dello sberleffo alla mafia iniziata da Peppino Impastato attraverso i microfoni di Radio Aut un motivo c’è: il mafioso non sopporta di essere preso in giro, prova ne è la barbara fine del militante di Cinisi, perché sa che la sua forza sta più nella onnipotenza attribuitagli dal popolo che nella lupara. Pizzino è il neonato mensile palermitano di “satira, spamming con sarde e affucanotizie”, presentato a fine giugno alla Vucciria, storico mercato del pesce della città.
Il mensile (che deve il nome ai bigliettini scritti a mano con cui Bernardo Provenzano impartisce direttive ai suoi picciotti) viene distribuito in tutta la Sicilia e in abbonamento anche nel resto d’Italia. Si tratta di un grande foglio di cartoncino che si apre a locandina per svelare, da un lato, rubriche e vignette di feroce satira contro mafia e malcostumi italici vari, dall’altro un poster colorato sull’”affare del mese” (dopo il pizzo, sul numero di luglio è stata la volta del ponte sullo stretto). Con un linguaggio grottesco e surreale Pizzino pubblicizza (con tanto di feste nei pub palermitani) iniziative come il “Pizzo-Day, la prima giornata mondiale per la democratizzazione del pizzo”, invitando tutti ad autotassarsi per la mafia e “raccontare ai propri nipoti: anch’io pagavo!”. Ne parliamo con Giampiero Caldarella, direttore responsabile della testata e fondatore del mensile insieme a Francesco Di Pasquale e Leonardo Vaccaro, tutti e tre alla soglia dei 30 anni.
Come nasce l’idea di Pizzino?
Com’è che a qualcuno viene in mente di parlare, di dire le cose? Forse nasce un po’ dalla predisposizione a un particolare tipo di linguaggio e dal prurito che si ha rispetto allo stato attuale delle cose, come il modo in cui è scomparsa la satira in Italia, il modo in cui i siciliani hanno difficoltà a ridere delle loro difficoltà, di loro stessi e di argomenti tabù come il pizzo, che non si può neanche nominare.
Lavorate per monografie tematiche: il pizzo, il ponte sullo stretto e il prossimo numero sulle spiagge in vendita...
Esatto,“un affare alla volta”, senza mezzi termini. Un foglio che diventa da un lato un poster con una campagna diseducativa, altamente diseducativa, rispetto a quelli che in un possibile mondo rovesciato sono i valori e i contenuti da portare avanti. Spesso non siamo neanche tanto lontani dalla realtà: sono provocazioni ma anche “legittimi pensieri” secondo qualcuno...
Il linguaggio di Pizzino rimanda ad un’estetica vista in altri momenti storici, come gli anni Settanta, in cui la frustrazione e la rabbia per un presente all’apparenza immutabile diventavano feroce creatività. Quali sono i vostri modelli?
In Italia ci sono le bellissime esperienze di Cuore, de Il Male, il 77 bolognese con Radio Alice, Radio Aut di Peppino Impastato, ma anche il lavoro di Mauro Rostagno a Trapani.
Pizzino ha un forte legame con la terra in cui nasce ma sembra in linea con fermenti che vanno oltre lo stretto di Messina. Il movimento dei movimenti vi ha influenzato?
Noi siamo figli della nostra storia e anche se avessimo voluto ignorare quello che è successo a Genova, Seattle, Napoli o perfino Palermo, non sarebbe stato possibile. Ma la nostra è anche la storia di tutte le persone che non pagano per i torti che hanno commesso è di tutte quelle che devono subire una condizione che è indipendente dalla loro volontà: l’essere nati in posti assolutamente non facili da vivere.
Usate spesso il dialetto siciliano mischiato con l’italiano. Perché?
Il dialetto serve a rendere delle espressioni altrimenti
intraducibili e quindi anche a cambiare il senso di certe espressioni in italiano: è una forma di contaminazione. Da solo non funzionerebbe, così come penso che funzionerebbe meno soltanto l’italiano ...lo usiamo come una specie di terza gamba.
I siciliani capiscono Pizzino? C’è nelle loro corde il gusto del grottesco e del nonsense che esprimete?
Per quello che abbiamo visto, credo di sì. Oltre a distribuirlo in libreria abbiamo fatto promozione nelle strade e nelle piazze, ci siamo confrontati con della gente che lo ha letto e ha avuto una reazione positiva. Un grosso aiuto lo danno le immagini che completano il messaggio. Nel primo numero, in cui si parla di pizzo-day, il protagonista è il poliporco, un animale immaginario metà polipo e metà porco che invita a versare un euro direttamente come consumatori alla mafia per non far pagare solo i commercianti. Lo abbiamo fatto appositamente con una faccia simpatica, come se fosse un disegno degli anni ’30 o un’illustrazione per le favole, ma questo non vuol dire che il gesto cui invita non sia pericoloso. È questo che si vuole mostrare.
A proposito dell’ambiguità della figura del mafioso e del modo di rappresentarla. Diverse persone in prima linea nella lotta alla mafia storcono il naso di fronte ad esperienze di satira simile alla vostra. Mi vengono in mente le critiche a “Tano da Morire” il musical di Roberta Torre, accusato di ridicolizzare un argomento troppo serio come la mafia.
È molto più pericoloso il silenzio. Meglio inquadrare il problema, per quanto in un contesto surreale e assurdo. Non a caso la nostra associazione si chiama “Scomunicazione”. Parlare, come facciamo, di “associazione Masochisti per la Mafia”, vuol dire che comunque esiste la mafia. L’alternativa qual è? Fare discorsi ingessati, oppure girare attorno al problema. Oltretutto c’è uno spazio della rivista, che si chiama Si-culo centrico, in cui si denuncia e non si fa satira. Basta anche un piccolo spazio per capire che c’è un allarme sotto.
C’è anche chi fa antimafia seriamente senza “girare attorno al problema”.
Certamente. Noi siamo in contatto con antimafia 2000 e con altre realtà di questi tipo, però se si vuole utilizzare uno stile di linguaggio nuovo, bisogna usare l’immaginazione: io non ho di mio un codice di linguaggio mafioso, devo immaginarmelo. Dico di più: se le affermazioni “la mafia non esiste, il pizzo lo paga solamente il 5% dei commercianti”, oppure “bisogna convivere con la mafia” vengono fatte dalle più alte cariche dello stato, perché quando qualcuno si prende la briga di “portarle alle estreme conseguenze” diventa pericoloso?
Perché?
Diventa pericoloso perché si rivela che l’inganno non parte da lì ma da molto più indietro.
A proposito di “molto più indietro”, quali sono state le reazioni di politici e istituzioni locali a Pizzino?
Non ce ne sono state, quindi significa che sono abili nel “farsi sfuggire quello che succede” (ride). A volte il silenzio è più gratificante della risposta.
Avete ricevuto minacce, “lamentele” per il vostro lavoro?
Fino a questo momento no. C’è qualcosa - credo - che differenzia questa esperienza da altre, il fatto che le nostre intenzioni sono accompagnate da un minimo di qualità del prodotto. Quando ad esempio entriamo in una libreria e ci vedono con una rivista con scritto “pizzo-day” enorme, questo potrebbe essere scambiato tout court con “militanza” e quindi con un discorso imbarazzante, specialmente se quella libreria magari il pizzo lo paga veramente (tra l’altro queste sono cose successe). Ma noi diciamo al commerciante “tu vendi riviste, questa è una rivista, mettila insieme alle altre, non occuparti dei contenuti, poi se c’è qualcuno a cui interessa se la piglia..”. Qualcuno ha avuto un po’ di remore, qualcun altro invece si è divertito dicendo “ah, se questo è ancora possibile vuol dire che l’Italia non è ancora ridotta all’ultimo stadio e che è ancora possibile una certa libertà di parola, e di questo bisogna rallegrarsi”. Altri problemi non ne abbiamo avuto. Poi se succedono dei “casini” strada facendo, magari ti racconto...
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attenzione...nel giro di 24 ore le cose sono cambiate e i tre cavalieri di pizzino si sono convertiti. (la prima forma di pentitismo organizzato) Aspettando l’autobus, sono stati fulminati sulla strata di damasco e lanno lasciato i cavalli in consegna al marito della corriera, in una zona chiamata Cuffareth. Il miracolo raddrizzò la schiena e stabilizzò più di 7000 persone... chi fa miracoli fa politica... e le urne furono ingravidate per via eterologa... buona panza a tutti e a chi vince le elezioni ricordate che erezioni non sono tutto nella vita, a volte scendono fino al bacino. Ippocrito la definiva "sindrome del vasa vasa". Allanciate le cinturine per il massaggio subsppliminale: se non vi siete schifiati abbastanza, sbattete la testa su www.scomunicazione.it. e dopo il mondo vi sembrerà più grigio G?F?L?