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Le cose che possiedi alla fine ti possiedono

Per ribellarsi contro questa società non è necessario incendiare cassonetti, auto o le sedi di una multinazionale. Lo si può fare leggendo un libro.

di Fabrizio Cirnigliaro - mercoledì 22 luglio 2009 - 4666 letture

Fight Club è un film del 1999, diretto da David Fyncher. Il protagonista (Edward Norton) lavora per una compagnia di assicurazioni, possiede una bella casa, arredata alla moda, ma sente che gli manca qualcosa. Soffre d’insonnia e dato che i vari farmaci non sembrano risolvere il problema, il dottore gli consiglia di recarsi alle riunioni dei malati di cancro, perché vedere la vera sofferenza potrebbe aiutarlo. Partecipando a queste riunioni, che vanno dal cancro ai testicoli al tumore all’intestino, il protagonista riesce finalmente a dormire. Le persone che incontra in questi posti sono stati “escluse” - a causa delle loro malattie - dall’individualismo estremo della società moderna, dalla lotta per emergere. Quest’equilibrio si spezzerà quando s’imbatterà in Marla (Helena Bonham Carter), una ragazza che come lui frequenta tutte queste riunioni, perché “..costa meno del cinema e il caffè è gratis”. Sarà un altro però l’incontro che sconvolgerà la vita del protagonista: Tyler Durden.

Incrociato per la prima volta in un viaggio aereo, Tyler (Brad Pitt) è una persona a piuttosto originale. Ha teorie tutte sue su vari aspetti della vita e della società. “Le cose che possiedi alla fine ti possiedono”, e anche sul matrimonio “ Siamo una generazione cresciuta dalle donne, mi chiedo se un’altra donna è veramente la risposta che ci serve”. Insieme a Tyler inizierà a “lottare” per strada, senza nessun motivo apparente, solo per il gusto di fare qualcosa di vero, di sfogare la rabbia accumulata dentro, dopo una settimana dedicata al lavoro. Attireranno presto le attenzioni di altre persone che desiderano sfogare in questo modo il loro malessere, e nascerà cosi il primo Fight Club!

Quando è uscita nelle sale cinematografiche questa pellicola ha suscitato molte polemiche, nonostante non abbia avuto un grande successo al botteghino. “Etichettato” come l’ “Arancia Meccanica” del secondo millennio per la violenza di certe immagini, Fight Club dopo l’uscita in Home video e grazie al passaparola è diventato un vero Cult Movie, e Tyler Durden è diventata l’icona di molti giovani.

Il film è tratto dal romanzo di Chuck Palahniuk scritto nel 1996, che ha avuto l’intuito di anticipare qualcosa che ancora non c’era. Dopo l’uscita dei film sarebbero spuntati da ogni parte del mondo dei Fight Club: ci sono dei “colletti bianchi” italiani che quasi settimanalmente si recano in Inghilterra per prendere parte a questi “combattimenti”. Nel novembre del 1999 è poi nato “il movimento di Seattle”, che in Italia è stato etichettato con il termine “No Global”. Una delle critiche principali contro il G8 di Seattle era per denunciare il “peso politico “ che molte multinazionali esercitano ai grandi governi, per le loro scelte economiche, che spesso vanno a vantaggio delle Corporation e a svantaggio dei lavoratori e dei paesi più poveri.

In Fight Club si mette alla berlina la società attuale, basata solo sul consumismo, ossessionata dai marchi e dall’aspetto estetico; riguardo al catalogo Ikea (che al mondo è più diffuso della Bibbia) il protagonista dice. “Una volta leggevamo pornografia, adesso siamo passati ad arredo mania”. La compagnia per cui lavora fa a capo ad una grossa corporation del settore automobilistico. Il suo compito è di stabilire il ritiro o meno di un’auto con un elemento difettoso, il tutto basato su un calcolo economico. Il fatto che ci siano delle auto in circolazione che mettono a repentaglio la vita dei cittadini, è un problema solo se il costo degli indennizzi da pagare è più alto del costo del ritiro di questo modello d’auto. Agli azionisti interessa solo questo. Gli slogan di Tyler Durden ricordano quelli utilizzati dai vari leader negli stati totalitari, il gruppo da lui formato non si limita alla lotta nei Fight Club, si evolve, dando vita al “Progetto Mayehm”. Si vestono di nero e mettono in subbuglio le città, attaccando tra l’altro le sedi d’importanti Corporation. Sembra che i Black Block siano nati da qui.

Il protagonista di questa pellicola non ha nessun nome, potrebbe essere chiunque, che vive una vita solo “consumando”, comprando oggetti che non riescono a colmare il vuoto di un’esistenza. Le scelte di ogni giorno possono riempire questo vuoto. Per ribellarsi contro questa società non è necessario incendiare cassonetti, auto o le sedi di una multinazionale. Lo si può fare leggendo un libro, riprendendo gli studi interrotti senza un valido motivo, decidendo se acquistare o meno prodotti di una certa marca. La responsabilità di queste scelte è solo nostra

‘Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante me**a del mondo!’

‘La pubblicità ci mette nell’invidiabile posizione di desiderare auto e vestiti, ma soprattutto possiamo ammazzarci in lavori che odiamo per poterci comprare idiozie che non ci servono affatto…’

‘La nostra grande depressione è la nostra vita. Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinti che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock star... ma non è così e lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene.’


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