Libertà di stampa nel mondo: l’Italia peggiora

Parole crociate in siciliano – Divorzio? Colpa di ChatGpt – Salta articolo su l’Espresso – Anziani: più internet
DIVORZIO? COLPA DI CHATGPT – Una donna, dopo 12 anni di matrimonio, ha chiesto il divorzio dal marito a causa dell’Intelligenza Artificiale. La notizia proviene dalla Grecia e la riporta Adnkronos. Tutto sarebbe iniziato come un gioco con al centro la foto di un fondo di caffè caricata su una piattaforma. La donna ha interrogato Chat Gpt chiedendogli d’interpretare i fondi di caffè. Nell’immagine del fondo del caffè, l’intelligenza artificiale ha visto una donna con il nome che iniziava per “E”. Per la moglie questo ha significato che il marito la stava tradendo e il matrimonio andava chiuso. Tutto, ora, è nelle mani degli avvocati. Dopo questo episodio si aprirà un nuovo fronte e già immaginiamo le Tv e il dibattito tra gli “esperti”. Bruno Vespa si sta fregando già le mani.
PAROLE CROCIATE IN SICILIANO – Per la prima volta su un quotidiano è stato pubblicato un cruciverba in siciliano. Sull’edizione del primo maggio de La Sicilia, i lettori hanno, infatti, trovato le palori ‘ncruciati. La griglia proposta è stata di 240 caselle. Secondo il direttore de La Sicilia, Antonello Piraneo, «l’idea è venuta a Giuseppe Lazzaro Danzuso, giornalista esperto di cose isolane, che ha materialmente stilato il cruciverba, e al condirettore Domenico Ciancio. Entrambi hanno voluto coinvolgere nel progetto, comunque aperto a tutti i contributi, anche personaggi come Gino Astorina, uno degli emblemi della sicilianità, e il prof. Salvo Menza dell’Università di Catania, autore della traduzione in dialetto catanese della storia a fumetti stampata su Topolino qualche settimana fa e che ha avuto uno straordinario successo». Domenico Ciancio ha aggiunto che il giornale destinerà «un certo numero di copie alle scuole interessate a questo progetto: siamo convinti che possa coinvolgere dirigenti, docenti e allievi».
LIBERTÀ DI STAMPA: L’ITALIA PEGGIORA – Nel giro di un anno, l’Italia ha perso tre posizioni nella classifica mondiale che ogni anno Reporter Sans Frontieres pubblica. Ora siamo al 49° posto con Paesi come Trinidad e Tobago che sono davanti a noi. Le cause? Secondo Rsf Le minacce fisiche e le intimidazioni anche giudiziarie, senza dimenticare le pressioni politiche sulla Rai, il rischio concentrazione e il tema sempre più attuale del precariato. La libertà di stampa in Italia, scrive l’Ong, «continua a venire minacciata dalle organizzazioni mafiose, in particolare, nel sud del Paese, come anche da diversi gruppuscoli estremisti che esercitano violenze. I giornalisti – prosegue Rsf – si lamentano anche di un tentativo della classe politica di ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria attraverso una ‘legge bavaglio’ che si aggiunge alle procedure bavaglio (Slapp) frequenti nel Paese». Tutto ciò, secondo Rsf, significa autocensura da parte dei giornalisti sia per il timore di eventuali azioni legali o denunce per diffamazione e sia la linea editoriale delle loro testate soprattutto per i giornalisti che seguono, specificatamente, la giustizia a causa della “legge bavaglio” voluta dalla maggioranza di Giorgia Meloni «che vieta la pubblicazione di un’ordinanza di detenzione provvisoria fino all’udienza preliminare». Rsf sottolinea inoltre che «l’annunciata acquisizione di una delle principali agenzia di stampa italiane, Agenzia Giornalistica Italiana, dal deputato di maggioranza e proprietario di diversi grandi giornali italiani, Antonio Angelucci, evidenzia la minaccia di concentrazione dei media e di conflitto d’interesse». In prima posizione ancora una volta la Norvegia seguita da Estonia e Paesi Bassi. In fondo alla classifica ci sono Cina, Corea del Nord ed Eritrea, che si collocano rispettivamente alla 178ma, 179ma e 180ma posizione. Gli Stati Uniti perdono ancora terreno e si piazzano al 57° posto (lo scorso anno erano al 55°) perché il «ritorno di Donald Trump alla presidenza sta aggravando notevolmente la situazione».
ANZIANI: CRESCE USO INTERNET – L’ultima ricerca Istat ci fa sapere che tra il 2023 e il 2024 sono cresciuti gli acquisti via web. Nei tre mesi che precedono l’intervista, i beni più acquistati tramite e-commerce sono i capi di abbigliamento (23,2%) e gli articoli per la casa (13,7). Rispetto al 2023 si consolida l’uso dei siti web o delle app per reperire informazioni dalla Pubblica Amministrazione. Continuano invece a diminuire gli utenti che usano siti web o app della PA per stampare o scaricare moduli ufficiali (-9,6 punti percentuali) e per prendere appuntamenti (-8 p.p). L’indagine sottolinea che il Mezzogiorno è maggiormente svantaggiato (77,5%) nell’uso di Internet e reso evidente da uno scarto di 7 punti percentuali rispetto al Nord e di 5,9 punti percentuali rispetto al Centro. Per quanto riguarda il titolo di studio, nelle famiglie dove questo è elevato, si usa maggiormente internet. È utilizzato per il 98,3% delle famiglie con almeno un componente laureato, il 94,4% di quelle in cui il titolo di studio più elevato è il diploma superiore mentre si scende al 65,3% tra quelle in cui il titolo di studio più elevato è la licenza media. Per quanto riguarda gli anziani, tra il 2023 e il 2024 aumenta di 2,4 punti percentuali l’uso della Rete, con incrementi soprattutto nella popolazione adulta e anziana, con picchi dei 65-74enni e in quella di 75 anni e oltre (rispettivamente di +7,6 e +6,7 punti percentuali). L’uso della Rete è prevalentemente orientato verso i servizi di comunicazione. Nel 2024, nei tre mesi precedenti l’intervista, il 73,4% degli internauti di sei anni e più ha usato servizi di messaggeria istantanea, il 66% ha effettuato chiamate sul web e il 62% ha utilizzato la posta elettronica. Diffuso anche l’utilizzo della Rete per guardare video da servizi di condivisione come, ad esempio, YouTube, Instagram, Tik Tok (57,4%). L’ascolto della musica in streaming o attraverso web radio si attesta al 49,4%. Quasi la metà degli utenti ha cercato in rete informazioni su merci o servizi (48,2%), mentre il 46% ha cercato informazioni sulla salute. Poco più dei due quinti ha utilizzato Internet per accedere a servizi bancari (44,3%).
SALTA ARTICOLO SU L’ESPRESSO – Il settimanale è uscito il 3 maggio scorso e nel sommario c’è un articolo dal titolo «Parolin, la diplomazia dell’invisibile» a firma Susanna Turco. Ma se il lettore volesse leggerlo non può perché l’articolo è nel sommario, ma è sparito dalle pagine 20 e 21. Al suo posto una bella pubblicità. Cose che capitano com’è normale la protesta dei redattori: «L’Espresso che trovate in edicola e sulle piattaforme digitali dal 3 maggio annuncia nel sommario un articolo dal titolo “Parolin, la diplomazia dell’invisibile” che non è presente all’interno del numero perché è stato tolto dall’impaginazione, a giornale chiuso, con un atto unilaterale da parte del direttore. Pur non avendo alcuna responsabilità, come giornalisti ci sentiamo in dovere di scusarci con voi». Opposto il parere del direttore Emilio Carelli che sottolinea che «prerogativa del direttore stabilire, anche in modo ‘unilaterale’ se lo ritiene opportuno, se pubblicare o meno un contenuto. Con riferimento all’episodio citato ritengo doveroso sottolineare che, nel momento in cui la decisione è stata presa, l’autrice dell’articolo è stata convocata dal sottoscritto che le ha comunicato formalmente le ragioni della scelta…». Eh, sì. Non è più l’Espresso di una volta!
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