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La vita autentica. L’ultimo saggio di Vito Mancuso

di Giuseppe Artino Innaria - mercoledì 24 febbraio 2010 - 5782 letture

“Costa molto essere autentiche, signora mia, e in questa cosa non si deve essere tirchie, perché una é più autentica quanto più assomiglia all’idea che ha sognato di se stessa” (Monologo di Agrado in “Tutto su mia madre”, film di Pedro Almodovar)

"Diventa ciò che sei!", ammoniva il poeta Pindaro.

Ma cosa rende un uomo autenticamente se stesso?

È la domanda cui cerca di dare una risposta nel suo ultimo saggio, “La vita autentica”, Vito Mancuso, docente di Teologia Moderna e Contemporanea all’Università San Raffaele di Milano, apprezzato autore de “L’anima e il suo destino”, uno dei più importanti best seller e casi letterari degli ultimi anni.

E il discorso sull’autenticità viene costruito da Mancuso attorno a tre tesi: 1. L’uomo autentico è l’uomo libero; 2. L’uomo autentico è l’uomo libero anzitutto da se stesso; 3. L’uomo autentico è l’uomo che vive per la giustizia, il bene, la verità.

Il fondamento primo dell’autenticità, quindi, non può che essere ravvisato nella libertà. Una libertà che, come insegna Isaiah Berlin, va declinata tanto al passivo - “libertà negativa”, intesa come assenza di condizionamenti ab extrinseco -, quanto all’attivo – “libertà positiva” come emancipazione interiore e autodeterminazione.

Libertà che per funzionare ha bisogno del supporto della conoscenza. Allora, l’imperativo è quello dell’oracolo di Delfi - “Conosci te stesso!” -. In verità, il primo tradimento di sé lo si compie quando si mente a se stessi, quando non si ha il coraggio di affrontare la realtà, spesso dura e amara, del proprio essere: Mancuso a tal proposito parla di vera e propria trappola, e mette in guardia dal pericolo della “menzogna come evasione”.

Non può esistere un processo di autenticazione della propria esistenza senza una sincera critica di se stessi. E qui si approda ad un punto nevralgico del tema. Cosa davvero significa “essere se stessi”? Accettarsi per come si è? Praticare una benevolente e meschina indulgenza verso i propri vizi, verso i lati oscuri della propria anima? Oppure, elevarsi al di sopra delle proprie bassezze, darsi una forma, aspirare ad un ordine spirituale interiore?

Il mondo moderno spesso scambia l’autenticità con l’originalità a tutti i costi. Questo porta a valorizzare tutto ciò che è espressione dell’individuo, anche ciò che è estremamente stravagante e bizzarro. Ma può trattarsi anche di un errore, perché questo atteggiamento può tradursi nella pericolosa tentazione al cedimento, all’abbandono a qualunque pulsione del proprio essere. Senza alcun filtro valoriale, la singolarità di ogni persona rischia di smarrirsi nei meandri delle proprie qualità peggiori.

L’autenticità non è un semplicistico vivre sa vie, un heideggeriano sottrarsi al dominio del “Si anonimo” della società di massa.

È nell’ancoraggio ad un modello etico, è nell’attuazione di un ideale superiore il giusto approdo dell’autenticità. Che rimane sempre singolare, perché non esiste una strada uguale da percorrere per tutti, perché ognuno deve scoprire la propria equazione personale, mai identica a quella degli altri. Eppure, è solo abbracciando un fine che va oltre se stessi che si attinge la vera dimensione dell’autenticità, la grandezza genuina dell’essere uomo, il suo saper seguire “virtute e canoscenza” per non “viver come bruti” (Dante, Inferno, canto XXVI, vv. 112 – 120).

La Vita Autentica. Autore: Vito Mancuso. Pagine: 171. Anno: 2009. Editore: Raffaello Cortina Editore.


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