69° Mostra del Cinema di Venezia: E’ stato il figlio

Regia di Daniele Ciprì. (Italia, 2012, drammatico/grottesco, 90 min.) Con Toni Servillo, Giselda Volodi, Aurora Quattrocchi, Alfredo Castro.
Tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Alajmo, il film racconta le vicende della famiglia Ciraulo del quartiere Zen di Palermo. Essendo stata loro uccisa dalla mafia, sia pur per errore, la figlioletta Serenella, i Ciraulo vengono ammessi al risarcimento da parte dello stato previsto per le famiglie vittime della criminalità organizzata.
Nonostante i soldi tardino ad arrivare, la famiglia inizia a spendere a destra e a manca, tanto da dovere ricorrere all’aiuto di un usuraio noto nel quartiere per far fronte ai numerosi debiti accumulati. Fra le varie spese anche una Mercedes nuova, simbolo del riscatto sociale della famiglia oltre a rappresentare per tutti un motivo affettivo in quanto “figlia” del grave lutto familiare.
Ma quando il figlio Tancredi, nottetempo, usa la macchina del padre procurandole degli evidenti graffi causa un piccolo incidente stradale, Nicola (il padre – Toni Servillo)
va su tutte le furie, cosa che purtroppo causerà un altro spiacevole inconveniente.
Pur rispettando l’anima del romanzo, la trasposizione cinematografica appare più fantastica rispetto al crudo realismo del libro, grazie agli slanci di fantasia e immaginazione prodotti dal regista; le riprese, fra l’altro non sono neanche avvenute nella città di Palermo, ma in Puglia. Quello che in realtà Ciprì ha voluto rappresentare è piuttosto un’evocazione del capoluogo siciliano, senza ricorrere necessariamente agli stereotipi più comuni; in questo, un ruolo importante, ce l’ha la fotografia, volutamente a tratti sbiadita.
La storia è incentrata sulle disavventure di una qualunque famiglia italiana, più che palermitana; una famiglia legata insieme da leggi arcaiche, con un padre-padrone, pregna di quegli smarrimenti contemporanei causati dal consumismo. Nicola Ciraulo, il padre, costituisce il classico esempio negativo per gli altri, un uomo che non riesce a dare un “futuro” ai suoi figli,
anticipatore dell’apocalisse, che a tratti suscita sentimenti di pietà.
Il personaggio è complicato e la scelta dell’ attore che potesse interpretare questo ruolo non poteva che cadere sul migliore di tutti, che al momento risponde al nome di Toni Servillo; pur non essendo un siciliano, ha saputo ricostruire la gestualità della gente di Palermo che Alajmo aveva rappresentato nel romanzo. Triste e cupo nel libro, più foriero di un linguaggio originale nel film. Film potente e che emoziona, incentrato sulle facce, sulla loro disperazione, velata o palese, con un finale degno della tragedia greca.
Emerge la capacità di raccontare in una maniera nuova qualcosa che ci può o che ci potrà un domani interessare dal punto di vista sociale. Un’ultima considerazione va fatta sul nucleo poetico costituito dai due figli: non consapevoli appieno della morte, vista la giovanissima età, si trovano, malgrado loro, a doverci fare i conti, sia pur in modo e in momenti molto diversi.
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