Mancasale (Reggio Emilia): rappresaglia Max Mara contro le lavoratrici

Addio al Polo della Moda, la rappresaglia Max Mara contro le lavoratrici che chiedono il rispetto dei loro diritti. Stefano Morselli (StrisciaRossa).
Max Mara Fashion Group ha annunciato la decisione “definitiva e irrevocabile” di abbandonare il progetto denominato Polo della Moda, previsto per l’area della ex Fiera di Mancasale, a Reggio Emilia. Il fulmine – non proprio a ciel sereno, ma comunque inaspettato per fragore e per conseguenze – è arrivato nel tardo pomeriggio di lunedì, incenerendo l’accordo tra Max Mara e la precedente amministrazione comunale, ora pronto in tutti i dettagli e giunto una settimana fa al traguardo del voto nell’attuale Consiglio comunale. Con approvazione quasi all’unanimità del piano di iniziativa pubblica per la realizzazione del progetto.
Il dietrofront della multinazionale della moda – nata 74 anni fa e sempre rimasta con base nella città del Tricolore – è dichiaratamente una ritorsione per la vertenza sindacale in corso alla Manifatture San Maurizio, controllata del gruppo con 210 dipendenti, la cui eco è arrivata fino in Parlamento. Da alcune settimane, con il sostegno della Cgil, le operaie hanno cominciato a protestare pubblicamente per i ritmi e le condizioni di lavoro, l’uso del cottimo, il controllo asfissiante e perfino le offese da body shaming – “grasse”, “obese”, “mucche da mungere” – che sono costrette a subire durante il lavoro. Ci sono stati uno sciopero (il primo da decenni), articoli sulla stampa locale e nazionale, una interrogazione di consigliere regionali Pd, un intervento dell’on. Marco Grimaldi (Alleanza Verdi Sinistra) alla Camera dei deputati. Ministero e Ispettorato del lavoro hanno poi confermato l’esistenza di “un clima di sfiducia nel fisiologico confronto tra parte datoriale e lavoratori, che necessita senza ombra di dubbio di una correzione”.
Quanto basta per far montare l’ira di Luigi Maramotti, attuale presidente di Max Mara, figlio del fondatore Achille. Dal quale ha evidentemente ereditato anche la storica insofferenza nei confronti delle relazioni sindacali: basti pensare che la famiglia Maramotti non riconosce il contratto nazionale di settore e lo sostituisce con un proprio “regolamento” aziendale. Già in tempi ormai lontani ci furono vertenze, anche più aspre, ma senza che i rapporti di “non belligeranza”, spesso di collaborazione, tra Max Mara e Comune, allora a guida comunista, ne venissero compromessi. Questa volta, invece, apriti cielo. La goccia – diciamo meglio: il pretesto – che ha fatto traboccare il vaso è stato il recente incontro in Municipio tra il sindaco Marco Massari e le lavoratrici di Manifatture San Maurizio. Non che, in quell’incontro, siano volati propositi incendiari: vicinanza dell’amministrazione comunale ai diritti delle lavoratrici, auspicio che maturi un dialogo con l’azienda, condivisione dell’idea che sarebbe importante l’applicazione del contratto nazionale di lavoro… Comunque troppo, almeno per la soglia di sopportazione di chi non ammette interferenze nell’autorità padronale di comando.
La rappresaglia
Così – preceduta “opportunamente” da una lettera di dissociazione dalla vertenza firmata da una parte minoritaria delle dipendenti, che per altro il sindaco ha pure accettato di incontrare – è scattata la rappresaglia. “Il Gruppo – fa sapere Maramotti – esprime sconcerto per le dichiarazioni del sindaco Massari relative alle condizioni di lavoro alle Manifatture di San Maurizio. Ci è assolutamente incomprensibile perché non abbia cercato di approfondire la fondatezza dei fatti riportati, allineandosi con le affermazioni unilaterali di una singola componente sindacale”. Ce n’è anche per la maggioranza consiliare: “Il voto favorevole di gran parte dei consiglieri al progetto è stato in realtà un voto condizionato a future verifiche sul comportamento del nostro gruppo”. Quindi, addio acquisto dell’area e addio Polo della Moda, “in conseguenza diretta del clima di divisione e strumentalizzazione che ha reso impossibile la prosecuzione del piano“.
In queste ore, ovviamente, piovono le reazioni. Il sindaco si dichiara “sorpreso e rammaricato per l’abbandono di un progetto per il quale tante energie positive sono state profuse da entrambe le parti”. Ma tiene il punto sulle pretese di Maramotti: “Il libero dibattito democratico che si sviluppa in Consiglio comunale va rispettato, così come è dovere del sindaco e dell’Amministrazione ascoltare tutti i lavoratori e le lavoratrici che ne facciano richiesta. Ho cercato il presidente del Gruppo Max Mara nelle scorse settimane, senza che ci sia stato modo di incontrarsi. Auspico che ci sia a breve l’occasione per riprendere il dialogo”. Sul piede di guerra le opposizioni di destra, che del sindaco – a loro avviso colpevole di lesa onorabilità dell’azienda e della famiglia Maramotti – chiedono addirittura le dimissioni. Di parere opposto l’on. Grimaldi, che ha raccontato la vicenda in Parlamento: “La famiglia Maramotti non è al di sopra della Costituzione, né dello Statuto dei Lavoratori. L’Ispettorato del Lavoro ha confermato le criticità denunciate dalle lavoratrici, perciò quei padroni farebbero bene a mostrare meno arroganza”.
Di decisione strumentale e incomprensibile parla Il segretario provinciale della Cgil, Cristian Sesena: “Mai abbiamo chiesto di subordinare l’approvazione del piano urbanistico ad una felice soluzione dei problemi delle maestranze interessate dalla agitazione sindacale. Nell’incontro con il sindaco, le stesse lavoratrici hanno espresso il loro plauso al voto consigliare, riconoscendo il valore per Reggio Emilia di quel piano di recupero e chiedendo nel contempo che il tema qualità del lavoro rimanesse in agenda per il futuro. Non tollereremo in alcun modo, forme di pressione, ritorsione, colpevolizzazione verso le lavoratrici e i lavoratori di Manifatture San Maurizio, che hanno solo avuto il coraggio di denunciare condizioni davvero poco in sintonia con i tempi e gli standard di qualità del lavoro che un colosso industriale come Max Mara dovrebbe prefiggersi”.
L’articolo di Stefano Morselli è stato diffuso da StrisciaRossa.
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