Lavoro ombra e omologazione in Ivan Illich
Ivan Illich è scomparso nel 2002, ma malgrado il silenzio caduto sulla sua opera, essa continua a parlarci.
Lavoro ombra e omologazione in Ivan Illich
Ivan Illich è filosofo attuale. La filosofia è sempre eterna, in quanto rende concetto ciò che si manifesta nella storia. Ivan Illich è scomparso nel 2002, ma malgrado il silenzio caduto sulla sua opera, essa continua a parlarci.
L’umano si svela nel suo valore metafisico mediante la storicizzazione del disumano. Il capitalismo è il disumano tra di noi, è la più tenace e pianificata organizzazione economica, il cui fine è abbattere l’umanesimo e preparare l’imperio dell’ultimo uomo dedito solo al “particulare”. La menzogna è il codice da decriptare nel tempo dell’homo oeconomicis. Il capitalismo è sfruttamento, pertanto l’ideologia dei diritti umani cela il saccheggio dell’umanità derubricata a “capitale umano”. La farsa dei diritti umani è la punta dell’iceberg di un sistema di disorientamento finalizzato alla passiva accettazione dell’ordine vigente fondato sullo sfruttamento materiale e spirituale dei sudditi del capitale. Sfruttamento e capitale sono relazione inscindibile. Ivan Illich dichiara apertamente e senza ambiguità che il modo di produzione capitalistico è sfruttamento sempre. Il “lavoro legale” non esaurisce lo sfruttamento.
Vi è un lavoro sommerso, che il filosofi definisce lavoro ombra, parallelo all’attività lavorativa giuridicamente codificata e alla circolazione delle merci. La retorica dei diritti individuali e del progresso inclusivo è lo strumento con cui si occulta tale prassi quotidiana dello sfruttamento:
“Definisco lavoro ombra qualsiasi attività con la quale il consumatore trasforma una merce acquistata in un bene utilizzabile. Chiamo lavoro ombra il tempo, la fatica e lo sforzo che è necessario investire per aggiungere a qualsiasi merce acquistata il valore senza il quale non sarebbe utilizzabile. Lavoro ombra è dunque un’attività cui le persone sono costrette a dedicarsi nella misura in cui cercano di soddisfare i propri bisogni mediante le merci. Introducendo il termine lavoro ombra, distinguo, per esempio, l’attuale procedura per cuocere le uova da quella seguita in passato. Quando una casalinga moderna va al mercato, sceglie le uova, le porta a casa sulla sua macchina, sale in ascensore al settimo piano, accende il fornello, estrae il burro dal frigorifero e frigge le uova, con ognuna di queste azioni aggiunge valore alla merce. Ma sua nonna non faceva così. Andava invece a cercare le uova nel pollaio, prendeva un po’ di lardo che lei stessa aveva sciolto, accendeva la legna che i suoi bambini avevano raccolto negli usi civici e aggiungeva il sale che aveva comprato” [1].
Omologati nell’economicismo
Con l’avanzare del modello unisex sostenuto dalle sinistre liberiste il lavoro ombra si è esteso. Gli uomini come le donne, oggi, sono parte del lavoro ombra domestico. Ecco la giustizia capitalistica in atto: rendere eguali per sfruttare in modo paritario e farsi garante della “giustizia secondo la legge capitale”. Tale obiettivo è ottenuto dopo un’abile operazione di distruzione dei ruoli di genere rappresentati come limite all’uguaglianza di genere. Tale uguaglianza, nuovo catechismo con annesse atee liturgie, è oggi lo scudo dietro il quale si celano le violenze del sistema. L’uguaglianza di genere perseguita dal capitalismo ha il fine di annichilire i ruoli di genere per sostituirli con l’unisex.
Uomini e donne sono ridotti a “maschi e femmine”, la differenza è puramente anatomica, pertanto essi possono egualmente entrare nel mercato e competere senza pietà per l’accumulo crematistico. Sono guidati dall’economia della scarsità, ovvero essi percepiscono di essere sempre manchevoli e poveri di beni materiali, per cui il senso di scarsità li induce alla lotta per soddisfare appetiti illimitati.
La comunità muore con il trionfo dell’unisex, in cui le differenze sono negate con il trionfo dell’economicismo che trasforma le parole e i gesti in lotta darwiniana per la proprietà.
Le case sono teatro di lotta. Mariti e mogli si ritrovano in casa e seguendo i protocolli del “politicamente corretto” si dividono i compiti, ma tale eguaglianza si ribalta in lotta e in nuove forme di discriminazione. La competizione è il sangue infetto del capitalismo che penetra in ogni relazione, per cui la vita domestica è il luogo dove gli uomini e donne cercano di affermarsi anche nell’ordinaria banalità del quotidiano:
“Ora i padri del ceto medio esigono in misura sempre maggiore di condividere l’esperienza della cucina e dell’assistenza ai bambini. Vogliono cuocere le bistecche per gli invitati, dedicare un’ora a giocare col figlioletto. Ma fingendo di addossarsi una parte del lavoro domestico, aprono un nuovo campo alla competizione e all’ostilità tra i sessi. Un tempo le donne si sentivano costrette a competere per avere eguali possibilità nel lavoro salariato. Ora sono gli uomini che cominciano a chiedere un trattamento speciale nel lavoro ombra della casa. Negli ultimi venti anni, da quando le donne hanno avuto la garanzia legale dell’eguaglianza delle possibilità, la discriminazione nei luoghi di lavoro è divenuta più diffusa e più acutamente sentita. Ora, moltiplicandosi gli uomini costretti al lavoro ombra dalla sempre maggiore scarsità d’impieghi, la discriminazione contro le donne diverrà ancora più marcata, persino nelle loro case. Questa, dunque, l’immagine suggerita da studi recenti. La discriminazione contro le donne negli impieghi formali e nel lavoro ombra è un fenomeno mondiale, esteso con ogni probabilità, anche se se ne parla raramente, alla condizione delle donne nell’economia non documentata o sommersa” [2].
Diversi ma eguali
Ivan Illich, dunque, non cade nella trappola dell’omologazione, anzi constata che le donne sono sottoposte a un processo di eguagliamento che le rende vittime di un sistema che le usa ideologicamente per affermare l’economicismo. I ruoli di genere sono sicuramente un prodotto antropologico derivante dall’evoluzione del modo di produzione, ma questo non significa che i due generi non siano per natura complementari. La gerarchizzazione per ruoli ha condotto ad una uguaglianza nichilistica e astratta. La differenziazione dei ruoli ha la sua causa nel modo di produzione con i suoi passaggi dalla fase preindustriale alla fase industriale. Nell’attuale fase del capitalismo la divisione dei ruoli non è più funzionale alla produzione, essi sono eliminati, ma il sistema nella sua “natura resta invariato”, poiché permangono gerarchie e sfruttamento. Il capitalismo nega la differenza che con la propaganda esalta e difende.
Gli uomini e le donne sono eguali nella dignità, ma per natura sono diversi pur nella comune umanità. Per affermare tale verità il filosofo utilizza l’immagine della mano destra e della mano sinistra:
“Uomini e donne si corrispondono come la destra corrisponde alla sinistra. A questo punto l’analogia tra maschio e femmina e la dualità della destra e della sinistra può essere utile, sopra tutto perché mi permette di esaminare certi pericoli di fraintendimento. In molte culture la mano sinistra è la mano debole e impotente; è stata soggetta a millenni di mutilazioni. L’usare preferibilmente la mano destra non è solo una cosa accettata o subita: è diventata la norma inculcata. Il bambino che vorrebbe usare la mano sinistra viene rimproverato e questa mano viene schiaffeggiata, legata dietro la schiena o addirittura mutilata. L’asimmetria organica è diventata un dato di fatto. Una preponderanza neurologica che si manifesta in una dose maggiore di sensibilità, di forza o di abilità è stata trasformata nell’ideale del predominio della destra. La sinistra ha dovuto adattarsi alla destra come un’assistente necessaria e benvoluta. Questa analogia può essere, ed è di fatto, continuamente usata per rafforzare la tesi secondo la quale il sesso femminile si adatta sociobiologicamente a quello maschile. Ma questo è esattamente ciò che io "non" intendo sostenere. L’analogia ha un significato un po’ diverso. Ogni uomo e ogni donna, se non vivono in una società premibottoni, dipendono per la sopravvivenza dall’interazione tra le due mani. In certe società la prevalenza della destra è più marcata che in altre, come per esempio nella cinese, dove l’etichetta, il buon gusto e la visione del mondo richiedono che destra e sinistra predominino alternativamente in una sottile e minuziosa orchestrazione. In certe altre, per esempio tra i Nyoro africani, l’essere mancino destina una persona a far parte della sacra casta degli indovini. Ma, indipendentemente dal maggior potere o abilità o dignità che si attribuisce a una delle mani, più spesso alla destra, entrambe sono usate per azioni e gesti complementari” [3].
La bellezza della condizione umana è in questa complementarietà, per sua natura mai gerarchica, che consente alla vita di svelarsi nella sua creatività e nel dono. La complementarietà è sempre paritaria e mai gerarchica. Il capitalismo omologa i gusti, appiattisce i generi e cannibalizza le lingue vernacolari. Dietro la mole di merci e di desideri indotti la vita è spettrale, in quanto è attaccata nel suo fondamento ontologico: l’uguaglianza nella differenza. Le differenze per il capitale sono solo merci da immettere sul mercato, pertanto sono negate e neutralizzate nella loro verità ontologica ed esistenziale. Il male di vivere avanza in questo contesto. L’uguaglianza capitalistica lotta contro le differenze, le teme e le appiattisce, perché da esse emerge la complementarietà solidale vera sostanza dinamica della vita:
“Le due mani agiscono sempre insieme secondo due programmi che non sono mai immagini speculari l’uno dell’altro. In tal modo questo particolarissimo tipo di dualità è sempre ambiguo. Le tradizioni più antiche identificano il tratto fondamentale della nostra esistenza in questo tipo singolare di biforcazione. Esso costituisce una complementarità ambigua, che si distingue sia dall’immagine speculare sia dall’ombra. Come dualità, si differenzia dalla copia positiva di un negativo e dalla corrispondenza deterministica della doppia elica del D.N.A. Io ritengo che sia questa la base della metafora e del discorso poetico - il solo modo adeguato a esprimerla. Essendo gemelli, l’ombelico e il cordone ombelicale, lo yin e lo yang sono tra le rappresentazioni mitologiche attraverso le quali questa dualità cerca di esprimersi“ [4].
Emancipazione e colpa
Il modo di produzione capitalistico è dunque attacco diretto e organizzato alla vita, poiché essa è “differenza solidale e mai gerarchica”. Senza le differenze l’esistenza si traduce in una immensa desertificazione dell’umano con l’estinzione della diversità e dell’autonomia che ben si esprime nella lingua vernacolare abilmente sostituita dai linguaggi specializzati che devono produrre gerarchie tra i sapere mediante l’acquisto sul mercato dei titoli e la formazione ai linguaggi specialistici. I titolati sono coloro che il sistema addestra al culto religioso dell’esattezza, pertanto i linguaggi vernacolari segnati dall’autonomia individuale e comunitaria soccombono per dare voce ai linguaggi specializzati che tutto medicalizzano e privano uomini e donne della loro autonomia:
“Le parole chiave sono una caratteristica della madre lingua insegnata. E per reprimere il vernacolare sono ancor più efficaci della semplice standardizzazione del vocabolario e delle regole grammaticali perché, avendo una parvenza di senso "comune", spalmano una vernice pseudovernacolare su una realtà artificialmente costruita. Di conseguenza, nella formazione di una lingua industrializzata, le parole chiave sono ancor più importanti della creolizzazione mediante i termini tecnici, perché ognuna denota una prospettiva comune a tutto l’insieme di cui fa parte” [5].
Ecco il grande compito che la sinistra comunista dovrebbe porsi: difendere le differenze e dare voce ai sapere solidali che vivono nelle lingue vernacolari, che malgrado il diluvio dei linguaggi specializzati sopravvivono, poiché sono semi di vita che resistono all’avanzata del progresso liberista. Per rendere i semi di resistenza prassi è necessario nel nostro tempo liberarsi dal “senso di colpa” strumento mefistofelico di dominio. Il sistema sopravvive alle sue tragedie mediante l’interiorizzazione del senso di colpa: si perde, perché non si è all’altezza di essere inclusi nel mercato, per cui ci si ammala e ci si ritira dal “mondo” che può continuare il suo “folle volo”. Bisogna smascherare tale oscena verità del sistema utile all’eternizzazione del modo di produzione capitalistico. Da tale “storica realtà” bisognerebbe iniziare il viaggio collettivo verso l’emancipazione:
“[…] la scolarizzazione a Puerto Rico era organizzata in modo tale che la metà degli studenti – quella metà che proveniva dalle famiglie più povere – aveva una possibilità su tre di portare a termine i cinque anni di istruzione elementare, cioè quelli obbligatori per legge. Gran parte della discussione che si svolgeva intorno a me riguardava l’innalzamento immediato degli anni della scuola dell’obbligo. Nessuno sembrava voler fare i conti col fatto che la scolarizzazione serviva, almeno a Puerto Rico, a consolidare l’originaria povertà della metà dei bambini con un nuovo, interiorizzato, senso di colpa per non avercela fatta. Sono così arrivato alla conclusione che le scuole finiscono inevitabilmente per essere un sistema che produce emarginati, anzi più emarginati che integrati. E dato che la scuola offre sedici, diciotto, diciannove anni di carriera scolastica e non chiude la porta in faccia a nessuno, non potrà che produrre un numero limitato di successi e una netta preponderanza di fallimenti. […] le scuole […] funzionavano come una sorta di lotteria dove quelli che non ce la facevano non perdevano soltanto ciò per cui avevano pagato, ma rimanevano anche segnati per il resto della loro vita come individui inferiori” [6].
La prassi ha inizio con la ricostruzione reale e razionale delle condizioni strutturali che ammorbano la vita e producono una asfissiante reificazione senza speranza, in cui le soggettività si decompongono in vita.
[1] Ivan Illich, Il genere e il sesso, Per una critica storica dell’uguaglianza Gender, 1982, paragrafo 30
[2] Ibidem, paragrafo Lavoro ombra.
[3] Ibidem, paragrafo Complementarietà ambigua.
[4] Ibidem.
[5] Ibidem , paragrafo Sessismo e sviluppo economico.
[6] David Cayley, Conversazioni con Ivan Illich, Elèuthera, 1994, pagg. 26-27.
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