Ma il crocefisso nelle scuole NON è previsto dalla legge
La Corte Costituzionale NON ha deciso che il crocifisso va mantenuto nelle aule scolastiche. Si è dichiarata incompetente a decidere, ma tutti hanno preferito glissare sul reale contenuto della decisione della Corte Costituzionale.
La Corte Costituzionale NON ha deciso che il crocifisso va mantenuto nelle aule scolastiche. Si è dichiarata incompetente a decidere, ma come al solito l’informazione di prime time e gli urlatori approssimativi di approssimative notizie hanno preferito glissare sul reale contenuto della decisione della Corte Costituzionale. Stavolta ha trionfato il bene, buon Natale!
(riceviamo e pubblichiamo)
Non si tratta, in questo caso come in molti altri, di pura disinformazione ma di manipolazione delle notizie a fini propagandistici. E’ bene che i cittadini italiani, alunni di seconda media seduti all’ultimo banco, non sappiano, non conoscano le regole, le prerogative e le competenze che uno Stato democratico distribuisce tra i suoi organismi per farne garanzie, è bene che il cittadino scemo veda solo il bianco e il nero, i crociati e gli infedeli.
Le norme regolamentari di 80 anni fa non contengono alcun obbligo per le scuole. Non essendoci una legge specifica, lo Stato e le Scuole devono applicare il principio supremo di laicità dello Stato. Quindi le scuole devono rispettare tale principio e non devono affiggere simboli religiosi.
La pronuncia, al contrario di quanto parrebbe aver imprudentemente affermato qualche mezzo di informazione, è meramente processuale, poiché si limita ad affermare che la Corte costituzionale non è competente a giudicare della legittimità delle norme censurate (in quanto contenute, in realtà, in fonti regolamentari e non in fonti legislative).
La Corte Costituzionale afferma che le norme impugnate "si limitano a disporre l’obbligo a carico dei Comuni di fornire gli arredi scolastici, rispettivamente per le scuole elementari e per quelle medie", ma allo stesso tempo circoscrivono "il loro oggetto e il loro contenuto solo all’onere della spesa per gli arredi". Insomma, dell’obbligo di esposizione del crocifisso nelle norme regolamentari impugnate non si parla affatto.
Infatti la tabella allegata al regio decreto del 1928 "contiene soltanto elenchi di arredi previsti per le varie classi, elenchi peraltro in parte non attuali e superati, come ha riconosciuto la stessa amministrazione".
L’art. 118 del r.d. n. 965 del 1924 "si riferisce bensì alla presenza nelle aule del Crocifisso e del ritratto del Re, ma non si occupa dell’arredamento delle aule, e dunque non può trovare fondamento legislativo". Infine - conclude la Corte - non ha alcun valore il fatto che l’art. 676 del testo unico preveda che rimangono in vita tutte le norme non espressamente abrogate dallo stesso testo unico, perché "l’eventuale salvezza" di norme "non incluse nel testo unico e non incompatibili con esso, può concernere solo disposizioni legislative e non disposizioni regolamentari".
Il segnalato problema di legittimità riguarda il fondamento legislativo delle norme regolamentari (che l’ordinanza della Corte non ha indicato). Il problema amministrativo dovrà ovviamente trovare soluzione nel giudizio principale, da parte del Tribunale Amministrativo Regionale remittente.
da http://www.democrazialegalita.it/scuolacrocifisso.htm
Il comitato direttivo dell’associazione "Per la Scuola della Repubblica" Tel. 06 3337437 telefax 06 3723742 e-mail scuolarep@tin.it sito www.comune.bologna.it/iperbole/coscost
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Non mi pare ci siano dubbi sul fatto che il crocifisso nelle scuole NON sia previsto dalla legge, ci mancherebbe altro! E’ però anche vero che viviamo in un paese libero e democratico (per fortuna!) e tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge deve intendersi permesso; al contrario dei paesi totalitari, dove non si può fare tutto ciò che non è contemplato dalla legge. Se ne deduce quindi che il crocifisso PUO’ essere affisso alle pareti delle aule scolastiche, dal momento che da noi non vige alcuna legislazione scolastica laicista. Esporre il crocifisso è a mio avviso una bella cosa, non per manifestare istinti da crociata ma perchè guardando questo simbolo noi ci si specchia nella nostra storia, nella nostra cultura, insomma ci si riconosce per quello che siamo stati e per quello che siamo diventati oggi. Chi vuole estirpare questo simbolo in nome del relativismo etico commette un’enorme sciocchezza e s’immerge nella cultura del nulla.
A prescindere dal significato che ciascuno può dare al crocefisso, affiggerlo in una classe non è la libera scelta di un privato cittadino (altrimenti avremmo le pareti delle classi come le camerette dei bimbi!!) ma decisione dell’Istituzione e quindi dello Stato. E lo Stato, nè un suo amministratore, per fortuna, non può fare quel che l’umore gli detta ma è tenuto a mantenersi nei limiti previsti dalle norme della Costituzione, della Legge e poi dei Regolamenti. Viva la democrazia!
caro sig. Rima lei ha perfettamente ragione quando dice che tutto ciò che non è espessamente vietato dalla legge è liberamente lasciato alla discrezionalità dei cittadini, ma il problema in realtà è altrove. e precisamente nella sensibilità (la chiamo così, non senza amaro sarcasmo) delle istituzioni scolastiche di tutti i livelli che dovrebbero far sì che qualsiasi immagine afferente ad una precisa identità religiosa o culturale in un luogo istituzionale, quindi aperto a tutti, come la scuola - ma analogo discorso dovrebbe valere per le aule dei tribunali dove ancora troppo spesso si trovano crocefissi - non sia presente, prorpio per rispettare la laicità dello stato. quando dico laicità dello stato non intendo un modo di pensare e di sentire le profonde questioni di identità religiosa che debba imporsi alle nostre istituzioni pubbliche contro le altre diverse sensibilità. la questione non è quella di un modo di essere (laico) contro un altro (credente). la laicità dello stato, al contrario, è fondamentale perchè con essa si afferma la non supremazia (è la parola giusta) di una confessione, di alcuni cittadini, su altri. lo stato, in poche parole, non abbraccia (non dovrebbe) un’identità laica come un privato cittadino ma è asettico, non permeato da valori e principi religiosi e identitari specifici, è super partes. lei inotre parla della nostra storia e della nostra cultura, niente da dire se un privato cittadino vuole fondare la propria identità culturale su specifiche basi religiose, ma mi chiedo perchè queste debbano per forza essere le stesse anche per me e per chi ha altre fedi pur essendo da sempre cittadino italiano. voglio dire, riconosco che la religione cattolica ha avuto larga parte nella fondazione dell’identità e della nostra cultura di italiani, ma chi oggi non vuole abrracciare quei fondamenti? chi ne ha altri cosa dovrebbe fare? in definitiva, l’impegno di alcuni cittadini italiani a togliere i simboli religiosi dalle aule delle istituzioni pubbliche non è altro che il tentativo di non rimanere marginalizzati prorpio dentro il nostro paese. ognuno si dia la propria identità, anche quella che lei definisce del "relativismo etico e della cultura del nulla", ma lo stato e le sue istituzioni le contenga tutte evitando di metterne una sopra le altre.
Ho provato varie volte a rispondere all’intervento del sig. Oriti e spero che questa sia la volta buona...la sua concezione di Stato non mi piace affatto, caro sig. Oriti. Lei lo interpreta come un qualcosa che ci sovrasta, un gelido contenitore di culture molteplici, una sorta di tutore asettico della "par condicio" di scalfariana memoria per tutti i suoi sudditi. Insomma, il suo modello ideale è uno Stato etico senza etica, detto così per semplificare. Al contrario, lo Stato dev’essere, a mio avviso, il riflesso di un popolo con tutta quanta la sua identità, la sua memoria storica, la sua anima profonda. Perchè dovremmo togliere il crocifisso dalle NOSTRE scuole? E perchè mai questo simbolo familiare dovrebbe offendere la sensibilità di gente come me o come lei che, credo, sia cresciuto dicendo le sue preghierine accanto al letto senza per questo avere incubi paurosi? I motivi sono altri, non la presunta lesa sensibilità di chicchessia. Voi volete rimuovere, insieme al crocifisso, una porzione importante della nostra identità occidentale, della quale vi vergognate come se fosse um marchio infamante. Mah, questa linea - diciamo così - "nichilista" non potrà mai portare lontano. Nino Rima.
Gent.mo sig. Rima, la sua lettera è offensiva per quanti, essendo italiani come lei, non condividono la sua religione. Gli Ebrei, per esempio, sono in Italia da prima che esistesse il Cristianesimo e non mi risulta utilizzino il crocefisso come simbolo. I Valdesi, che, come pochi sanno, sono una confessione a pieno titolo italiana, non vedono nel crocefisso questo simbolo assoluto che ci vede lei; si può pensare, comunque, che questo dipenda dal fatto che troppi di loro sono stati costretti dai cattolici a baciarne uno mentre stavano per essere arsi vivi. Per me, non credente, il crocefisso nei luoghi pubblici rappresenta soltanto il risultato tangibile dell’opera del Duce. La storia d’Italia è la storia dell’emancipazione dalla Chiesa e dal suo oscurantismo. Basta dare un’occhiata ai nomi più noti del nostro Risorgimento per rendersene conto: Garibaldi era socialista ed anticlericale, Mazzini ha fondato la Repubblica Romana contro il volere del papa, Cavour si è fatto scomunicare espropriando i territori posseduti dai conventi e sopprimendo gli ordini contemplativi e dopo l’episodio della breccia di Porta Pia (il vero giorno dell’unificazione italiana, 20 Settembre 1870) un’intera generazione di politici italiani e dei loro votanti fu scomunicata da Pio IX. Ci sarebbero molte altre cose da aggiungere sulla laicità in Italia, ma per ora vado a dormire.
gentile signor Rima. lei ha colto nel segno quando afferma che il mio ideale di Stato è quello che non contiene aluna etica - quindi non "uno stato etico senza etica" - ma mi premetta di dissetire quando afferma che le istituzioni statali devono accogliere istanze culturali e identitarie di un parte dei suoi cittadini. mi spiego, tutto quello che afferisce alla sfera della identità culturale privata dei cittadini, siano essi la maggioranza, di un paese non può, in quanto identità privata, dare forma e improntare le istituzioni pubbliche, che appunto perchè pubbliche devono accogliere tutti. la mia, continuo a cercare di spiegarmi, non è una questione sul valore di merito della religione cattolica o sulla laicità (che lei continua ad attribuire allo stato come un’impronta culturale che invece identifica solo i singoli). la questione invece sta tutto in quel "nostre" che lei utilizza, in parte, un po’ impropriamente. perchè, infatti, non dovrebbero sentirlo come loro le istituzioni scolastiche pubbliche (in questo aggettivo c’è tutto il senso del mio articolo) i cittadini italiani che non vogliono avere nulla a che fare con la religione cattolica? lo stato, la "res pubblica" è incarnata anche da loro e per questo tutte le questioni di carattere privato, come la coscienza culturale e religiosa, devono restare all’esterno delle strutture pubbliche. in fondo lei potrebbe ben capirmi se solo considerasse che alla stessa maniera di come lei non vuole quella idea di stato "come un qualcosa che ci sovrasta", alla stessa maniera tantissimi altri cittadini - tra i quali tanti che da bambini recitavano le preghierine e neanche ora disdegnano di farlo - non vogliono marchi approprianti, e quindi esclusivi, sulle istituzioni pubbliche.
Devo aver espresso male il mio pensiero, caro sig. Confalonieri, e me ne scuso. La mia arringa in difesa del crocefisso non aveva alcun riferimento alla Chiesa ed alla sua ev. ingerenza nelle faccende pubbliche. Per me il crocifisso è un segno di riconoscimento, il richiamo visibile alle nostre radici cristiane, il fondamento di un percorso storico che ci ha condotto - indubbiamente fra inenarrabili errori, roghi compresi - ad una società più libera e tollerante, dove il rispetto per l’individuo viene (o dovrebbe venire) in primo piano. Che un simbolo del genere possa risultare offensivo per chicchessia, faccio proprio fatica a comprenderlo. Non è che la sua (del crocifisso) scomparsa dalle scuole o dai tribunali sarebbe una catastrofe cosmica, per carità, però non mi va proprio a genio l’idea del "supremo interesse laico" dello stato. Già l’idea di ritrovarmi uno stato sopra la testa m’indispone, per me lo stato è altra cosa, figuriamoci se posso tollerare quella di uno stato "asettico": mi sentirei trattato da suddito pidocchioso! Ad ogni buon conto le sue bordate anticlericali non colgono il segno perchè, purtroppo per lei, sono tutt’altro che una vecchia zia bigotta. Mi considero credente, a modo mio, ma piuttosto reprobo quanto a devozione. E comunque, per chiudere, non bisogna avercela con le vecchie zie bigotte perchè furono proprio loro a salvare l’Italia il 18 aprile 1948 da un possibile "glorioso" destino proletario. Saluti. Nino Rima.
Ritengo che abbia espresso la questione molto correttamente sig. Rima: quel simbolo non ha per tutti lo stesso significato, per quanto lo trovi difficile da digerire. Questo perché esso è e resta un simbolo religioso. Per me, tra le altre cose, resta comunque l’oggetto che Giordano Bruno si rifiutò di baciare prima di essere arso vivo. Oggetto cristiano che, per inciso, vede come suoi principali difensori alcuni politici leghisti che qualche anno fa celebravano riti pagani alle sorgenti del Po.
Il dibattito acceso su questa pagina, a cui hanno partecipato persone con le più varie opinioni, è una dimostrazione evidente del fatto che non si può ridurre la cultura italiana al solo cristianesimo. E questo non da oggi, ma da sempre.
Se si trovasse in veste di imputato in un tribunale in cui sotto la scritta "la legge è uguale per tutti" ci fosse un simbolo musulmano (tanto per dire): si sentirebbe tutelato o penserebbe che in quel tribunale alcuni sono più uguali degli altri?
Dunque, caro sig. Oriti, se ho capito bene, il crocefisso sarebbe il "marchio appropriante" di un gruppo privato di cittadini, sia pure maggioritario, ed in quanto tale non avrebbe diritto di asilo in alcun edificio pubblico dello Stato, anzi ne sarebbe di fatto un usurpatore. Il punto fondamentale della questione è però il seguente: che cos’è lo Stato? Leggo: "comunità radicata in un det. territorio e politicamente organizzata con un governo sovrano". Ne deriva che, per definizione, lo Stato una qualche identità deve avercela: se anche fosse popolato da zombies avrebbe quanto meno un’identità "zombiesca", mi spiego? Stando così le cose mi riesce assai difficile immaginare il suo Stato "asettico" (calato da Marte?) gestore e garante di una società multiculturale dove vige una rigorosa "par condicio" delle identità. Mi sembra un’ipotesi utopistica, inverosimile, abbastanza orrida anche. Lei, poi, trascura un dettaglio non proprio irrilevante: il crocefisso nelle nostre scuole (mi perdoni l’aggettivo possessivo ma proprio non mi riesce di farne a meno) è comunque presente da tempo e poco m’importa quale fatto storico (il Concordato di Mussolini, poi convalidato dalla nostra Costituzione Repubblicana col voto determinante del PCI di Togliatti,NB) ce l’abbia portato. C’è e tanto mi basta. Volerlo rimuovere ad ogni costo sarebbe un po’ come togliere ad una vecchietta la sua pensioncina, non le pare? Credo che neppure il Cav. si azzarderebbe a togliere un diritto acquisito di qualsivoglia gruppo privato. Per concludere: la vostra battaglia mi sembra dettata più da eccesso di "pol. correct." che da autentica convinzione morale. Saluti. Nino Rima.
vedo che proprio non riusciamo a metterci d’accordo. in fondo me ne dispiace. mi chiedo dove abbia trovato quella definizione della parola stato, credo che si possa meglio attribuire a "società" o "cittadinanza", ma potrei sbagliarmi. potrebbe dirmi da quale dizionario l’ha presa? io penso al contrario che uno stato sia un’entità giuridica e politica frutto dell’organizzazione collettiva di una popolazione residente in un territorio, tramite la quale quale esercita la sua sovranità. comunque, al di là di mere definizioni da dizionario che non ci farebbero accogliere le tesi l’uno dell’altro - anche se ci trovassimo d’accordo in esse -, penso che le nostre divergenze si centrino sull’idea della impronta culturale che debba imprimersi sulle istituzioni pubbliche. mi rendo conto che, come dice lei, la popolazione di uno stato dia "una qualche identità" alle sue istituzioni: gli inglesi mai lascerebbero la loro monarchia e gli americani mai la loro repubblica e via dicendo... ma io penso che ci sia un lmite oltre il quale non si possa andare e questo limite è l’apporre simboli esclusivi e quindi marginalizzanti parte degli stessi cittadini. inoltre non è poi così difficile immeginare uno stato in cui vige una sorta di "par condicio delle identità". non le farò l’esempio della francia, il cui governo certamente è scaduto in una forma di intolleranza ultra laicista al contrario imponendo l’eliminazione sulle persone dei propri simboli identitari. ma lei potrebbe vedere siffatti esempi in tutto il resto d’europa e negli stati uniti, mercè anche un altro illuminato principio della religione protestante che impone la riservatezza personale della manifestazione religiosa e dunque la distinzione tra stato e chiesa. infine, non credo assolutamente che la presenza del crocefisso quale simbolo identitario nelle istituzioni pubbliche sia un diritto e nemmeno che le due cose siano equiparabili. in conclusione mi lasci dire che il mio non è un eccesso di ipocrisia "politically correct" nè, tantomeno, vergogna verso la nostra identità. semplicemente - a parte cercare far notare la stortura della presenza del corcefisso nelle istituzioni di uno stato che si definisce costituzionalmente laico - cerco di non farmi affibiare quella identità culturale e religiosa - che effettivamente appartiene a noi italiani - ma che io appunto non accetto. ed in effetti la presenza del crocefisso nelle pubbliche istituzioni è un forma di imposizione e di esclusione.
Bene, caro sig. Oriti, noto con piacere che sul concetto di Stato ha dovuto fare un passetto indietro, per lo meno prendendo atto che non sia mai esistito il suo Modello Ideale. Ogni Stato possiede per forza un’identità propria, acquisita nel corso delle vicende storiche. Credo anche sia disposto ad ammettere che la profondità di un’impronta identitaria sarà correlata alla forza oggettiva della cultura che vi è sottesa. Per questi motivi, in Italia, la presenza di una Chiesa Cattolica assai potente ha sempre influenzato la nostra "res publica". Altrove, mi riferisco agli esempi da lei citati, diverse culture religiose hanno prodotto ovviamente risultati diversi, probabilmente migliori dei nostri. L’assenza di una Chiesa gerarchicamente organizzata, il rapporto diretto con Dio di ciascun fedele, la Bibbia in ogni casa con la conseguente diffusa alfabetizzazione, le teorie della predestinazione abbinate alla necessità di dimostrare il prorio status di "unto del Signore" attraverso l’ascesa sociale, tutti questi fattori hanno prodotto quel formidabile modello di democrazia e sviluppo economico che sono gli States (e, magari in tono minore, i paesi nordeuropei, NB). Qui magari il crocefisso non sarà di casa (nei pubblici edifici) ma tutta la società americana è profondamente pervasa da istanze religiose, tant’è che le ultime elezioni si sono giocate per buona parte sui valori morali e fortissimo è stato il ruolo delle comunità evangeliche. Tornando (ancora!) alla questione della mitica "par condicio" delle identità, alias relativismo etico,ho poco da aggiungere ai miei giudizi di totale dissenso verso quella che considero una filosofia aberrante. Staremo a vedere, ad ogni buon conto, se contenuti così rarefatti avranno mai la forza d’improntare in qualche modo le nostre istituzioni. Personalmente resto convinto che la moda relativista passerà senza lasciare traccia. Un’ultima battuta per il sig. Confalonieri: credo che nessuno di noi si sentirebbe rassicurato se fosse giudicato da un tribunale islamico. Un motivo in più per diffidare di certe "par condicio". Saluti. Nino Rima.
...Mentre invece essere giudicati da un tribunale Cristiano sarebbe maggiormente rassicurante? Conosco un certo Jacques de Molay che sarebbe felice di testimoniarle il contrario, poichè egli stesso, dopo una vita dedicata alla difesa della causa Cristiana in veste di Gran Maestro dell’Ordine dei Cavalieri Templari, venne indebitamente dichiarato eretico e arso vivo assieme agli ultimi Cavalieri dell’Ordine; e se come dice lei il Crocefisso dovrebbe ricordarci ciò che siamo stati o gli ideali dai quali prende le basi la moderna cultura occidentale io comincerei a riconsiderare l’idea di scetticismo verso il sistema giudiziario islamico...
Ciò che volevo dire è che proprio per garantire la tutela di ogni singolo è NECESSARIO che lo Stato Italiano rispetti e mantenga (come sentenziato nella Costituzione NB) la sua posizione di laicità. La Repubblica Italiana non riconosce e non si attribuisce alcuna religione ufficiale, pertanto io trovo alquanto ingiusto (e perchè no, ILLEGALE) che in edifici pubblici, statali, quali scuole e aule di tribunali (per la manuntenzione dei quali tutti, cattolici o meno, paghiamo le tasse) vi siano tuttora presenti Simboli Religiosi (perchè il Crocefisso non è nient’altro che questo). Gli esempi delle vecchine, delle loro pensioncine e delle vecchie zie bigotte proprio non stanno in piedi...
Buon giorno!Mi scusi se sarò brusca..l’Italia è uno stato laico?..si..abbiamo capito che nn c’è una legge che vieta o impone di avere un crocifisso in classe o in qualsiasi altro posto pubblico..quindi signor rima perchè lei e le persone che la pensano come lei obbliagate noi ad avere un corcifisso in classe?..secondo me,tutti sono liberi di avere un santino o qualsiasi altra cosa in tasca o dove preferisce..perchè fino ad adesso voi avete costretto noi (e non il contrario!!) ad avere i crocifissi nei luoghi pubblici..saluti!..caterina
(Consiglio di Stato - Sezione Sesta Giurisdizionale, Sentenza 13 febbraio 2006, n.556).
Ed ecco il cardine della pronuncia: "in Italia, il crocifisso è atto ad esprimere, appunto in chiave simbolica ma in modo adeguato, l’origine religiosa dei valori di tolleranza, di rispetto reciproco, di valorizzazione della persona, di affermazione dei suoi diritti, di riguardo alla sua libertà, di autonomia della coscienza morale nei confronti dell’autorità, di solidarietà umana, di rifiuto di ogni discriminazione, che connotano la civiltà italiana. Questi valori, che hanno impregnato di sé tradizioni, modo di vivere, cultura del popolo italiano, soggiacciono ed emergono dalle norme fondamentali della nostra Carta costituzionale, accolte tra i “Principi fondamentali” e la Parte I della stessa, e, specificamente, da quelle richiamate dalla Corte costituzionale, delineanti la laicità propria dello Stato italiano.
Il richiamo, attraverso il crocifisso, dell’origine religiosa di tali valori e della loro piena e radicale consonanza con gli insegnamenti cristiani, serve dunque a porre in evidenza la loro trascendente fondazione, senza mettere in discussione, anzi ribadendo, l’autonomia (non la contrapposizione, sottesa a una interpretazione ideologica della laicità che non trova riscontro alcuno nella nostra Carta fondamentale) dell’ordine temporale rispetto all’ordine spirituale, e senza sminuire la loro specifica “laicità”, confacente al contesto culturale fatto proprio e manifestato dall’ordinamento fondamentale dello Stato italiano".
In conclusione: "si deve pensare al crocifisso come ad un simbolo idoneo ad esprimere l’elevato fondamento dei valori civili sopra richiamati, che sono poi i valori che delineano la laicità nell’attuale ordinamento dello Stato. Nel contesto culturale italiano, appare difficile trovare un altro simbolo, in verità, che si presti, più di esso, a farlo".
Se veramente il crocifisso rappresenta tutto quello che i suoi sostenitori affermano, allora lo dovremmo portare come simbolo anche sulla bandiera italiana o esporlo anche nelle due aule del parlamento. E per la pari opportunità il simbolo della repubblica Italiana dovrebbe campeggiare anche nelle chiese e in tutti gli istituti religiosi! Non è che il crocifisso faccia paura o che non indichi, a chi ci crede, la via della salvezza, ma la scuola è un luogo dove le religioni devono essere insegnate e spiegate in modo paritario, come materia di storia delle religioni. In quanto non si capisce poi perchè deve stare nelle aule scolastiche inferiori e superiori, mentre non viene esposto nelle aule universitarie. Il crocifisso aveva il diritto di stare appeso fra il re e il duce quando ancora la religione cattolica era la religione di stato, ma quel periodo è lontano ormai, i tempi sono cambiati e anche la mentalità di una gran parte degli italiani si è affrancata dalla dipendenza settaria religiosa; perchè alla fine questa è la vera identità di tutte le religioni: una enorme setta di imboniti e creduli, contenti di aver risolto i propri dubbi esistenziali diventando credenti dell’esistenza di cose sperate, che dopo la morte siano come le religioni le descrivono e simboleggiano.