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Microcriminalità: a partire da una fatto di cronaca (e da una frase di Salvini)

La microcriminalità esiste adesso come allora e l’autore è sempre il povero, italiano o straniero che sia: i ricchi rubano indirettamente, attraverso truffe ecc. A partire da una frase di Salvini...

di Silvia Zambrini - mercoledì 2 ottobre 2024 - 754 letture

Rispetto a ieri sono cambiati gli attori: oggi i disequilibri sono dati dalla transumanza di migranti stranieri e non più italiani. E sono cambiati i mezzi di comunicazione: l’invito ad esprimersi online, sulla base di domande tendenziose, fomenta la rabbia sociale. La sostanza è rimasta la stessa.

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A partire da una frase di Salvini

Il tema della sicurezza ha sempre avuto una presa particolare su chi abita in luoghi isolati, o mal frequentati, anche se chiunque vorrebbe potersi sentire tranquillo ovunque e in ogni momento. Da sempre i periodi di transizione economica, sia nel bene che nel male, comportano dei risvolti malavitosi. In anni di miracolo economico assieme al benessere diffuso erano aumentati furti, rapine, scippi, sequestri di persona a scopo di estorsione. Allora più di adesso le periferie, con i quartieri di case disagiate frutto della speculazione edilizia del dopoguerra, erano terreno fertile per mariuoli e malviventi. Di rimpatri come soluzione per una maggiore sicurezza non si parlava perché l’immigrazione era interna. Flussi di italiani si spostavano verso le città dell’industria dove si ritrovavano a condividere piccoli appartamenti, a soffrire il freddo, a pagare tutto più caro. Di operai c’era bisogno ma il Nord Italia non è stato ovunque disposto ad accoglierli e c’era insoddisfazione verso lo Stato che non proteggeva i cittadini. Ciò nonostante non si osava parlare pubblicamente di legge del taglione, giustizia privata, fai da te ecc. In anni di strategia della tensione, terrorismo e rapimenti, la sottrazione indolore di un portafoglio, di una borsa o di una bicicletta, era ancora il male minore. Anche allora c’erano reazioni aggressive da parte di chi subisce un furto ma non se ne discuteva in termini di fenomeno sociale, per il quale accusare politiche di accoglienza verso chi viene da fuori. La microcriminalità esiste adesso come allora e l’autore è sempre il povero, italiano o straniero che sia: i ricchi rubano indirettamente, attraverso truffe ecc.

Allora come adesso c’era chi pensava che un borseggiatore fosse responsabile delle sue azioni quand’anche pagate con la propria vita ma attualmente, il sistema di rete rende manifesto lo sfogo di frasi efferate verso chi è morto e di elogio verso chi, per riavere il maltolto, lo ha ucciso con accanimento. E viene chiesto agli utenti cosa pensano a riguardo: una sorta di “sondaggio” che già suggerisce la risposta con la premessa che la morte di una persona è sempre tragica ma in certi casi uno se la va a cercare. É questo un aspetto inquietante dei nuovi mezzi di comunicazione che invitano la gente ad esprimersi visceralmente. Ancora più grave quando la conta viene indetta da un politico che tutti conoscono attraverso i mass-media. Chi rappresenta le istituzioni, almeno formalmente dovrebbe essere contrario alla violenza qualsiasi sia la causa e, anche in caso di legittima difesa (non questo), lasciare che sia la giustizia a stabilire le responsabilità.

Questi numeri vengono raccolti attraverso questioni con le quali ognuno più o meno direttamente ha avuto a che fare. Pur non avendo valore statistico istituzionale rappresentano un dato cui chiunque può accedere e contribuire attraverso un potere molto subdolo rispetto ad altri siti di chiara istigazione alla violenza perché un sondaggio, quand’anche fazioso, attraverso l’invito ad esprimersi liberamente mantiene parvenza di neutralità: un’ambiguità di fondo in grado di condizionare il pensiero individuale e condiviso. Ancora più facilmente quando tratta sentimenti di paura, vulnerabilità; situazioni di abbandono.


Questo articolo è stato diffuso da Fana.one.



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