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Liberista sarà lei! L’imbroglio del liberismo di sinistra

La prefazione del libro di Emilio Carnevali e Pierfranco Pellizzetti si apre con questo incisivo incipit: Non c’è da meravigliarsi se, alla fine, questa parola sia stata catalogata tra quelle sconvenienti

di giorgio boratto - mercoledì 23 giugno 2010 - 5248 letture

Il Liberismo, come tanti ’ismi’ del secolo passato, ha fatto molti danni. Spesso dietro questo neologismo non c’è il liberale o il libertario, ma la mistificazione di un concetto alto, quello della libertà. Legato a tutto resta la concezione ideologica di un capitalismo che ha creato i liberisti per poi far scadere il tutto a puro consumismo: lo stesso che ora si agita per far ripartire una economia vecchia che ripete da sempre i meccanismi di crisi continue.

La prefazione del libro si apre con questo incisivo incipit: Non c’è da meravigliarsi se, alla fine, questa parola sia stata catalogata tra quelle sconvenienti, che provocano imbarazzati colpetti di tosse. Oggi è buona norma rispedirla al mittente, magari con un tono di risentito e sarcastico sdegno, come fanno gli autori di questo brillante saggio, non a caso intitolato Liberista sarà lei! Naturalmente c’era d’aspettarselo!

Il libro poi prosegue con passaggi molto illuminanti: ’Si è pensato, e lo si fa ancora, che l’economia di mercato alla fine avesse al suo interno gli strumenti per autocorreggersi e espellere le anomalie del sistema. Si pensava dall’inizio di questa forma liberale che il lassaiz-faire, il lascia fare, trovasse una naturale collocazione nella collettività. Non è stato così. L’altruismo è un valore e non un danno. Pensare che l’individualismo e l’egoismo del singolo, in breve l’avidità alla fine risultasse un bene è stato quello che ha dato la vittoria a Ronald Reagan e alla Margaret Thatcher. Oggi ne vediamo i frutti. In Italia poi abbiamo un Reagan targato Brianza che si dibatte tra un John Loke e l’Arsenio Lupin’. (pag.38)

Dal libro ricco di annotazioni sociali, politiche e di costume, oltre che di pensieri e informazioni di politica economica, emergono le figure di due autentici campioni liberali: Luigi Einaudi ed Ernesto Rossi. Sempre attuale il pensiero di Ernesto Rossi (politico intellettuale antifascista morto nel 1967): ’La maggior parte delle grandi fortune è frutto non di servizi utili alla collettività ma di operazioni predatorie, possibili con la collusione della classe dirigente industriale e la classe politica insieme all’arretratezza de e alla corruzione della nostra burocrazia’. Per Luigi Einaudi di fronte a problemi concreti la scelta non è tra una economia liberista, interventista o socialista ma perchè conviene.

Nella prefazione si esamina la coniazione di ’scienza economica’ che è servita per mettere a tacere chi contestava le scelte economiche...anzi i fautori di questa scienza furono Malthus, Ricardo e Karl Marx. Questa considerazione è un giusto prologo per analizzare quello che è venuto dopo e quello che ancora viviamo: l’economia come legge universale.

Questo è il grande inganno e ancora continuiamo a muoverci dentro questa favola. L’economia è una invenzione umana e come tutte le creazioni mentali dell’uomo è destinata a cambiare e anche a sparire. Ecco il carattere anche pedagogico del libro, che aiuta a capire l’economia e i suoi meccanismi di controllo.

Sempre per restare sul campo degli interessi capitalistici, un piccolo capitolo ’il patto col diavolo razzista’ racconta come le pratiche di schiavitù e oscurantismo si trovino alleate con il comunismo cinese. Molte sono le voci che compongono le idee e le pratiche del liberalismo, tutte che sottendono un obiettivo solo: fare profitti tanti e subito. Per l’aspetto sociale i soliti balli e rigiri di partita. I ricchi, quelli che detengono il potere economico, degli stati sono sempre più pochi.

Negli States l’1% di statunitensi ricchi detiene il 40% della ricchezza nazionale. Nel 2006, i 20 uomini più ricchi del mondo, incassavano come un miliardo di uomini poveri. Una mia nota: La mancanza di John Kenneth Galbraith dall’elenco degli economisti citati. Eppure il suo pensiero è stato molto influente negli anni ’60 ed era considerato con Marcuse, un guru. Con ciò potrei concludere con una riflessione di Keines: ’Guardiamoci dal sopravvalutare l’importanza del problema economico, o di sacrificare alle sue attuali necessità altre questioni di maggiore e più duratura importanza. L’economia dovrebbe essere un problema da specialisti, come la cura dei denti (importante ma non da sopravvivenza). Se gli economisti riuscissero a farsi considerare gente che porta una competenza specifica ma circoscritta, come i dentisti, sarebbe meraviglioso!’


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