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Ma cos’è questa crisi?

Martellati da notizie contrastanti sulla situazione economica italiana di questi tempi, abbiamo raccolto testimonianze di strada, nel tentativo di scoprirne gli effetti sulla gente comune.

di Piero Buscemi - mercoledì 17 dicembre 2008 - 3079 letture

Eppure continuano a dirci che gli italiani non arrivano al 20 del mese. Anzi, qualcuno paventa il 15, come regressione ultima dell’autonomia economica familiare. Dati spesso contrastanti, che neppure il nostro Presidente Napolitano riesce a chiarificare del tutto. Poi, ci si mette pure Papa Ratzinger a esortare gli italiani al consumo selvaggio, che da cattolici, perdono qualsiasi certezza di moralità e spirito di sacrificio, sostenuto da una più mistica rinuncia alle tentazioni materiali del mondo.

Le ultime notizie, inoltre, sulla crisi del lavoro e il rientro di migliaia di lavoratori nel club dei disoccupati, rendono ancora più complicata l’analisi della situazione. Duecentomila cassaintegrati Fiat, quasi dodicimila operatori Alitalia dal futuro ancora incerto in mano della Cai, i quasi centosessantamila tagli dei precari Scuola da realizzare in un quinquennio, sembrano costituire una buona riserva di materiale da destinare ai vari veggenti e opinionisti, che si metteranno in moto in questi ultimi giorni dell’anno.

Per provare a cercare i nuovi “poveri” d’Italia, siamo scesi per strada a scrutare i comportamenti della gente comune. Il risultato è più che scoraggiante. Perché le tentazioni di fine anno sono sempre maggiori delle disponibilità economiche. Almeno, così dovrebbe essere. Una più attenta indagine sul fenomeno, ci rivela dati contraddittori.

Ci viene in mente la scena del noto film ad episodi di Luciano De Crescenzo dal titolo 32 Dicembre, che vedeva protagonista Enzo Cannavale nella parte di un povero uomo che, nonostante i problemi economici atavici, la notte di capodanno, consumava gli ultimi soldi acquistando botti di fine anno illegali.

Questo strano fenomeno di costume, descritto nel film, si integra facilmente con lo stile di vita degli italiani che, anche durante il resto dell’anno, cadono nella tentazione di farsi conquistare dalle varie proposte consumistiche che vengono pubblicizzate. Una debolezza che va in contrasto con la descrizione della crisi economica, che attanaglia le famiglie italiane, come evidenziata dagli esperti del settore. I dati statistici ci informano dello spostamento di interesse verso un più nobile consumismo, rispetto al folcloristico “pane quotidiano”, ma è davvero pretenzioso riuscire a collegare il fenomeno solo a questo periodo dell’anno.

Una discussione, ad esempio, che ha monopolizzato gli scambi di opinione del cittadino comune, non volendo entrare nel dettaglio di una diatriba di pessimo gusto e, sottolineamo inutile, davanti a problemi in teoria più gravi, è stata quella relativa alla percentuale Iva applicata nei confronti di Sky.

Fermandoci a parlare sull’argomento con le persone comuni, appariva alquanto incoerente concentrarsi su una questione che, dovrebbe rappresentare, ma di fatto non lo è, un bisogno marginale. L’adesione all’offerta di fine anno proposta dall’emittente satellitare, ha raccolto molto consenso. Sicuramente, non meno del suo diretto concorrente terrestre Mediaset Premium. Nonostante il ritocco dell’aliquota Iva.

Uno spazio a parte, meriterebbe la quota del proprio reddito annuo, che le famiglie italiane destinano alla fortuna, travestita di volta in volta, da gratta e vinci, biglietti della lotteria, lotto, superenalotto ed estrazioni varie. Basta recarsi in qualsiasi ricevitoria per osservare, giornalmente, italiani insospettabili che riversano nelle casse dello stato (tralasciamo le giocate clandestine) importi degni di una legge Finanziaria. Un esborso quotidiano, che dovrebbe riaccendere gli interessi della moralità e del buon senso, se a qualcuno importasse realmente ripulire la società da vizi simili, ma il monopolio statale su sigarette ed alcolici, aprirebbe una voragine di contraddizioni senza fondo.

Altro bene di consumo irrinunciabile, abbiamo visto, è la comunicazione tecnologica, dove telefonini quasi computer e computer quasi televisioni meritano più che una cessione del quinto sulla pensione o sullo stipendio (molte volte già Cassa Integrazione o Mobilità), con società finanziarie dai nomi accattivanti a giocarsi al ribasso clienti affamati di scambi telematici.

Adesso, c’è anche la carta famiglia, altra novità introdotta dalla Legge 133 del 2008. A parte l’importo (40 euro mensili, non garantito per il 2009) e le persone effettive che ne saranno interessate (il requisito prevede l’età minima di 65 anni e un reddito non superiore a 6.000 euro annui, che diventa 8.000 euro oltre i 70 anni; o avere meno di 3 anni ed un ISEE - Indicatore della situazione economica equivalente - in corso di validità, inferiore a 6.000 €), rimane il dubbio che chi ne usufruirà, avrà come effettivo vantaggio, una quota in più, 40 euro mensili, da destinare ai beni superflui di consumo.

Forse educare gli italiani ad una maggiore umiltà e a rinunciare alle cose superflue, sarebbe più utile. Forse, consentirebbe anche di ridare un valore reale alle mille euro al mese. Ma gli incoraggiamenti diffusi sono legati all’incremento delle spese familiari, per far ripartire l’economia, così dicono. E poi, riguardo “educare”, un politico del passato osò affermare che non fosse difficile, ma piuttosto, inutile.


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