Nani Beccalli Falco/Antonio Calabrò “Il Riscatto” (Egea/Università Bocconi Editore)

Un instant book davvero appropriato per fare il punto della situazione e costruire un futuro possibile
Che l’Italia stia attraversando una crisi sistemica di dimensioni particolari è un fatto evidente. Gli effetti di tale crisi sono sotto gli occhi di tutti. Una crisi che taglia e scarnifica in profondità quello che si è costruito nel corso di quasi settant’anni di vita repubblicana del nostro paese. E’ evidente il senso di sbandamento e confusione. Il fuoco è talmente vasto che non si sa da dove iniziare e come ovviare alle mille più una criticità in atto. Il rischio in una simile situazione è di non avere contezza della medesima e di andare a ramengo a risalire una china da cui siamo precipitati con un fragore inusuale. Insomma, anche nel caos è necessario aver quel minimo di “cum grano salis” capace di intravedere la luce in fondo al tunnel, percorrerlo fino in fondo e uscirne nel migliore dei modi possibili.
A fagiolo interviene la pubblicazione per i tipi della casa editrice dell’Università Bocconi di Milano un prezioso instant book che sviluppa un excursus su due versanti. Il prima attiene alla ricostruzione di quanto è accaduto al nostro paese in questi convulsi e drammatici mesi. Il secondo, al contrario, sviluppa il suo discorso all’interno di una programmazione delle cose da fare. Il libro pur affrontando questioni che definire epocali è poco ha parecchi pregi. In primis, un linguaggio piano e comprensibile. Il che permette al lettore di rileggere con chiarezza quanto ci sta succedendo. Inoltre, le possibilità di ovviare allo sfacelo attuale non sono presentate in modo “accademico”, ma cercando di dare un messaggio ben preciso. E cioè che ce la possiamo fare, ma a patto di avere coraggio e capacità di tenuta del tutto speciali. Non per nulla il libro di Beccalli Falco/Calabrò è intitolato “Il Riscatto”.
Il libro è suddiviso in capitoli che fanno capire in modo rapido e immediato la “mission” che gli autori si sono imposti. Un’analisi impietosa di quanto sta succedendo in Italia e una professione di fede ammirevole sulle chance di futuro che noi abbiamo. Poiché è da chiarire un punto essenziale: non siamo spacciati. Basta far lezioni degli errori – troppi – del passato e rielaborare l’assetto generale del nostro paese per costruire il futuro. Il primo capitolo ha un titolo azzeccato in tutto: “Impresa è Cultura”. Il messaggio che si lancia in questo capitolo attiene a un ragionamento sull’essenza stessa dell’Italia. Essenza che è collegata in modo sviscerale a un termine in apparenza desueto: cultura. E’ la cultura la nostra risorsa prima. E’ da lì che bisogna ripartire. Cultura significa capacità di pianificare, elaborazione di una mentalità economica di attenzione all’uomo, sviluppo di idee nuove, meticolosità del proprio lavoro e promozione degli aspetti più caratterizzanti del nostro paese. Naturalmente per raggiungere tale obiettivo – impresa è cultura – abbiamo la necessità di rimuovere tutti gli ostacoli che hanno reso meno vincente il modello italiano dopo i fasti del boom economico. Ostacoli che hanno tutta una sfilza di sinonimi: burocrazia, corruzione, criminalità, marcato asfittico, liberalizzazioni fragili, fiscalità ingombrante e una giustizia fautrice di ingiustizie. I problemi, insomma, si conoscono. Basta finalmente mettere da parte ideologismi, ipocrisie e malafede per avviare quella “Fabbrica di idee contro la crisi” che è il titolo altrettanto azzeccato dell’ultimo capitolo del libro”.
In sede di conclusione voglio rendere disponibile il testo della scheda di presentazione del libro: “Un top manager e un giornalista diventato uomo d’impresa si confrontano per offrire un contributo di riflessione e proposte per una ripresa dell’Italia attraverso un programma di nuova industrializzazione. È proprio vero che l’Italia non attrae gli investimenti internazionali? Vogliamo solo continuare a lamentarci? In realtà c’è anche un’Italia positiva. Siamo il secondo paese manifatturiero d’Europa, dopo la Germania, con una rete di imprese soprattutto medie e medio-grandi competitive, eccellenze non solo nella moda, nel design e nell’alimentare, ma anche nell’industria delle macchine utensili, nella meccanica di precisione, nella chimica. Storie di successo dell’Italia multinazionale all’estero: Fiat-Chrysler, Pirelli, Luxottica; e vicende esemplari di multinazionali estere in Italia: che cosa fanno, perché restano nonostante tutto, perché non ne arrivano di nuove? Sono tanti gli ostacoli, per chi voglia investire in Italia: burocrazia, corruzione, lentezza della giustizia, carenti infrastrutture e scarsa ricerca. Ma abbiamo anche molte potenzialità non ancora sfruttate. E la crisi può essere un’occasione positiva per riscattarci.” Testo che fa il paio con le brevissime note della quarta di copertina: “Qualità, cultura, mercato aperto e ben regolato: ecco la strada per la ripresa italiana” .
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