Liberista sarà lei! L’imbroglio del liberismo di sinistra

La prefazione del libro di Emilio Carnevali e Pierfranco Pellizzetti si apre con questo incisivo incipit: Non c’è da meravigliarsi se, alla fine, questa parola sia stata catalogata tra quelle sconvenienti
Il Liberismo, come tanti ’ismi’ del secolo passato, ha fatto molti danni. Spesso dietro questo neologismo non c’è il liberale o il libertario, ma la mistificazione di un concetto alto, quello della libertà. Legato a tutto resta la concezione ideologica di un capitalismo che ha creato i liberisti per poi far scadere il tutto a puro consumismo: lo stesso che ora si agita per far ripartire una economia vecchia che ripete da sempre i meccanismi di crisi continue.
La prefazione del libro si apre con questo incisivo incipit: Non c’è da meravigliarsi se, alla fine, questa parola sia stata catalogata tra quelle sconvenienti, che provocano imbarazzati colpetti di tosse. Oggi è buona norma rispedirla al mittente, magari con un tono di risentito e sarcastico sdegno, come fanno gli autori di questo brillante saggio, non a caso intitolato Liberista sarà lei! Naturalmente c’era d’aspettarselo!
Il libro poi prosegue con passaggi molto illuminanti: ’Si è pensato, e lo si fa ancora, che l’economia di mercato alla fine avesse al suo interno gli strumenti per autocorreggersi e espellere le anomalie del sistema. Si pensava dall’inizio di questa forma liberale che il lassaiz-faire, il lascia fare, trovasse una naturale collocazione nella collettività. Non è stato così. L’altruismo è un valore e non un danno. Pensare che l’individualismo e l’egoismo del singolo, in breve l’avidità alla fine risultasse un bene è stato quello che ha dato la vittoria a Ronald Reagan e alla Margaret Thatcher. Oggi ne vediamo i frutti. In Italia poi abbiamo un Reagan targato Brianza che si dibatte tra un John Loke e l’Arsenio Lupin’. (pag.38)
Dal libro ricco di annotazioni sociali, politiche e di costume, oltre che di pensieri e informazioni di politica economica, emergono le figure di due autentici campioni liberali: Luigi Einaudi ed Ernesto Rossi. Sempre attuale il pensiero di Ernesto Rossi (politico intellettuale antifascista morto nel 1967): ’La maggior parte delle grandi fortune è frutto non di servizi utili alla collettività ma di operazioni predatorie, possibili con la collusione della classe dirigente industriale e la classe politica insieme all’arretratezza de e alla corruzione della nostra burocrazia’. Per Luigi Einaudi di fronte a problemi concreti la scelta non è tra una economia liberista, interventista o socialista ma perchè conviene.
Nella prefazione si esamina la coniazione di ’scienza economica’ che è servita per mettere a tacere chi contestava le scelte economiche...anzi i fautori di questa scienza furono Malthus, Ricardo e Karl Marx. Questa considerazione è un giusto prologo per analizzare quello che è venuto dopo e quello che ancora viviamo: l’economia come legge universale.
Questo è il grande inganno e ancora continuiamo a muoverci dentro questa favola. L’economia è una invenzione umana e come tutte le creazioni mentali dell’uomo è destinata a cambiare e anche a sparire. Ecco il carattere anche pedagogico del libro, che aiuta a capire l’economia e i suoi meccanismi di controllo.
Sempre per restare sul campo degli interessi capitalistici, un piccolo capitolo ’il patto col diavolo razzista’ racconta come le pratiche di schiavitù e oscurantismo si trovino alleate con il comunismo cinese. Molte sono le voci che compongono le idee e le pratiche del liberalismo, tutte che sottendono un obiettivo solo: fare profitti tanti e subito. Per l’aspetto sociale i soliti balli e rigiri di partita. I ricchi, quelli che detengono il potere economico, degli stati sono sempre più pochi.
Negli States l’1% di statunitensi ricchi detiene il 40% della ricchezza nazionale. Nel 2006, i 20 uomini più ricchi del mondo, incassavano come un miliardo di uomini poveri. Una mia nota: La mancanza di John Kenneth Galbraith dall’elenco degli economisti citati. Eppure il suo pensiero è stato molto influente negli anni ’60 ed era considerato con Marcuse, un guru. Con ciò potrei concludere con una riflessione di Keines: ’Guardiamoci dal sopravvalutare l’importanza del problema economico, o di sacrificare alle sue attuali necessità altre questioni di maggiore e più duratura importanza. L’economia dovrebbe essere un problema da specialisti, come la cura dei denti (importante ma non da sopravvivenza). Se gli economisti riuscissero a farsi considerare gente che porta una competenza specifica ma circoscritta, come i dentisti, sarebbe meraviglioso!’
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