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Lando Fiorini RIP

di Sergej - domenica 10 dicembre 2017 - 5355 letture

Lando Fiorini aveva 79 anni. Nel ’68 fondò il Puff, locale di Trastevere dove lanciò Montesano, Banfi, Gullotta. Era la "voce de Roma". Una voce chiara, corretta, ha interpretato il folk in chiave moderna nell’epoca della transizione e del consumismo. Tra le tante cose, indimenticabile la sua versione di "Lella", storia di uno stupro. In televisione ce lo ricordiamo giovane e ridente, dagli anni Ottanta in poi preferì vivere defilato fuori dalle telecamere impietose. Un grande, come si direbbe oggi. Per chi ama Roma, er core piagne.


Addio a Lando Fiorini, cantore di una Roma che non c’è più

Lo stornello era il suo pane quotidiano e per una battuta si sarebbe impegnato casa. Lando Fiorini, al secolo Leopoldo, ci ha lasciati alla soglia degli ottant’anni, uno degli ultimi cantori di una certa Roma; disincantata, sorniona, ironica. Un mondo che aveva spartito con Gabriella Ferri, con Aldo Fabrizi, appresso alle trattoria de pajata, con la chitarra sempre pronta e l’ugola d’oro. Cantante sì ma anche attore, infatti si definiva «cantattore» e tanti sono stati gli spettacoli non solo in vernacolo che ha interpretato con ardore. Teatro e cabaret erano il suo mondo ma la vera, immensa dolorosa e felice passione l’ha tutta riversata nel Puff, il locale di Trastevere nel quale faceva cabaret, ospitava colleghi, creava atmosfera verace, non turistica e mai coatta.

Perché Fiorini, a dispetto di una facile lettura superficiale, era uomo colto, appassionato della storia romana che conosceva a menadito e che spesso ha cantato. Tra le sue più belle vanno citate, Semo gente de borgata, Chitarra romana, Barcarolo romano. E non si era tirato indietro neppure quando gli era stato chiesto di mettere in musica il suo amore sfegatato per la Roma, l’inno ufficiale dei giallorossi fu una bandiera e lui adorato dai tifosi.

Artista dal «core in mano» e dalla risposta pronta, era malato da tempo, forse da quando quel suo cabaret tanto bello e tanto adorato gli aveva dato dei dolori, perché si sa, i tempi cambiano e non sempre mantengono care le tradizioni. Ma lui ne aveva tenuto salde le redini, facendolo passare attraverso i tempi cupi senza eccessivi scossoni ed oggi è il figlio Francesco ad avere raccolto il testimone con successo.

Era un romano de Roma Fiorini, era nato in quello che nel ‘38 era un quartiere popolare, Trastevere, ultimo di 8 figli e per questo venne affidato dai genitori ad una famiglia di Modena. Tornato a Roma, prestissimo orfano di madre fece lavori diversi e non si vergognava a raccontare con quanta umiltà sbarcava il lunario. Ma è così che scoprì il suo talento, ai Mercati Generali dove era trasportatore alla fine degli Anni ‘50.

L’esordio, al Cantagiro dieci anni dopo, un esordio fortunato che gli apre le porte del già mitico teatro Sistina di Roma, il teatro della commedia musicale di Garinei e Giovannini. Furono loro a capire che questo giovane avrebbe fatto strada e gli affidarono il ruolo di Serenante nell’indimenticata prima edizione di Rugantino, ruolo che rimarrà suo cavallo di battaglia. Da lì fu tutto un crescendo, tanta radio, la televisione degli sceneggiati, le sigle dei programmi e tra queste vale la pena di ricordare Cento campane, colonna sonora de Il segno del comando, un successo mai eguagliato in epoca contemporanea.

Sono anni felici senza flessioni, gli anni ‘70 e ‘80, partecipa a Canzonissima, a Un disco per l’estate e nel ‘68 apre appunto il Puff, il suo cabaret in via dei salumi, nella sua Trastevere da dove ha lanciato tanti colleghi, poi di successo, come Enrico Montesano, Lino Banfi, Mattioli, D’Angelo, Gullotta. Se ne va così uno degli ultimi cantori di una certa romanità sparita, artista dal «core grosso», con lui se ne va una delle più grandi voci di Roma: così scrive Nicola Zingaretti, presidente della regione Lazio e dice il vero.

Fonte: La Stampa.



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