MayDay Parade. Cronaca di una festa rovinata
Primo Maggio di fuoco a Milano. Bruciate auto e sfasciato vetrine da parte di un migliaio di “neri” che non c’entravano nulla con il corteo. Perché la polizia pesta solo operai e studenti?
Già Alberto Giovanni Biuso ha scritto, su queste colonne, a caldo, una parte della cronaca della giornata del 1° Maggio a Milano. Soprattutto le considerazioni su quello che è avvenuto, le provocazioni del “blocco nero”, la regìa che sembra stare dietro a questi episodi di guerriglia urbana.
Qua voglio solo raccontare la mia esperienza, diretta, di partecipante al corteo di Milano, come l’ho vissuta, cosa ho provato vedere Milano bloccata da un migliaio di energumeni che nulla avevano a che fare con le finalità della manifestazione: celebrare la Festa del Lavoro e dire No all’Expo, una vetrina inutile e dispendiosa che ha già fatto tanti danni e che i milanesi, e non solo, pagheranno per anni.
Ore 14,30 – Risalgo, in senso contrario, le strade che fra poco saranno attraversate dal corteo. A metà di via San Gottardo diventa difficile raggiungere piazza XXIV maggio, zona del concentramento, la piazza dove ogni anno parte il MayDay Parade, a ridosso dalla Darsena che si è fatta “bella” per l’Expo. Difficile per le tante persone pronte per partire, per un corteo che sembra molto partecipato. In testa al corteo la Banda degli Ottoni a Scoppio che compie trent’anni di vita e che per festeggiare l’anniversario ha invitato al corteo le bande musicali di diverse città italiane ma anche straniere, da Ginevra, Monaco, Parigi ecc. E’ un clima di festa, le bande suonano, la Banda degli Ottoni, premiata con l’Ambrogino d’Oro massima riconoscenza cittadina, allieta l’attesa con musiche non soltanto legate al 1° Maggio o alla Resistenza, ma anche con musiche tratte dalle colonne sonore di film celebri come Amarcord.
Ore 15,00 – Ad una trentina di metri dalla banda, un gruppo di poliziotti, in borghese, con radiolina incorporata attende la partenza del corteo. Sono cinque o sei, giovani. Con loro anche alcuni graduati della Polizia municipale, in divisa. Fra i poliziotti uno meno giovane, piuttosto corpulento, alto, pancia debordante dai pantaloni. Su un braccio un tatuaggio. Fa stretching in mezzo alla strada a beneficio di chi lo osserva, poi indossa dei guanti neri senza motivo e si “pesta” un pugno, ritmicamente, contro il palmo dell’altra mano. Penso che davanti ad uno così sarebbe difficile cercare di ragionare.
Ore 15,19 – Il corteo comincia lentamente a muoversi. La gente assiepata ai bordi, applaude alle bande, agli striscioni delle fabbriche in lotta. Il corteo è molto fitto. A fine corteo la questura dirà che hanno partecipato 20 mila persone, ma a mio parere sono molto di più.
Ore 15,30 – Continuo a stare fermo al lato del corteo che è sì gioioso, con canti e clown ma nello stesso tempo molto triste. Triste perché la mancanza di lavoro si sente e perché il colore predominante è il nero. Non sto ancora parlando del “blocco nero”, ma dei manifestanti pacifici della manifestazione. Milano è una città depressa e nera. I vestiti, nelle vetrine, sono neri, i vestiti che indossano i manifestanti sono neri. La giornata è plumbea, grigia, con una pioggerella fitta.
Ore 15,40 – Si fatica a camminare e ad un certo punto il gruppo relativo ad un “blocco nero” si ferma proprio davanti a me. Sono tutti travisati, felpe nere con cappucci alzati, giacche nere. Molti hanno le maschere di Anonymous. Proibiscono le fotografie. Un ragazzo, che poi scoprirò essere straniero, con il cellulare tenta di fotografarli. Subito arriva uno che impedisce la fotografia mettendogli le mani davanti al telefonino. Non è travisato, non ha cappuccio, solo un giubbotto. Faccio lo gnorri e gli domando perché la proibizione. La risposta è secca ma non spiega nulla: “Questi non si debbono fotografare”.
Ore 15,50 – Passa lo spezzone dei No Tav e questo è colorato. Le loro bandiere sono bianche come le magliette che indossano con il logo dei No Tav. Uno spezzone molto più “allegro” degli altri. Tante donne anche di una certa età, uomini da cui si denota essere padri di famiglia, che stanno combattendo, da anni, a salvaguardia del loro territorio, violentato da interessi economici assurdi e dispendiosi.
Ore 16,00 – Sta arrivando lo spezzone dei sindacati di base e penso di inserirmi in questo spezzone. Il fondo del corteo non si vede. Prima del camion del sindacato, passa, su una carrozzella, una persona anziana, capelli e barba bianca. Sulle gambe regge un quadro, una riproduzione dei “Funerali di Togliatti” il celebre dipinto di Guttuso. Malgrado l’umida giornata, l’anziano sfoggia una maglietta rossa senza maniche. Sul braccio sinistro un tatuaggio con la scritta P.C.I. Lo spezzone dei sindacati di base è l’unico che ha una parvenza di servizio d’ordine. In prima fila tanti immigrati ed alcune donne africane con i loro coloratissimi e preziosi vestiti. Si dimenano al suono delle musiche, cantano e ballano. Chiedo ad una come sta andando la manifestazione: “Bellissima – mi risponde in perfetto italiano – ho ballato e cantato, sono stanchissima e felice”. Poi sale sul camion e da lì continuerà a muoversi al ritmo delle musiche che enormi casse acustiche “sparano” in continuazione.
Ore 16,15 – Cominciano gli scontri. Quando arrivo in via De Amicis si comincia a notare tantissime vetrine spaccate. Sul lato sinistro, nel senso del corteo, sono tutte spaccate. Una agenzia immobiliare ha addirittura anche la porta aperta. Anche le vetrine della banca Intesa San Paolo, tra via De Amicis e piazza Resistenza Partigiana, sono frantumate e poi una concessionaria d’auto, le pensiline degli autobus, tante scritte “No Expo”. Non si vede un poliziotto.
Ore 16,30 – Il corteo si ferma. Dalla mia posizione non si riesce a capire cosa stia succedendo. Si vedono colonne di fumo innalzarsi, c’è trambusto. Dal camion deli sindacati di base, si invita alla calma, a non disperdersi, stare assieme dietro al camion. Poi si sentono alcuni scoppi e comincia ad arrivare la nuvola dei gas lacrimogeni sparati dalla polizia. Si cerca di indietreggiare, ma non è agevole mentre i gas prendono gola e occhi. Ci si comincia a bendare con fazzoletti e alcuni anche i drappi delle bandiere. Anche il camion è costretto a fare marcia indietro.
Ore 16,40 – Tento di raggirare il corteo. In una strada parallela, assieme ad un gruppetto di quattro o cinque manifestanti provo a risalire il corteo. Nulla da fare. Lo sbocco della via è impedito dai poliziotti. Non si passa. E, allora, noi da dove passiamo? Un poliziotto dice di andare alla parte opposta. Ma anche lì c’è lo schieramento di polizia: non si passa. Siamo chiusi, intrappolati. Un situazione pericolosa. Cominciamo a protestare con i poliziotti e finalmente un graduato di buon senso ci fa passare.
Ore 17,00 – In via D’Arezzo il “blocco nero” brucia le macchine in sosta. Alla fine si conteranno più di dieci auto bruciate. Le fiamme, subito molto alte, sono debellate dagli idranti della polizia. Si alza un acre fumo nero. Bruciati anche cassonetti, divelte le fioriere. In fiamme la sede della Bnl di piazza Virgilio. Una bomba carta viene fatta scoppiare all’interno della pasticceria Venchi, in piazza Cadorna
Ore 17,20 – Lanci di pietre da parte dei “neri” anche in piazza Conciliazione e all’angolo con corso Magenta. Alcuni manifestanti si recano dai poliziotti chiarendo che quei “neri” con il corteo non c’entrano nulla, sono dei provocatori, invitano a fermali. La polizia non si muove. Avviene lo stesso a ridosso della basilica di Sant’Ambrogio. Una signora si stacca dal corteo, raggiunge il posto di blocco e grida che loro debbono stare al fianco del corteo per prevenire incidenti. Nessuno si muove.
Ore 17,30 – Ormai il corteo si è sgranato. Molti tentano di ritornare a casa. Sull’asfalto restano giubbotti, caschi, pantaloni neri, scarpe E’ l’abbigliamento del “blocco nero”. Si sono liberati dai vestiti per non farsi riconoscere e arrestare dalla polizia.
Ore 18,30 – La Mayday Parade termina in piazza Amendola. Ma ormai il grosso ha già abbandonato il corteo. Una brutta giornata che era iniziata in modo determinato sulla parole d’ordine degli organizzatori, contro le “bugie” dell’Expo, lo spreco di cibo, gli Ogm, i pesticidi, contro gli sfratti, lo sfruttamento, lo JobActs e tanto altro. Il tutto vanificato da un migliaio di banditi che hanno devastato la città, impaurito le persone in un giorno di festa, i bambini con i genitori. La sera vedo in televisione gli scontri e sento parlare i nostri ministri. Angelino Alfano se la ride e non si riesce a capire perché è così contento. Poi fa il solito peloso plauso alle forze dell’ordine che “Hanno evitato il peggio con intelligenza e fermezza”. In realtà hanno fatto sfogare il blocco nero e arrestato due donne e tre uomini. Un “bottino” alquanto misero. Gli altri sono ancora in giro a preparare nuovi danni e convincere così i cittadini a restare nelle loro case, a non uscire, a non manifestare.
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