Lo sciopero del Pubblico Impiego del 31 ottobre
Una stagione di lotta per contratti, stabilizzazioni e Stato sociale
Il pubblico impiego si è rimesso in moto. É questo il rilevante significato politico emerso con forza dalla giornata di sciopero del 31 ottobre indetta dall’Usb. Lo confermano senza dubbio le prime rilevazioni della Funzione Pubblica che evidenziano un’altissima adesione delle lavoratrici e dei lavoratori pubblici in particolar modo nel comparto delle Funzioni centrali. Decine di migliaia di dipendenti hanno scioperato, rinunciando ad una giornata di stipendio, consapevoli che ben altre rinunce e privazioni economiche vengono dalla perdita in termini di potere d’acquisto del mancato adeguamento degli stipendi al costo reale della vita e dalla mancata stabilizzazione dei contratti precari.
Ma oltre l’aspetto numerico ce n’è uno qualitativo che ha caratterizzato la piazza del 31 ottobre: una connotazione e una identità forte che nasce dalla piena comprensione e consapevolezza che, all’interno di un contesto dominato dall’economia di guerra, il combinato disposto della legge di bilancio con i suoi miliardi di tagli, il ripristino del blocco del turn over laddove invece occorrerebbe stabilizzare i precari e rilanciare un forte piano assunzionale, e un rinnovo contrattuale che fa perdere il 10% del potere d’acquisto dei salari, siano irricevibili sia per i servizi pubblici che per le tasche di lavoratori e lavoratrici.
La vicenda contrattuale, spesso vissuta come una stanca liturgia, è finalmente entrata ed esplosa nei posti di lavoro non solo per la drammaticità della congiuntura economica ma anche in termini di non accettazione di una traiettoria economica messa in campo dal governo che punta a delineare per i prossimi sette anni un progressivo impoverimento salariale della categoria, attraverso la fissazione di un tetto massimo di aumenti per i prossimi sei anni, mentre decine e decine di miliardi vengono indirizzati verso la folle corsa agli armamenti e le banche raddoppiano gli utili lucrando sulla crisi economica.
Questa non accettazione consapevole e diffusa è l’elemento di vera novità che sta caratterizzando la tornata contrattuale in corso, anche per effetto di quella rottura dello schema imposto da una trattativa blindata, realizzata con l’abbandono del tavolo di trattativa da parte dell’Usb. Una scelta che, rilanciata e rafforzata poi con lo sciopero della categoria, ha avuto la capacità di spostare l’azione sindacale anche sul terreno del conflitto e della mobilitazione, che poi è quello sul quale il sindacato dovrebbe sempre muoversi con naturalezza, quando i diritti di lavoratrici e lavoratori vengono messi a rischio dalla controparte.
Una giornata, quella del 31 ottobre, che parla della possibilità concreta di riscatto da parte di una categoria che oggi più che mai è chiamata a difendere e rilanciare la sua funzione sociale, quella di argine e baluardo contro le diseguaglianze sempre più esasperate dalla politica di questo governo, anche attraverso il progetto disgregativo e incostituzionale dell’autonomia differenziata.
Forti della fiducia che i dipendenti pubblici hanno espresso nella giornata del 31 ottobre, continueremo sulla strada della mobilitazione, a partire dalle iniziative che metteremo in campo nei prossimi giorni e dallo sciopero generale del 13 dicembre che costituirà un’ulteriore tappa del percorso intrapreso contro le politiche del governo Meloni. A queste condizioni, i contratti sono una truffa e pertanto irricevibili, questo oramai è ben chiaro.
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