Lettera aperta di un uomo "senza giacca e cravatta"
Il Teatro Trianon Viviani, a Napoli, a Forcella, è a rischio chiusura per beghe politiche...
«Salviamo il Trianon, teatro del popolo»
Appello di Nino D’Angelo
Giorni difficili per il Trianon Viviani, teatro che dirigo da qualche anno e che rischia di chiudere (pur avendo avuto nell’ultimo anno il numero di abbonati più alto di qualunque altro teatro pubblico della Campania), a causa di debiti pregressi e mutui non pagati da parte dei soci Regione e Provincia ai quali abbiamo chiesto inutilmente vari incontri…
Finalmente ieri (25.07.2010) si sono presentati ma solo per portare l’idea inutile di fare del Trianon il terzo museo della canzona napoletana Mi chiedo, perché proprio il Trianon che va benissimo dovrebbe essere cambiato?
Forse perché a Forcella quando qualcosa funziona bisogna annientarla, altrimenti la gente si abitua allo stare bene e non vuole più stare male.
Attenzione, onorevoli e assessori che si auto eleggono direttori artistici con idee che sono progetti già falliti stanno per uccidere il teatro del popolo, stanno per uccidere il diritto alla cultura per chi non ha avuto possibilità di farsela.
Hanno deciso il giorno dell’esecuzione: 20 settembre 2010, quando non ci sarà più tempo per fare il cartellone, presentato da me due mesi fa, che oggi ho capito che non si farà mai.
Mi stanno dimettendo, cercando un alibi bugiardo per farmi apparire inefficiente agli occhi di chi mi stima.
Ma io non sono poi così fesso, vengo dal poco, e, crescendo, ho imparato che quando vinci assai devono per forza farti perdere.
Ho accettato l’incarico di direttore artistico del Trianon quattro anni fa con immenso entusiasmo e con la passione di chi conosce i sentimenti… la posta era troppo alta: portare a teatro quella gente che per precarietà economica non ci poteva andare.
Giorno dopo giorno, passo dopo passo, con il lavoro umile di tanti, siamo riusciti a dare una luce nuova ad un quartiere difficile, famoso solo per i pacchi e la camorra.
Io invece qui ho capito tante cose: ho capito quanto male fa la solitudine, specialmente ai bambini che non hanno un metro quadrato di spazio dove correre e poi acchiapparsi per vincere un sorriso, perchè a casa non ridono mai.
Qui ho capito la ‘strumentalizzazione sociale’, pane quotidiano di tanti sciacalli, pseudointellettuali e finti assistenti disoccupati; tutti maestri di strada che non hanno vissuto la strada, difensori di deboli che non sono mai stati deboli, inventori di progetti senza capo ne’ coda, sovvenzionati prima ancora di essere inventati.
Qui ho capito che la libertà non esiste più per chi è stato dentro: riabilitato non lo sarà mai e continuerà a cercare di sopravvivere sperando che non l’arrestino a Natale… perché glielo ha promesso al figlio.
Qui ho capito che la coscienza non ci passa mai e la pazienza è stanca, proprio come il cuore di questo teatro.
Qui ho capito che il destino non esiste, ma che altri lo costruiscono per noi ogni giorno e noi non siamo mai noi, ma solo quello che gli altri vogliono che siamo.
Qui ho capito che l’ignoranza è una grande fonte per i potenti perché possono dire ciò che vogliono senza essere contraddetti. Qui ho capito quanto fa bene una bugia a chi ti chiede di aiutarlo a cambiare.
Qui ho capito che l’uguaglianza è un’utopia e che l’invidia è il sentimento che non farà mai decollare Napoli.
Qui ho capito che l’emarginazione sta nel sorriso disperato di ogni persona che non si è mai venduta.
Qui ho capito che non ci sarà mai un cambiamento, perché quelli che lo vogliono veramente sono talmente piccoli che alla prima offerta si venderanno ai grandi fregandosene dell’idealismo per cui hanno lottato. Qui ho capito che tutti possono fare tutto, tanto “che ce vo’ ?!”.
Qui ho capito che la cultura non vogliono che sia un diritto di tutti.
Qui ho capito che un teatro pubblico con 4000 abbonati è meglio che chiude se no si infastidiscono i piccoli privati, quelli che prendono contributi da una vita e nessuno gli chiede mai il conto.
Per favore, ditemi che non ho capito niente!
Ditemi che non ho capito niente ma non distruggete per ‘colore’ o per un dispetto politico ciò che è stato fatto per questo quartiere grazie a un teatro…
Questo “Teatro” che solo oggi è degno di questo nome, pensato nei disegni di qualcuno per essere un giocattolino per borghesi nel cuore di uno dei quartiere più popolari di Napoli, invece diventato Teatro del Popolo nel vero senso della parola;
Teatro che il popolo ha chiesto, ha voluto, amato e ama
Nino D’Angelo, 26 luglio 2010
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