Lo smemorato di Varedo

Con quello di Collegno non c’è partita. Giuseppe vince per 3-0
C’era una volta, in un piccolo paese della Bassa Brianza di 6 mila abitanti, una coppia che desiderava ardentemente un figlio. E il 28 maggio 1958, il figlio nasce. Gli impongono il nome di Giuseppe, patrono dei falegnami ma, forse, anche di qualche antenato della coppia. Il bimbo cresce bene e già, dopo un mese di vita, ha l’abitudine di giocare con pupazzetti con gli occhi a mandorla. Dopo due mesi di vita, già mette in fila tanti numeri. E’ una cosa sbalorditiva!
Giuseppe abita con i genitori in un cortile, dove c’è il laboratorio del padre che fa divani e l’abitazione. Insomma, casa e bottega come se ne trovano dappertutto nei paesi dei mobili della Brianza. Negli anni Cinquanta, a Varedo, si registravano 300 botteghe di falegnami, dove lavoravano 2 mila artigiani per lo più membri della stessa famiglia.
Le attese dei genitori non sono però queste. Giuseppe deve fare altro, non il falegname. E così il ragazzino va a scuola, s’impegna e, addirittura, si laurea in economia aziendale, alla Bocconi. Tutto bene? No perché i genitori hanno un grosso cruccio. Giuseppe è bravo in tante cose, a scuola fa il capoclasse, all’oratorio si fa notare da tutti, sa fare bene i conti, poi diventato adulto pratica sport, scia. Insomma, un ragazzo modello. Eppure… Sì, il cruccio dei genitori è che Giuseppe soffre di amnesie. Si dimentica tutto. Si dimentica gli ombrelli, di acquistare la pasta, i libri sulla metropolitana, le chiavi di casa. Insomma, un disastro.
Malgrado questo handicap, riesce ugualmente a imporsi. Andrà a lavorare anche alla Pirelli-Telecom. Ci resta 23 anni. Poi si dimette e si porta a casa 5 milioni di euro che, questa volta, non si dimentica di ritirare prima di spegnere la luce del suo ufficio. Da quel momento, Giuseppe è lanciato. E arriverà, addirittura, a essere amministratore delegato di Expo 2015 (240 mila euro l’anno). Prima, però, è stato direttore generale o come dicono i giornali, city manager, di suor Letizia Moratti e tanto altro.
E qua c’è un problema che riguarda l’amnesia, quello che lui non ricorda. Essendo un amministratore pubblico per Expo, deve dichiarare la sua situazione patrimoniale. Giuseppe la dichiara e sotto, in fondo al foglio, scrive: “Sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero”. Lasciamo stare l’onore e veniamo al sodo. Dichiara che a Varedo possiede il 12,5 per cento di tre immobili e la proprietà di un terreno a Zoagli, in Liguria. Per colpa dell’amnesia si è dimenticato di precisare che il terreno c’è, è vero, ma sopra c’è una villa. Una dimenticanza da nulla.
Poi si è dimenticato di informare che l’architetto che ci ha lavorato era anche l’architetto che lavorava per l’Expo. Un’altra piccola dimenticanza, causata da quella maledetta malattia. Si è dimenticato anche dell’appartamento in Engadina, vicino a Saint Moritz (e relativo conto corrente elvetico per le spese della casa). In fondo, tutte piccole cose. D’altronde, in una recente intervista, Giuseppe ha dichiarato che lui è “uomo del fare”, mica del ricordare, diciamo noi. E poi con tutto quello che doveva fare all’Expo, contare i biglietti, cercare il milione di cinesi scomparsi e tanto altro, è umano scordarsi qualcosina.
Giuseppe, quando escono sui giornali queste notizie, precisa subito che si è trattato di una “dimenticanza”. La maggior parte dei giornali crede alla “dimenticanza” e un senatore di Milano, tal Franco Mirabelli, lo difende. Al che comincio a credere che Renzi abbia ragione di voler eliminare il Senato. Ma andiamo avanti.
Siccome Giuseppe è in buona fede, pubblica il suo 730 e lì la casa svizzera appare. E così viene fuori che ha anche una partecipazione di 1 milione di euro in una società in Romania. Nel momento della compilazione, se ne era dimenticato. Ah, poi ha anche la partecipazione in un’azienda pugliese del fotovoltaico. Anche qua una semplice dimenticanza. E si è dimenticato anche di farci sapere quante persone hanno acquistato il biglietto per l’Expo, gli incassi veri.
E’ una brutta malattia quella di Peppinello nostro che oggi "corre" per diventare sindaco di Milano per il Pd, voluto dal presidente del Consiglio, il Linguacciuto Mai Eletto. Ve lo immaginate voi quando sarà sindaco? Quando dovrà fare il bilancio? Che cosa dimenticherà di mettere dentro?
Giuseppe è naturalmente uomo di mondo che ha relazioni importanti come dice nelle interviste. Sentite questa perché c’è dentro tutta la milanesità dell’uomo che si è fatto da solo, che lavora, che produce e che pensa anche agli altri: “Perché sono un uomo del fare per una città che ha voglia di correre. Perché nella mia carriera, ma soprattutto durante Expo 2015, ho imparato ad affrontare e gestire le complessità, e a fare sistema con tanti soggetti pubblici e privati…”.
Ohibò! A Milano si corre, mica come nelle altre città. D’altronde anche il candidato, diciamo di centro-destra, Massimo Parisi, ha scelto come slogan "Io corro per Milano". Messaggio criptico perché non si capisce se Parisi corre per le vie di Milano o corre per una società che si chiama Milano. Comunque, chissà come sono contenti i milanesi con la prospettiva di correre in continuazione. Qualche tempo prima di questa dichiarazione, però, Giuseppe sembrava non volesse fare il sindaco: “Sono per la vita in progress. Ho lasciato la Brianza per studiare in Bocconi. Sono entrato in una multinazionale come Pirelli a 25 anni e un gradino per volta ho conosciuto il mondo e il mestiere di manager. Io non so se voglio fare il sindaco né se sono in grado. So che non voglio pensarci adesso".
Non ho capito bene cosa significhi avere “la vita in progress”. Un quesito che mi toglie il sonno: io ho una vita “in progress”? Boh! Comunque, uno con la vita “in progress” poteva non pensarci? Lui ci ha pensato e, ora, il sindaco lo vuole fare anche perché il suocero Tullio De Rubeis – che è stato sindaco democristiano dell’Aquila per 14 anni – deve averlo consigliato per il meglio. C’è solo un problemino. C’è una legge (maledetti!) che punisce le dichiarazioni false dei pubblici ufficiali e quindi Giuseppe potrebbe anche essere iscritto nel registro degli indagati nel momento che è aspirante sindaco. Che farà la Procura di Milano? Non si potrebbe dimenticare tutto? Vabbè vedremo cosa potremo fare.
Intanto veniamo a sapere che Giuseppe è fervente cattolico. Infatti si è sposato tre volte. Mi sa che questo si dimentica, ogni tanto, di essere sposato oppure va al ristorante e come voi dimenticate l’ombrello, lui dimentica qualche moglie. L’ultima moglie, l’attuale, è un avvocato di successo. Con lei vive in una casa di 180 metri, in zona Brera, in una delle vie più chic di Milano. Ma in affitto, eh! Mica di proprietà che lì le case costano un occhio della testa e Giuseppe deve pensare a risparmiare. E a proposito di pensare: si ricorderà di pagare l’affitto?
Tre matrimoni di cui solo il primo in chiesa, da buon cattolico. E lui confessa: “Non sono felice di essermi sposato tre volte. Non ho fatto pace con me stesso”.
Beh se è per questo anch’io, pur essendomi sposato solo una volta, non ho fatto pace con me stesso.
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