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La storia dell’orco

Oggi c’è facebook ci sono i social network e la storia di “Clown killer”, nata pare in Francia e scesa giù per le Alpi e gli Appennini, e si diffonde sempre più velocemente

di Enzo Maddaloni - venerdì 31 ottobre 2014 - 5485 letture

Abbiamo sempre bisogno che qualcuno ci racconti storie di Orchi, per scuoterci e farci svegliare dal sonno e dal disincanto dei nostri modelli di relazioni sociali. Per raccontare queste storie però bisogna avere una cultura popolare, che non è quella della paura fine a se stessa, ma quella per scuotere le fantasie e l’immaginazione collettiva. Insomma una frustata alla nostra primaria mancanza sociale: la relazione tra le persone. I messaggi mediatici sono tutti fatti per far paura. Da piccolo di paure anch’io ne avevo tante. Ricordo che ci dedicavamo un tempo per raccontarci, seduti intorno al fuoco, storie di orchi e di fantasmi.

Puntualmente la mattina dopo mi svegliavo con la febbre a quaranta e mia nonna Carmela correva subito a casa, chiamata da mia madre che ancora più paurosa di me, le chiedeva di: “incarmare i mammuni” (addomesticare gli spiriti maligni): collane d’aglio, piatti d’acqua e gocce d’olio ed infine il mitico bianco dell’uovo sbattuto avvolto una pezza bianchissima tiepida sulla mia pancia, bastavano a placare tutti i miei spiriti maligni. Per fare tutto ciò all’epoca era forte la cultura popolare. Le notizie al massimo si diffondevano nel rione tra i miei amici, con la solita figura di merda del giorno dopo da cacasotto!

Oggi c’è facebook ci sono i social network e la storia di “Clown killer”, nata pare in Francia e scesa giù per le Alpi e gli Appennini, e si diffonde sempre più velocemente, infondendo in tutti noi la psicosi dei “Clown Assassini” e la paura non è più solitaria, ma collettiva. Merd! …dicono i francesi. Noi tutti abbiamo bisogno di paure! …come diceva nonna Carmela “è crescenza!” (ci fanno crescere!). All’epoca mi sono salvato, ascoltando la Fiabe sugli Orchi (la storia che cura), ho fatto gli anticorpi alle mie paure; non che oggi non ne abbia, ma la paura è positiva, ci fa stare in guardia! E, già allora ci vorrebbe una letteratura-cultura popolare: ma chiunque potrebbe obiettare che, prima, bisognerebbe inventarsi un popolo!

Ognuno di noi si può riconoscere in un popolo ed aderire ad un racconto collettivo, ampio e instabile, come si addice a queste storie odierne, ma che non ha più memoria e tradizione, se non un pubblico-spettatore che in questo senso rischiamo di riprodurre anche attraverso i social network per essere: tutti spettatori! … solo di noi stessi e delle nostre fobie. Ciò non ha bisogno di nessuna tradizione, di nessun dialogo, di nessuna elaborazione culturale, né sofisticata, né naturale. Per essere narratori di una storia, per essere poeti, musicisti, artisti, clown sociali o dotti come me, e via così, non c’è bisogno di crearli e imporli. Insomma un popolo ha bisogno di creatività, e dei mezzi per dispiegarla, quando mancano questi si diventa spettatori timorosi. Questo è il reale oggetto della nostra storia sociale e politica e quindi la funzione sociale di questi clown (prendiamo vantaggio dai nostri nemici – raccomandava Plutarco) potrebbe essere ri-considerata come necessaria! Per spaventarci del nostro “disincanto” e spingerci a reagire per diventare: popolo, attori primari, protagonisti e non spettatori, della nostra storia! Insomma persone che diventano Popolo e che provano insieme ad “incantarsi” ancora!

In questo senso il clown è giusto che faccia paura a tutti e faccia venire i vermi come l’orco della mia storia quando ero piccolo: per crescere! Anche la poesia si è ridotta a pubblicità, la stessa letteratura è nell’arte pubblicitaria e gli stessi mezzi di comunicazione sono utilizzati tutti per far paura: la crisi, la paura dell’altro, le minacce di guerre, i virus epidemici: prima dell’AIDS e adesso dell’Ebola, ci vogliono tutti costringere in un recinto senza amore, senza capacità di fidarci dell’altro. Guerre invisibile; teste tagliate, rappresentano la migliore delle propagande della paura per farci restare bloccati nel nostro “disincanto”, sulle nostre sedie di casa, al sicuro, come semplici spettatori! Le nostre fobie dell’altro e dell’ignoto mondo non più fatto da popoli che lo abitano ma da spettatori. Quinto potere è già qui! Daniel Defoe che resta un bel caso di psicopatologia: morì giurando, in nome della realtà dei fatti e della deontologia giornalistica, che Robinson Crusoe era esistito realmente; diventando questa storia la descrizione della realtà, così come ci piace che ce la raccontino.

Come nei “Romanzi del Sottosuolo” di Dostoevskij che parlava di uomini mangiati da coccodrilli mentre accompagnavano i figli allo zoo, che si divertivano alla visione della situazione, per giungere anche lui (il padre) alla conclusione che tutto sommato era meglio restare ingoiato dalla pancia del coccodrillo. O come Zola, che racconta di un pubblico-spettatori che hanno l’esigenza di conoscere come vivono i poveri; ricordandoci che vivono così male da diventare, talvolta, molto cattivi! Come spettatori infine abbiamo sempre più forte l’esigenza di sentirci migliori di tutti gli altri, più buoni. E poi c’è chi erudisce sul fatto che c’è bisogno di spremere il cuore ai giovani “come me” e scoprire semmai che siamo diventati tutti fobici ed un po’ razzisti, mettendo le premesse per una nuova era (anche più subdola): nazista! Ecco credo che dovremmo avere la capacità di raccontare a tutti “la storia dell’orco” cattivo, proprio per avere un popolo che si possa ancora riconoscere in una collettività civile; per ri-possedere una tradizione, una cultura, attraverso la quale diventare individui liberi e coscienti. Parlo di popolo, sia chiaro, solo in questo senso, come una collettività di individui; un dialogo costante fra uomini: e pensare cosi di suggestionarci tutti coniugando Platone e Democrazia.

Insomma questo clown che schiaccia le teste ci serve sicuramente per farci paura per davvero; per farci svegliare dal sonno del disincanto e riportarci vigili alle nostre vite: abbiamo bisogno di essere nutriti nella nostra immaginazione per acquistare il peso della verità o meglio delle verità necessarie, a mettere i piedi ben piantati a terra e smetterla, come me adesso, di scalare il numero degli amici su Facebook o altro Social Network e con questa pena quotidiana che resto anch’io a riflettere qui della mia sorte, di clown! Non credo che questi “Clown Killer” siano meno di cattivo gusto di tanto altro che oggi siamo costretti a vivere come spettatori al sicuro nelle nostre case!

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