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“Mafie e dintorni” presentato a Vallo Torinese

Nel pomeriggio di sabato 24 febbraio, all’interno di un caffè letterario di una cittadina poco distante da Torino, è stato presentato il libro “Mafie e dintorni. Il fenomeno delle mafie e i loro rapporti con lo Stato e la società civile” di Franco Plataroti

di Redazione Zerobook - mercoledì 28 febbraio 2024 - 512 letture

Edito da Zerobook nel settembre 2023, il volume raccoglie gli articoli pubblicati dall’autore nell’arco di un triennio circa su “Girodivite” e si incardina su una tesi di fondo: la persistenza delle mafie dovuta alla collaborazione, all’aiuto, al supporto di quelli che chiama “dintorni”, ossia i pubblici poteri e la società civile nelle sue variegate espressioni, oltre che la massoneria, la Chiesa, le frange eversive neo-fasciste.

Organizzato dal Caffè letterario “Circol”, in collaborazione con la biblioteca locale, l’incontro ha toccato alcuni punti tematici del volume, dalla questione, appunto, dei “dintorni” a quella dell’antimafia e delle sue contraddizioni, dal problema della genesi mafiosa all’ambito delle cosiddette zoomafie, ossia le attività illecite che procurano proventi alle consorterie mafiose attraverso lo sfruttamento del mondo degli animali non umani (combattimenti fra cani, corse dei cavalli, traffico di cuccioli, bracconaggio di frodo delle acque interne, appalti dei canili ecc.). In particolare, l’autore ha insistito sulla sempre più sfuggente divisone tra mafiosi e sodali non mafiosi, tra coloro i quali entrano nel tavolo da gioco dell’illecito pur non essendo affiliati e il cui operato garantisce le lucrose attività criminali: dal giovane informatico che trucca le slot machine dei bar per conto della ‘ndrangheta all’architetto che cura la costruzione di un bunker, dal veterinario che convalida la macellazione clandestina di carne all’analista chimico che falsifica la documentazione relative alla tipologia di rifiuti che si appresta a essere trasportata in qualche nuova o vecchia “terra dei fuochi”.

Accanto al problema dell’atteggiamento etico, dei comportamenti collettivi che rendono sempre più fluido il confine tra homo sapiens sapiens e homo sapiens mafiens, l’autore ha poi trattato, sollecitato dal moderatore – un suo lontano compagno di classe, Alberto Airaudi –, il problema della memoria storica, a partire dalla latitanza del tema mafioso dall’agenda scolastica e, in particolare, dai manuali di storia scolastici. Così come ha evidenziato una certa tiepida accoglienza del fenomeno a livello universitario, considerato che solo il 2% circa dei docenti accademici si occupa di mafie. Ne è emerso un quadro problematico della questione mafie nel nostro Paese. In particolare, il pubblico si è come irrigidito, fra disappunto e amarezza, quando l’autore ha citato una frase vergata, nel 2018, dalla Commissione parlamentare antimafia presieduta da Rosy Bindi. Si parlava di antimafia, della sua attuale fase critica tra protagonisti dell’antimafia processati – Antonello Montante, Silvana Saguto, fra gli altri – e una qualche incapacità del movimento di cogliere i cambiamenti profondi delle consorterie criminali. In questo contesto, il relatore ha riportato la citazione: «se la mafia è più debole, la società però è più mafiosa di una volta». Frase che sintetizza, per certi aspetti, il senso più profondo dell’intervento dell’autore, in questa come in altre occasioni.

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Franco Platorori durante la presentazione

È dentro questa cornice un po’ greve che il pubblico, al termine della presentazione, ha posto alcune domande all’autore. In particolare, alcuni insegnanti presenti in sala hanno domandato quale fosse l’opinione dell’ospite riguardo il ritardo della scuola sul tema. Mancanza maliziosa o sottovalutazione del problema o casualità? L’autore ha risposto che, dal canto suo, non può che pensare a quelle mancanze come a una scelta politico-ideologica ben precisa. Qualcun altro ha invece posto l’attenzione sul problema della mancanza di spazi di approfondimento televisivo su temi scottanti come questo. L’ospite del caffè letterario ha osservato che è vero che, tranne importanti eccezioni, sono assenti dai palinsesti trasmissioni capaci di entrare nella questione con sguardo analitico e con coraggio civico. Ha anche aggiunto, però, che per decenni siamo rimasti a negare il problema, a ignorarlo, a evitarlo, mentre intorno a noi i boss costruivano i loro reticoli illeciti, aiutati anche da questo mettere la testa nella sabbia.

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Il pubblico intervenuto

Qualcuno poi, attraverso un percorso logico implicito non difficile da decodificare, ha legato il tema del pomeriggio alle manganellate portate dalle forze dell’ordine sugli studenti di Pisa e di Firenze. Forse, parte di questo legame logico attiene a un passaggio affrontato in precedenza dall’autore, quando, per sottolineare il peso non irrilevante delle mafie nella storia del nostro Paese, ha ricordato il​ soffocamento delle rivolte contadine di fine Ottocento anche grazie alle armi mafiose. Certo, la donna del pubblico che ha posto la domanda non pensava alle manganellate toscane come frutto dell’azione mafiosa, ma è indubbio che abbia pensato a un dato comune: l’irritazione dei poteri per qualsiasi forma di dissenso, tragico o meno tragico che sia. La prossima presentazione del libro avrà luogo presso l’istituto superiore torinese “Plana”, lunedì 4 marzo dalle ore 17 e sarà aperta al pubblico.


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