La storia dei pinguini gay
Definire un pinguino gay è già una forma di umanizzazione pericolosa. I media dichiarano che la coppia aveva covato e adottato... Tutto questo nello zoo di Sydney.
L’informazione nazionale e globalista è sempre prodiga di notizie volte ad informare per liberare i cittadini dai propri pregiudizi in nome della libertà. In Ucraina la Chiesa ortodossa russa sarà sciolta; il Parlamento ucraino ha votato e approvato il disegno di legge.
Nell’Occidente libertario si tace su tale provvedimento e non lo si valuta con i paradigmi della democrazia, si accetta la normalità con cui le libertà si restringono per innumerevoli cittadini russi in Ucraina. In questo contesto di libertà negate e di guerre che rischiano di travolgere il pianeta con effetti irreversibili, non pochi quotidiani e media a gran voce riportano la morte di un pinguino gay con il pianto del compagno e dell’intera colonia.
Definire un pinguino gay è già una forma di umanizzazione pericolosa. I media dichiarano che la coppia aveva covato e adottato dei pulcini di pinguini dopo la morte della madre, in altri articoli è riportato che le uova siano state abbandonate da una coppia etero di pinguini: le manipolazioni hanno “le gambette corte”. Tutto questo nello zoo di Sydney.
Non è difficile immaginare o ipotizzare che la presunta coppia fosse divenuta l’attrazione dello zoo. Scienza ed economia si fondono e confondono, giacché la coppia era divenuta simbolo dei diritti omosessuali con il loro amore ed anche l’attrazione dello zoo. Naturalmente è lecito sospettare-ipotizzare che al di là del marketing si voglia affermare che in natura esistono famiglie con due papà e due madri e che quindi bisogna legittimare le adozioni o l’utero in affitto nella specie umana.
Il modo di produzione capitalistico ha lanciato in tal modo un ulteriore tassello alla sua campagna di accettazione dell’utero in affitto o come più elegantemente affermano altri “madre surrogata”; notoriamente è un indotto economico dalle notevoli potenzialità. Non deve sfuggire prima di tutto l’umanizzazione dei pinguini, essi si amano, piangono per il dolore della perdita dell’amato-amata e adottano gli orfani.
Tra pinguini ed esseri umani non c’è dunque differenza alcuna: coscienza, ragione, etica delle relazioni sono in realtà dettagli nella differenza tra gli esseri umani e le altre specie.
Il messaggio ulteriore, il più celato, è l’antispecismo, ovvero la specie umana è sullo stesso livello delle altre specie di animali, non vi è differenza alcuna tra le specie, di conseguenza dobbiamo imitare i pinguini, da loro ci giunge una grande lezione di vita, anzi si potrebbe affermare una loro presunta superiorità, poiché da sempre hanno accettato le differenze in modo naturale.
Colpisce la sensibilità verso la coppia di pinguini, si spera verso tutti i pinguini, e una certa distanza che a volte compare nelle cronache verso le tragedie immense di cui sono vittime i bambini nei paesi dove la guerra è divenuta ordinaria crudeltà, a cui assistiamo impotenti, e a volte indifferenti. Le urla delle madri e dei padri che assistono alla morte dei loro figli non giungono nelle nostre case.
Il riduzionismo antropologico è nichilismo realizzato, l’essere umano è considerato al pari delle altre specie senzienti. La coscienza, la politica, il bisogno di infinito e di riconoscimento sono considerati in tale ottica frutto di pregiudizi spirituali. Naturalmente solo se si presuppone l’uguaglianza tra l’essere umano e i pinguini si può dedurre che i due presunti compagni si amavano come due persone ed egualmente sono stati capaci di comprendere la tragedia dei pulcini senza madre come due normali genitori umani. Le forzature sembrano notevoli; l’elemento ideologico prevale su ogni analisi critica. Nei servizi giornalistici non vi è dubbio sulla comparazione tra umani e pinguini e non vi è parola alcuna sulla proiezione nelle altre specie di comportamenti umani, né si cercano evidenze scientifiche sulle ragioni dei comportamenti attribuiti ai due pinguini. La scienza tace e anche la ragione pare abbia smesso di porre domande.
Il rispetto delle affettività fatto derivare dalla natura è molto pericoloso, in quanto in natura ci sono anche madri che divorano i cuccioli, femmine che divorano il maschio durante l’accoppiamento e tanto altro. La natura racchiude una miriade di comportamenti, se si ha in essa il modello si può scegliere a seconda delle circostanze e del modello sociale l’animale non umano a cui rivolgersi per giustificare ogni comportamento umano sociale o asociale. Al di là delle manipolazioni ideologiche del caso ciò che inquieta è la crisi della definizione di essere umano come creatura dotata di ragione e coscienza capace di ragionare e valutare. La difesa delle persone omosessuali non può dipendere dai comportamenti delle specie animali, ma deve essere parte dall’etica umana consapevole del valore universale dell’affettività tra adulti senzienti nella coscienza che gli amori prendono forma nel rispetto della loro specificità e della loro configurazione biologica. Torniamo umani, cerchiamo di imparare dalla nostra storia e dalle vicende attuali quale etica adottare in campo affettivo e politico, possiamo perché siamo esseri umani. Rispettare la natura significa essere consapevoli che l’orizzonte umano è di ordine storico e ontologico e pertanto non possiamo osservare in essa la duplicazione dei nostri comportamenti, possono esserci similitudini, ma esse non sono perfettamente sovrapponibili.
Ancora una volta il pensiero unico rischia di omologare i comportamenti dei viventi in un unico paradigma senza coglierne le preziose differenze. Poniamoci un attimo nella prospettiva delle nazioni che guardano l’Occidente e constatano la sensibilità verso i pinguini e l’insensibilità verso gli umani in difficoltà, da ciò deduciamo quanto il modello occidentale sia in crisi.
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