Manlio Sgalambro. Il significato di un omaggio / di Fino Giuliano

Fino Giuliano, in: Ripresa Economica, settembre 1982.

di Redazione Zerobook - martedì 27 agosto 2024 - 609 letture

Manlio Sgalambro è nato a Lentini nel 1924. Nella città natale ha trascorso l’adolescenza e la giovinezza. Nel ’41 si è iscritto «malvolentieri» all’università che non ha mai portato a termine; nel ’47 si è trasferito a Catania dove tuttora vive. Fin dall’inizio a prevalere sono stati gli interessi filosofici. Ha collaborato alle riviste Prisma e Tempo Presente però soltanto nel 1982 è uscito La morte del sole, suo primo e per il momento unico libro.

Questi scarni dati biografici accomunano Sgalambro ai «casi» Tomasi di Lampedusa e Lucio Piccolo. Comune a costoro e ad altri intellettuali siciliani è lo stesso destino, che è anche condizione storica ed esistenziale, di isolamento che trae origine dall’«esasperato e tragico eden» di una regione dove il far cultura ha sempre avuto il senso dell’avventura solitaria, mai il confronto e l’operare comuni.

Sgalambro, un «clerc che ha letto tous livres nella solitudine» ci consegna un libro dove anche il lettore dissenziente è «costretto», suo malgrado, ad interrogarsi e a mettere in discussione certezze che, alla fine, possono anche non essere tali.

Con la presentazione del libro di Sgalambro la cooperativa di servizi culturali «il Trivio» riprende la sua attività esterna. Nata all’inizio dell’anno, la cooperativa si è costituita sulla base di una ardua ma esaltante scommessa: creare qui a Lentini, le condizioni per un lavoro intellettuale serio e qualificato fornendo tutta una seria di servizi culturali basati sulla competenza, la serietà scientifica bandendo improvvisazioni ed interessi localistici. La consapevolezza è quella di operare in quest’angolo di Sicilia e i luoghi hanno un loro peso ed una corposità storica: la diaspora intellettuale, la mancanza di strutture per la cultura e il tempo libero, il malgoverno della cosa pubblica, l’incapacità della sinistra di farsi protagonista di un progetto di trasformazione del territorio hanno sfigurato il volto di questa cittadina. Per operare in questa realtà è necessario creare una domanda qualificata di cultura attorno a cui aggregare le energie migliori. L’alternativa è la rassegnazione, la decadenza magari quella descritta da Sgalambro a chiusura del suo libro: «Infine il venir meno della volontà. È un momento ineguagliabile. Uno spegnersi lento e maestoso, dolce e senza sussulti. Quasi bello come un tramonto cantato in un vecchio Lied. Fini du tout».


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