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"Le serve" al TeatroClub Nando Greco

L’episodio che ha liberamente ispirato J. Genet nella scrittura de Le Serve è realmente accaduto, a Le Mans, nel 1933. Il fatto di cronaca narra di due domestiche, le sorelle Papin...

di Marco Pisano - giovedì 7 dicembre 2006 - 4735 letture

Il programma di sala precisa:

L’episodio che ha liberamente ispirato J. Genet nella scrittura de Le Serve è realmente accaduto, a Le Mans, nel 1933. Il fatto di cronaca narra di due domestiche, le sorelle Papin, cameriere irreprensibili che uccisero la padrona in preda a lucida follia.

Quando si parla di cibo prima di varcare la soglia della sala, si sa, è segno che la mente non è ben concentrata sullo sforzo intellettivo della fruizione artistica.

Segno nefasto, non c’è dubbio.

Per di più se si ha di fronte un testo come quello di Genet (in traduzione di Giorgio Caproni) non solo complicato, ma addirittura complesso. Un piano di legno scricchiolante si fa calpestare da figure enigmatiche. Un’ossatura cubica rinchiude le movenze dei corpi costringendoli a balbettare.

Ecco: lo scricchiolio e il balbettio sembrano essere i ritmi di questa piece.

Ma come in ogni cosa, è possibile scorgere anche in queste caratteristiche aspetti positivi e, ahimè, negativi. Ma qui la faccenda si complica, quindi giungiamo subito al suo nucleo.

Il testo di Genet è scricchiolante in quanto portavoce di un istinto, quello di distruzione, che è dell’uomo il lato oscuro. La stonatura che l’orecchio si abitua a sentire.

La messa in scena di Daniele Nuccetelli è invece scricchiolante perché non riesce a trasformarsi in racconto fascinante, bloccandosi al contrario ad una enunciazione autoreferenziale delle parole autoriali (un ottimo lavoro di ricerca, insomma; che però, come spesso succede, risulta accartocciato su se stesso).

L’uno (scricchiolio) fastidioso per gli intelletti pigri; l’altro indisponente anche per la pazienza più generosa.

Andiamo al balbettio: che nel testo è dettato dal terrore di confessare la violenza e la sconfitta, mentre nella messinscena si traduce in un atmosfera che alterna momenti di grande tensione a periodi di dubbiosa attesa.

Alternanze, quindi. Fra realtà e assurdo, fra certezza e dubbio, fra stasi e azione, fra attenzione e noia. C’è tutto questo ne Le Serve di DinamoTeatro viste al TeatroClub Nando Greco il 24, 25 e 26 di novembre.

E c’è altro.

Ci sono tre attrici (Arianna Gaudio, Noemi Parroni e Antonella Dell’Ariccia) molto capaci nel rendere vivo l’urlo bloccato di un opera che pare racchiudersi tutta in quest’immagine dall’eco pittorica. Ci sono i costumi ingessanti di Tiziana Recupero. Ci sono le musiche inquietanti, i chiaro-scuri austeri, le scene minimaliste: il tutto ad opera di maO.

E poi c’è il programma di sala che precisa le cose importanti.


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