Le relazioni comunitarie solidali per uscire fuori dal silenzio
All’uomo nuovo opponiamo l’uomo solidale capace di produrre le condizioni per il benessere generale.
Pensare il presente e immaginare il futuro
“La società non esiste, esistono solo gli individui” ed ancora "L’economia è il mezzo, l’obiettivo è quello di cambiare il cuore e l’anima". Sono le parole di Margareth Thatcher, sono parole profetiche, poiché nel nostro tempo senza opposizione, in modo trasversale destra e sinistra sono in sintonia nel rendere reali una trasformazione antropologica assoluta di cui la Thatcher era la punta di diamante.
Ogni comunità deve morire, perché sorga l’uomo nuovo. L’uomo che sta prendendo forma nel nostro tempo storico è affetto da solipsismo crematistico e competitivo. Nessun legame e nessuna etica, l’uomo nuovo idolatra l’economia e pensa secondo calcoli orientati al solo valore di scambio. Un essere anempatico e orientato a perseguire i soli desideri personali è tra di noi.
La furia omicida che riempie le cronache è la tempesta sollevata dagli stregoni della crematistica a cui rispondono con provvedimenti autoritari e sollecitando individualità sempre più libere da ogni limite e dalla realtà. Il ciclo produttivo delle violenze è così innescato. Per realizzare l’uomo nuovo il sistema si muove in modo coordinato. Stato e istituzioni svuotati da ogni senso comunitario ed etico sono erosi del loro “contenuto sociale”. Lo Stato è stato abbattuto dalla privatizzazione del suo apparato produttivo; è il gendarme e il garante delle oligarchie. I diritti sociali sono l’obolo che le classi al potere elargiscono ai dominati al fine di consentire la sopravvivenza dei subalterni.
La scuola sotto assedio
In ogni contesto istituzionale la comunità è dissolta, esistono solo clienti che si differenziano per la volontà di affermarsi e per il censo. In tale clima di disfacimento comunitario e di incominciamento del tempo della violenza l’istituzione scolastica è parte della pianificazione finalizzata all’uomo nuovo. Nelle scuole vige uno degli ultimi residui di comunità: la classe. Per distruggere la comunità scolastica che riproduce l’etica famigliare, gli scolari sono eguali dinanzi ai docenti come i figli davanti ai genitori, la pianificazione liberista sta inoculando la didattica individualizzata. Quest’ultima è già presente con programmazioni per gli alunni atleti e per gli alunni con bisogni speciali. La classe e i programmi didattici gradualmente evaporano come le discipline. Nella classe vigono più programmi contemporaneamente; le differenze sono medicalizzate e in tal modo controllo e sperimentazione della fine della classe-comunità assumono una visibilità e una normalità ormai acclarata.
Le attuali programmazioni finalizzate al recupero di alunni con “particolarità cognitive”, in realtà, il più delle volte hanno un effetto boomerang, poiché la programmazione speciale diviene uno scudo che rende l’alunno intoccabile. Non gli si chiede di affinare la volontà per confrontarsi con i suoi limiti e con le sue potenzialità. Si adatta la didattica ai voleri e desideri dei genitori e dei figli. La capacità propositiva della scuola è così obliterata, essa ha il compito di prendere la forma che i clienti desiderano. Non è più una istituzione educativa, ma un’azienda che “realizza i desideri degli utenti”. Nella medesima classe vi sono, dunque, alunni che procedono in modo separato, poiché l’individualizzazione dell’insegnamento è una forma di cesura del singolo dal contesto classe. Nelle scuole secondarie superiori il PCTO e l’orientamento rafforzano e consolidano la risposta individuale a bisogni comuni. Per comprendere le predisposizioni personali non si effettua un percorso comune. Lo studio tradizionale ha lo scopo di condurre l’alunno a conoscersi nelle sue capacità e interessi all’interno della classe.
Dialogo, ascolto e condivisione necessitano del tempo scuola e della comunità stabile, tutto questo è sostituito con l’individualizzazione dell’insegnamento. Nel tempo della classe da “oltrepassare” secondo i modelli didattici anglofoni i singoli alunni sono prima stimolati ad ambizioni imitative, perché stimolate dal sistema che orienta la scelta, e su questo terreno già ben arato dai media e dalla cultura egemone delle classe al potere, si passa ad offrire servizi didattici che consolidano l’individualità liberata da ogni percorso comune. La scuola diventa così luogo di solitudine in cui bisogna, anche, intervenire per moderare gli effetti dei sintomi patologici causati dall’innaturalità del sistema che ha sostituito il bene e la cura con i risultati. L’empirismo senza pensiero e il fare senza fini oggettivi sostituisce la prassi. La normalità con cui è stata accettata l’individualizzazione dell’insegnamento che si attua su richiesta dei genitori con documentazione anche privata è la testa d’ariete con cui si sta introducendo la didattica individualizzata generalizzata. Tale è il sospetto.
La classe in quanto comunità affidata all’intelligenza emotiva e didattica dei docenti è sostituita da una giustapposizione di alunni con docenti al servizio dei clienti (genitori e figli) e del potere economico. La classe non è più la comunità in cui si impara a pensare criticamente il mondo e a immaginarlo diverso.
Binario unico
L’economia è, dunque, il mezzo per educare. L’economia capitalistica è costituita, guardandola dal basso, da clienti che ambiscono a realizzare solo i propri desideri e non riconoscono alcuna comunità etica: famiglia, scuola e Stato. Hegel ci ha insegnato che lo Stato è una grande famiglia nella quale le pulsioni egoistiche sono liberamente contenute dai singoli, ma la Grande famiglia per essere tale necessita della famiglia e della scuola, esse preparano alla condivisione e a comprendere che ogni individualità dev’essere rispettata nella sua specificità ma senza rompere gli ormeggi con la comunità, anzi quest’ultima, in un contesto solidale, è di ausilio per sostenere i processi didattici dei più fragili, i quali sono così motivati a confrontarsi con i limiti e con le potenzialità.
La classe inoltre consente di rafforzare l’identificazione identitaria con il gruppo e questo non è un valore negativo, se non si trasforma in sterile e stupida contrapposizione con gli altri gruppi, anzi permette, se ben guidata di ampliare la capacità empatica e di decentrarsi a livello emotivo e razionale. L’azione solidale, oggi è sostituita da una parvenza di scientismo burocratico. Gli esperti con le loro diagnosi determinano la classificazione dei malesseri che in tal modo divengono “stati patologici”. Gli stessi alunni oggetto dell’intervento, spesso, si percepiscono in modo negativo e distorto, e ciò rischia di inibire le capacità plastiche di recupero di cui sono dotati.
L’individualizzazione dell’insegnamento è largamente iniziato in un clima scolastico che rispecchia, quindi, il mondo del lavoro e delle relazioni nel quali regna l’atomistica delle solitudini e la bestia selvaggia del mercato. Tutto questo è in linea con l’uomo nuovo che il sistema capitalistico sta allevando, non si può che restare allibiti dinanzi al silenzio con cui si sta accettando tale trasformazione. Non ci sono discussioni, non ci sono proposte alternative da vagliare e con cui confrontarsi. La dialettica potrebbe correggere storture ed errori, ma i dissenzienti sono tacitati e stigmatizzati come “passatisti”. Tutto procede sul binario unico del liberismo.
La parola contro il silenzio
La cultura del sospetto deve indurci a pensare il nostro tempo nella sua struttura politica per svelare fini e disegni politici. Nel silenzio, in cui versiamo, è inevitabile che il sistema proceda in modo quasi automatico a mutare, nel profondo, lo spirito solidale e dialettico che dovrebbe essere insegnato a scuola e senza il quale non vi è democrazia. L’atomistica delle solitudini che si vive in classe e in ogni contesto sociale, istituzionale e relazionale non può che condurre all’affermarsi della fine della nostra civiltà umanistica; è una fine che reca con sé un inizio tragico, del tempo dell’individualismo-capitalismo assoluto, come le cronache denunciano.
Per diventare esseri umani necessitiamo di comunità, valori comuni forti e di dialettica. Un mondo senza comunità, in cui l’individuo è sciolto da ogni legame, è spettrale, poiché la distruzione e la violenza diventano in esso l’ordinaria normalità del male incompreso. A tutti gli uomini e le donne di buona volontà spetta il compito di difendere la comunità rispettosa delle individualità l’umanità del presente e del futuro. In ogni contesto a tal fine è necessario rafforzare i punti ottici che segnalano “la barbarie” che giunge a noi con le parole del “politicamente corretto”. Smascherare tali imposture è l’incipit per deviare da tale cammino. All’economicismo tracotante dobbiamo opporre più umanesimo e più prassi.
La società esiste, non vi è umanità che nelle buone relazioni comunitarie solidali, senza di esse si avvia un processo di disumanizzazione che non può che condurre ad una condizione di dolore che gli esperti valuteranno come patologia, senza comprenderne o voler comprendere, il problema nella sua radicalità inquietante. All’uomo nuovo del capitalismo integrale bisogna opporre la verità sull’essenza storica dell’essere umano come il marxismo ci ha insegnato. In questo momento storico bisogna assediare l’egemonia culturale ed economica con la critica radicale e sperimentare forme di resistenza e progettualità e renderle visibili, in modo da riattivare la dialettica democratica.
Rileggere Marx ed Hegel è fondamentale per i rivoluzionari dello spirito e della prassi che vogliano far cadere il velo della propaganda e ricostruire percorsi di verità e cura del senso della comunità. Il tempo della ricostruzione avverrà e si materializzerà in tempi brevi. Conflitti e guerre sono il quotidiano dell’ideologia vigente. La competizione è la realtà del quotidiano, mentre le guerre sono la normalità dell’ipertrofia del capitalismo ormai libero da ogni limite politico ed etico. Nessun sistema sociale può reggere a tante pressioni, tensioni e contraddizioni. Preparare l’emancipazione su solide basi comunitarie e solidali è l’impegno quotidiano che ci coinvolge in ogni parola e gesto che attuiamo. Solide basi teoretiche e azione-prassi nel presente preparano la configurazione di un tempo storico a noi limitrofo, in cui la politica incarnerà valori e pratiche conformi alla natura umana. Solo in tal modo rovesceremo le parole mefistofeliche di Margaret Thatcher.
Risuonano ancora le parole preziose di K. Marx a Proudhon in una epistola, nella quale invita criticamente ad usare categorie che possano spiegare l’egemonia di classe. La struttura economica è la causa profonda dei mali che spiega l’intero, da tale assunto dobbiamo iniziare per riprendere il cammino senza inutili nostalgie e idolatrie:
“È proprio ciò che Proudhon non ha capito e ancor meno dimostrato. Incapace di seguire il movimento reale della storia, Proudhon ci dà una fantasmagoria che ha la pretesa di essere una fantasmagoria dialettica. Egli non sente il bisogno di parlare del diciassettesimo, diciottesimo, diciannovesimo secolo, giacché la sua storia si svolge nel regno nebuloso dell’immaginazione e molto al di sopra dei tempi e dei luoghi. In una parola: tutto questo è vecchia cianfrusaglia hegeliana, non è storia, non è storia profana - storia degli uomini - bensì storia sacra - storia delle idee. A sentir lui, l’uomo non è che lo strumento di cui l’idea ovvero la ragione eterna si serve per svilupparsi. Le evoluzioni di cui parla Proudhon debbono essere evoluzioni quali si compiono nel seno mistico dell’idea assoluta. Ma se si strappa il sipario di questo linguaggio mistico, ciò significa che Proudhon ci fornisce l’ordinamento in cui le categorie economiche si sistemano all’interno del suo cervello. Non mi costerà molta fatica dimostrarLe che questa sistemazione è la sistemazione di un cervello assai disordinato” [1].
La coscienza critica comunitaria può riattivare le istituzione e i diritti che consentono di dare avvio ad una nuova stagione, nella quale le scelte non sono calate dall’alto, ma discusse in un contesto di parresia, in cui i dissenzienti possano esprimere visioni e alternativa capaci di ricostruire il senso sociale. La polifonia delle voci è il senso della democrazia sociale capace di sintetizzare le prospettive in oggettivazioni di sintesi. All’uomo nuovo opponiamo l’uomo solidale capace di produrre le condizioni per il benessere generale.
[1] Archivio Marx-Engels, Lettera di Marx a Pavel Vasilevič Annenkov.
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