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Morire in terra straniera

Strage di braccianti rumeni nel cosentino, investiti da un treno regionale.

di Piero Buscemi - domenica 25 novembre 2012 - 3365 letture

A volte li guardiamo con ironia mentre passeggiano sulle nostre strade durante le ore di svago o nelle mezze giornate di riposo dai lavori improvvisati e spesso mal pagati. Altre volte li vediamo alle fermate degli autobus dei ritorni a casa verso quei paesi che non ci sogneremmo mai di visitare. Polonia, Romania, Bulgaria le mete più gettonate in giorni prestabiliti della settimana, in angoli convenzionati delle nostre città. Sorridono in idiomi che non ci sforziamo neanche di comprendere. Ammiriamo i volti rigidi delle loro donne, gli sguardi arrabbiati, l’estrosità dei loro guardaroba di un vintage più colorito delle nostre vetrine di abbigliamento.

Molte volte li confondiamo nel buio delle serate estive, o delle notti anticipate d’inverno, lungo il ciglio delle provinciali, di ritorno dalle raccolte dei campi a provare a sostenere l’agricoltura italiana, uccisa da tempo dagli accordi comunitari.

Nella migliore delle ipotesi, ci fermiamo a parlare, anzi a mercanteggiare nelle fiere di paese, con questi mercanti di oggetti etnici made in China. Anche seduti ai ristoranti, respingiamo il sorriso di una rosa senza spine, che cortesi cingalesi abbandonano sulle tavole imbandite.

Troppo spesso, però, li leggiamo sulle pagine della cronaca nera. Risse tra ubriachi, accoltellamenti, prostituzione. Stupri. Sono gli argomenti più trattati sui nostri quotidiani. Ma ci sarebbe da scrivere di altre storie, forse meno nobili della cronaca italiana. Storie che sanno di sfruttamento e alienazione. Storie di donne separate e di bambini lontani a tre giorni di viaggio di distanza. Storie di cadute dalle impalcature dei cantieri. Perché, si sa, i rumeni sono i migliori muratori del mondo: lavorano in nero senza lamentarsi, sono veloci e non protestano per gli orari massacranti. E se capita l’incidente, se sopravvivono, ritornano al loro paese senza problemi e un handicap in più.

Non è stato così per i sei braccianti vittime ieri di un incidente stradale nel cosentino. Tornavano da quei campi di agrumeti, oggetti di discussione per vicende di caporalato, di prezzi imposti dalle cosche, di milioni di tonnellate distrutte per il rispetto di leggi di mercato assurde, che hanno riempito i supermercati delle regioni settentrionali di arance di tutti gli angoli del mondo, alla modica cifra di tre euro al chilo.

Ma a casa non sono tornati, quei sei braccianti agricoli rumeni. Investiti dal Sibari-Reggio mentre provavano ad attraversare la ferrovia a bordo di un’auto in una zona, solo adesso, messa sotto sequestro per le indagini di rito.

Molto probabilmente la verità non la sapremo mai. Tra qualche giorno, sarà una storia dimenticata e distratta da altri avvenimenti di discussione. Per un giorno è riuscita a mettere nell’ombra qualche altro centinaio di immigrati avvistati al largo di Lampedusa nella stessa giornata. Ma oggi occorre parlare di altro: crisi, Monti bis e primarie PD hanno già monopolizzato le prime pagine.


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