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Narda Fattori e lo stupore antico della parola

"Uccidi il padre e la madre‭ ‬/‭ ‬e che il sacrificio si compia senz’ara‭ ‬/‭ ‬alla fiamma che arde fatua‭ ‬/‭ ‬di sordo rancore immemore‭"‬.‭

di Matteo Veronesi - mercoledì 26 marzo 2008 - 5908 letture

Una esponente di assoluto rilievo della grande fioritura di‭ "‬poesia femminile‭" (‬ammesso che simili classificazioni abbiano un senso e un valore‭) ‬cui si è assistito in Romagna negli ultimi anni‭ (‬basti pensare a Rosita Copioli o a Fiorangela Arfelli‭) ‬è certo Narda Fattori,‭ ‬il cui libro più maturo,‭ ‬equilibrato e compiuto‭ (‬quasi sintesi e vertice del suo ricco e sfaccettato percorso creativo‭) ‬è forse‭ ‬Verso Occidente,‭ ‬edito nella minuta e preziosa collana Terremerse dell’editore Fara‭ (‬Santarcagelo‭ ‬2004‭); ‬una categoria,‭ ‬questa della poesia femminile,‭ ‬che‭ ‬-‭ ‬per inciso‭ ‬-‭ ‬andrà intesa,‭ ‬oggi,‭ ‬al di fuori di qualsiasi unilaterale colorazione ideologica e polemica,‭ ‬e indicherà più che altro un’intima,‭ ‬raccolta e intensamente vissuta dimensione esistenziale,‭ ‬culturale,‭ ‬espressiva‭ ‬-‭ ‬uno sguardo,‭ ‬gettato sul linguaggio e sul mondo,‭ ‬obliquo,‭ ‬defilato,‭ ‬lievemente straniante,‭ "‬altro‭" ‬rispetto al logocentrismo,‭ ‬al razionalismo ostinato e severo in cui rischia di chiudersi,‭ ‬proiettato sui campi del pensiero,‭ ‬il‭ "‬principio maschile‭"‬. ‭ ‬Ma se la poesia femminile tende,‭ ‬in alcune sue espressioni‭ ‬-‭ ‬basti pensare a Jolanda Insana‭ ‬-‭ ‬a ripiegarsi su di una carnalità e una corporeità esasperate,‭ ‬accentuate in modo quasi espressionistico,‭ ‬rivendicate in maniera quasi irosa come prerogativa,‭ ‬emblema,‭ ‬dominio,‭ ‬quella di autrici come Carolina Carlone,‭ ‬la già citata Copioli,‭ ‬Maria Luisa Vezzali o,‭ ‬appunto,‭ ‬Narda Fattori è incline,‭ ‬invece,‭ ‬a muoversi nella sfera più serena e tersa di un equilibrio fra modernità e classicità,‭ ‬fra i richiami che salgono dagli abissi indistinti del preconscio,‭ ‬dalle profondità dell’origine e la lucidità della coscienza critica,‭ ‬della consapevolezza e della ricerca linguistiche ed espressive.‭

Come nel discorso filosofico di Maria Zambrano o di Simone Weil,‭ ‬così anche nella poesia di queste autrici la parola si sottrae alla‭ "‬violenza della verità‭"‬,‭ ‬ai dettami di un‭ ‬logos‭ ‬autoritario,‭ ‬totalitario,‭ ‬rigidamente razionalistico‭ ‬-‭ ‬ma non per questo si abbandona ad un cieco irrazionalismo,‭ ‬anzi persegue una propria‭ "‬logica poetica‭"‬,‭ ‬un proprio coerente e coeso discorso culturale,‭ ‬pur sottratto ai condizionamenti e ai gioghi del gergo ideologico,‭ ‬dell’opacità quotidiana e della chiacchiera mediatica.‭

Anche nelle sue più consapevoli espressioni poetiche,‭ ‬come in quelle filosofiche,‭ ‬la coscienza femminile‭ (‬non necessariamente femminista‭) ‬conferma di poter offrire uno sguardo conoscitivo ed esistenziale‭ “‬altro‭”‬,‭ ‬innovativo,‭ ‬spesso imprevedibile,‭ ‬sempre aperto all’ascolto e alla ricezione del nuovo,‭ ‬del desueto,‭ ‬del segreto.‭

"Uccidi il padre e la madre‭ ‬/‭ ‬e che il sacrificio si compia senz’ara‭ ‬/‭ ‬alla fiamma che arde fatua‭ ‬/‭ ‬di sordo rancore immemore‭"‬.‭ ‬Così la Fattori evoca,‭ ‬in versi di grande,‭ ‬direi archetipica potenza,‭ ‬i fantasmi dell’immaginario tragico,‭ ‬il tabù freudiano e nietzscheano dell’uccisione del padre,‭ ‬della recisione dei legami,‭ ‬dell’allontanamento traumatico,‭ ‬eppure così strenuamente desiderato e perpetrato,‭ ‬dalle radici e dalle origini.‭ "‬Cassandra grida‭ ‬/‭ ‬l’ingorda ferocia‭ ‬/‭ ‬che corre sui binari di morte‭ ‬/‭ ‬con la memoria abrasa‭"‬.‭ ‬La parola-profezia del discorso poetico,‭ ‬pur essenziale e rivelatrice,‭ ‬si vota ad un silenzio criptico ed iroso‭; ‬la memoria è‭ "‬abrasa‭"‬,‭ ‬sembra dissolversi in oblio e cancellazione,‭ ‬nel momento stesso in cui anela ad essere per sempre fermata nel‭ ‬monumentum della parola scritta.‭

E la figura di Cassandra pare rinviare al mondo delle‭ ‬Troiane di Euripide‭ ‬-‭ ‬alla‭ ‬eremia,‭ ‬all‭’"‬orrido deserto‭" ‬che discende sulle rovine riarse,‭ ‬sugli altari desolati,‭ ‬sui templi rasi al suolo,‭ ‬alla notte ardente in cui danzano insieme Imeneo ed Ecate,‭ ‬l’amore e la morte,‭ ‬lo splendore e le tenebre,‭ ‬il piacere e la maledizione,‭ ‬gli spettri del desiderio furente e della gioia amara.‭

Una bellezza antica e sempre nuova,‭ ‬confortata dalla voce dei classici,‭ ‬è il solo balsamo,‭ ‬il solo lenimento che possa arginare e ricomporre le ferite e gli strappi della perdita‭ (‬in particolare quella,‭ ‬assoluta ed emblematica,‭ ‬della Madre,‭ ‬la cui figura ieratica,‭ ‬ma insieme umanissima,‭ ‬è rievocata nel fine e struggente‭ ‬Canto a Maria,‭ ‬che chiude‭ ‬Verso Occidente‭)‬.‭

Il male si attenua e si stempera,‭ ‬forse illusoriamente,‭ ‬in omerici ed eschilei‭ "‬tremiti leggeri‭ ‬/‭ ‬come l’onde del ceruleo mare‭"‬.‭ ‬Sulle memorie perdute discende,‭ ‬quasi come nell’Ade virgiliano,‭ "‬una nivea fiorita‭"; ‬la‭ "‬terra materia‭" ‬che richiama inesorabilmente a sé tutti gli esseri pretendendo l’ultimo pegno dell’esistere è sovrastata e rischiarata dalle saffiche e virgiliane‭ "‬silenti stelle‭"‬,‭ ‬da un leopardiano‭ "‬silenzio immenso‭"‬.‭

Ma,‭ ‬infine,‭ ‬baciare‭ "‬dentro il palmo‭" ‬vecchie mani amate,‭ ‬consumate dagli anni,‭ ‬è‭ ‬-‭ ‬sulla scia di Orazio e di Foscolo‭ ‬-‭ "‬come morire dentro un’urna‭"‬.‭ ‬La parola poetica si muove e vibra,‭ ‬ancora,‭ ‬sul limite ombroso e chiaroscurale di vita e morte,‭ ‬memoria ed oblio,‭ ‬identità e cancellazione.‭


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