Larysa Petrivna Kosach-Kvitka
L’identità nazionale rivendicata attraverso i versi, in lotta perenne tra la sofferenza del vivere e una speranza da coltivare. L’Ucraina, terra in pasto ai lupi, nelle parole di Lesja Ukrainka.
Ode alla speranza
Via, pensieri oscuri, voi nubi autunnali!
Una primavera d’oro adesso è qui!
Sarà nella tristezza e nel compianto
Che trascorrerà la mia giovinezza?
No, con le mie lacrime sorriderò ancora,
Canterò canzoni nonostante i miei problemi;
Coltiverò la speranza nonostante le avversità,
Voglio vivere! Via, pensieri malinconici!
Su questo povera e misera terra
Seminerò fiori dai colori fluenti;
Seminerò fiori nel gelo,
E li innaffierò con lacrime amare.
E con queste lacrime cocenti scioglierò
La crosta di ghiaccio, così dura e forte,
Forse i fiori sblocceranno e
Porteranno per me un’allegra primavera.
Fino a una tortuosa e granitica montagna
Sopporterrò questa pesante pietra,
E, nonostante questo devastante fardello,
Intonerò un’allegra canzone.
Nonostante questo persistente buio notturno
Non chiuderò gli occhi per un solo istante,
Cercando all’infinito la mia stella cometa,
L’imperatrice lucente dei cieli scuri della notte.
Non lascerò che il mio cuore si assopisca,
Sebbene lo scoramento e la tristezza mi avvolgono,
Nonostante i miei indubbi sentimenti
Che la morte percuote nel mio seno.
La morte con il suo conto sospeso nel mio cuore,
La neve nascosta da una crudele foschia,
Ma la fierezza batterà nel mio petto,
E forse, con la sua ferocità, vincerà la morte.
Si, riderò nonostante le mie lacrime,
Intonerò canzoni tra le mie contrarietà;
Coltiverò la speranza nonostante tutte le avversità,
Vivrò! Via, voi pensieri tristi!
L’etimologia del nome stesso (ukraina: al margine, sul confine) , assegna all’Ucraina un destino di terra di conquista che, in effetti, si è perpetrato nei secoli dai paesi confinanti. Essere ucraino vuol dire anche questo. Aspettare il prossimo invasore, al quale rivendicare la propria identità nazionale.
Questa rivendicazione è stata, da sempre, manifestata con le armi, come del resto viene dimostrato anche ai giorni nostri con le cronache di guerra e di eccidi civili che hanno annullato l’idea quasi folcloristica di questo sconosciuto paese. Ci ritornano in mente le immagini in bianco e nero, volontariamente riprese con questa tecnica quasi a metafora di un’arretratezza storica, che ci illustravano corpulente contadine ripiegate su sè stesse a raccogliere i poveri frutti della terra.
Erano i giorni successivi a quella speranzosa dichiarazione di sovranità del 1990, che negli anni successivi dimostrò più i connotati di una registrazione storica, piuttosto che una reale rivoluzione politico culturale del paese.
Ma da certi schiavismi storici, si può tentare di fuggire con la cultura. Lesja Ukrainka, pseudonimo utilizzato dalla poetessa, è stata la prima e sicuramente la più alta voce ucraina a cantare le sofferenze del suo popolo sotto l’imperialismo russo. I suoi versi, intrisi dall’eterna lotta tra il bene e il male, dove il bene è rappresentato dalla speranza di un domani e il male dalla rassegnazione ad un presente avverso, sono diventati nel tempo l’urlo di un popolo, racchiuso in una sorta di inno patriottico.
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