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La scuola degli scribacchini

La mortificazione di quel poco che restava del prestigio e del protagonismo degli insegnanti, è stato il tragico errore di un riformismo tanto “scientifizzante” quanto velleitario.

di Gigi Monello - martedì 20 dicembre 2011 - 3607 letture

Ronald Reagan raccontava spesso una storiella della sua vita da militare: nell’ufficio dove lavorava, c’era un grosso armadio pieno zeppo di vecchi documenti, tanto inutili che si decise di chiedere all’Amministrazione di poterli eliminare; la risposta fu che si procedesse senz’altro alla eliminazione, a condizione di fare copia di ogni documento distrutto.

Nessuno parlò più dell’armadio. Tenebrose logiche della burocrazia. L’aneddoto si risveglia guardando che succede oggi nella scuola, dove scadono profitto e comportamenti, senza che smetta di crescere la carta da compilare. Un tempo bastavano diario di classe, registro personale, programmi, pagelle, relazioni finali. Ora il professore “moderno” compila anche schede di valutazione intermedia, segnalazioni alle famiglie su debiti e carenze; riepiloghi analitici di assenze, ritardi, note disciplinari; rilevazioni statistiche.

In buona sostanza duplica il già esistente. Pare che un solo imperativo regga le sorti della scuola: compilare. La cosa raggiunge il parossismo durante gli esami di maturità, dove, oramai, sembra non si possa più dare un voto senza compilare qualcosa; e, tra griglie, schede, verbali, registri e contro-registri, si passa metà del tempo a fare gli scribacchini.

Dicono che schedare il mondo rassicuri; contrasti ansie sottili; c’è un vago sentore di “barocco”, nella faccenda. Questa burocratizzazione porta un secondo micidiale colpo ad una professione già pesantemente colpita dall’ inselvatichire dei comportamenti (bel regalo dei modelli di nullità morale e mentale veicolati dalla tv).

La mortificazione di quel poco che restava del prestigio e del protagonismo degli insegnanti, è stato il tragico errore di un riformismo tanto “scientifizzante” quanto velleitario. Piaccia o non piaccia, l’insegnante non è un semplice impiegato; e la scuola non è la mera gestione di un servizio.

La si potrà riempire delle più avanzate novità tecnologiche, portare ad un grado di perfetta organizzazione, trasformare in un unico grandioso casellario, la sua sostanza profonda non muterà; il suo riuscire o fallire continuerà a passare attraverso quella indefinibile cosa che è la “contagiosità” intellettuale che ogni insegnante può e deve avere; e che, oggi, non è più incoraggiato ad avere. Una qualità per la quale pare non esista “la griglia”.


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