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La sanatoria per le colf, l’inferno della clandestinità per i lavoratori agricoli

Perché deve essere regolarizzato chi lavora nelle case e condannato alla maledizione della clandestinità chi si spacca la schiena nei campi di pomodoro?

di Redazione - giovedì 3 settembre 2009 - 3466 letture

E’ iniziato un processo che nega l’ingresso regolare, condanna alla schiavitù del lavoro nero e ricattabile, sana solo chi serve e quando serve. Intanto peggiorano sempre più le condizioni dei lavoratori agricoli stranieri nel Sud: una gambizzazione in Campania, uno sgombero in Calabria, mille braccianti senza casa in Basilicata

E’ l’Italia dei condoni e del tutto s’aggiusta, quando e come ci fa comodo, che fa la faccia feroce con i deboli. La Lega, il partito del rigore e della fermezza, non fa eccezione. Nel 2002 la sanatoria “Bossi-Fini” fu la più grande della storia italiana, perché serviva manodopera per le industrie e l’economia italiana. Oggi si preferisce forza lavoro in condizione schiavile. Le forme di ingresso regolare non esistono più, il “decreto-flussi” è una farsa che sta creando un immenso mercato nero di falsi contratti di lavoro, ed un ceto parassitario di mediatori e speculatori, secondo la “migliore” tradizione italiana. “Abbiamo da troppo tempo una legge sull’immigrazione nella twilight zone, ai confini della realtà, che vive nella finzione che gli immigrati possano venire selezionati e assunti prima ancora di entrare nel nostro paese, come se potessimo far funzionare in Burkina Faso quel servizio di collocamento pubblico che non riesce a trovare un lavoro a chi lo cerca neanche in Italia”, dice l’economista Tito Boeri. La regolarità, quando serve, si produce dunque con le sanatorie.

“Paradossalmente chi non voleva più sanatorie degli immigrati, le ha rese indispensabili”, prosegue Boeri. “L’introduzione del reato di immigrazione clandestina nel nostro ordinamento ci condanna ad una sanatoria permanente degli immigrati”. E saranno regolarizzazioni mirate, come quelle di colf e badanti, e quindi basate sull’ingiustizia. Perché può avere il permesso di soggiorno chi lavora nelle case ed invece deve essere condannato alla maledizione della clandestinità chi si spacca la schiena nei campi di pomodoro?

“Vogliono far pagare la crisi economica agli immigrati”, afferma Emilio Santoro, giurista dell’Università di Firenze. “Le imprese hanno bisogno di manodopera in nero, ricattabile, a basso costo, estremamente flessibile per uscire fuori dalla crisi economica e questo porta alla produzione di soggetti lavoratori debolissimi che peraltro sono già presenti qui, con una buona conoscenza linguistica, abbastanza integrati e via dicendo. E li si mette in condizione di essere debolissimi imponendo appunto il pagamento di 200 euro, rendendogli sempre più difficile l’accesso ad uno status stabile, rendendo complicata la richiesta della residenza per l’ideoneità alloggiativa ecc., e, insomma, si fa di tutto per spingere queste persone verso il nero. Tra l’altro sapendo benissimo, perché se non lo si sa vuol dire che si è scemi, che queste persone nel 98% dei casi non se ne andranno”.

I fantasmi che non vogliamo vedere

Non se ne andranno i “transumanti” del lavoro stagionale, le migliaia di lavoratori africani impegnati in estate nella raccolta dei pomodori nel foggiano, in Campania, nelle campagne di Palazzo San Gervasio; in inverno nella raccolta delle arance nella Piana di Gioia Tauro. Per loro nessuna pietà. Tengono basso il costo del lavoro (la media è di 25 euro al giorno, tutto compreso). Non possono affittare una casa, perché non hanno soldi e se li avessero farebbero rischiare il sequestro dell’immobile al padrone di casa. Dormono nei campi come a Cassibile, in ex fabbriche dal tetto sfondato come a Rosarno, in masserie abbandonate come in Puglia. Mangiano in gran parte i prodotti dei campi, pieni di anticrittogamici. Per la polizia esistono e non esistono. Ci sono quando si mettono in fila davanti alla caserma, per denunciare i loro rapinatori, come nel dicembre 2008 in Calabria. Sono autentici eroi, tutti ad applaudire. Non ci sono più quando si fanno i controlli a campione o autentiche retate, magari quando finisce la stagione e manca poco ai pagamenti, come accaduto spesso in Puglia. Allora diventano clandestini, dall’8 agosto è un reato, un decreto di espulsione e via. Grazie per le dieci ore al giorno di lavoro nei campi sotto il sole o nel freddo dell’inverno, grazie per aver raccolto i pomodori che consumiamo e che esportiamo, il simbolo della dieta mediterranea, orgoglio di questo paese.

Intanto la situazione peggiora sempre più. Ad Afragola, “Salvatore ‘o criminale” ed un suo degno compare ferivano a luglio un ventunenne del Burkina Faso considerato il leader degli stagionali impegnati nella raccolta dei pomodori. Due pistolettate alle gambe, ma anche le successive testimonianze che portavano in galera i feritori. A Foggia ed a Vittoria, nel ragusano, i proprietari giocano sulla concorrenza tra neocomunitari ed irregolari: chi non ha documenti generalmente resta a spasso e si creano tensioni in particolare tra rumeni (spesso donne) ed arabi (quasi sempre uomini).

A Rosarno prosegue il dramma infinito della “Cartiera”, l’ex fabbrica che accoglie gli africani impegnati nei lavoratori agricoli. A luglio un incendio, meno di due mesi dopo l’ordinanza di sgombero da parte del “commissario prefettizio” (gli enti locali della zona sono stati sciolti per mafia o per irregolarità). Un paio di operai si presentano con una catasta di mattoni forati ed iniziano a murare l’ingresso. Per i circa 50 africani presenti all’interno due sistemazioni di fortuna, all’aperto. Ancora promesse per trovare una sistemazione definitiva, in vista della raccolta invernale, e tanti dubbi sui tantissimi soldi promessi o già stanziati dal governo e dagli enti locali e che non hanno prodotto nulla di tangibile.

In Basilicata le associazioni locali si sono unite nel “Comitato per la Difesa dei Migranti”, hanno avviato un presidio estivo nelle campagne di Boreano, chiedono agli enti locali di organizzare l’ospitalità dei lavoratori stranieri e denunciano la situazione di “oltre mille braccianti stranieri che vivono in totale mancanza dei più basilari diritti umani, e nella totale carenza igienico-sanitaria e che vengono puntualmente sfruttati da caporali locali e non”.

“La richiesta è stata inviata con successo”

Dal primo settembre fino alla fine del mese ogni famiglia potrà regolarizzare una colf e due badanti extracomunitarie, comunitarie o italiane, a patto che dimostri di averle alle proprie dipendenze almeno dal 30 marzo 2009. Non ci saranno limiti, si prevedono 750 mila domande e la consueta esibizione della fantasia italiana nel confezionamento delle prove da esibire, oppure i tentativi di far confluire lavori di tutt’altra natura nella tipologia eletta del lavoro domestico. Un software faciliterà la presentazione delle domande, ma nella precedente esperienza (2002) ci sono voluti due anni per completare le procedure. L’invecchiamento della popolazione renderà sempre più necessarie la presenza degli stranieri nelle case degli italiani, facendo risparmiare lo Stato ed il suo sistema di welfare ormai smobilitato, ed anche le famiglie che così eviteranno di ricorrere a costosi istituti privati. La sanatoria diventa l’unica soluzione, perché non è il massimo tenersi un fuorilegge in casa. Per tutti gli altri, continueranno i respingimenti in mare, le torture della polizia libica, gli sbarchi di fortuna, la morte nelle acque del Mediterraneo. Per i pochi che sopravviveranno, la schiavitù nei campi o nelle fabbriche.

Dietro i giochini razzisti su Facebook, oltre i proclami da osteria padana, questa è la vera proposta politica della Lega. Braccia anziché cittadini. Un modello che porta dritto al disastro, perché le nuove generazioni di immigrati e tutti quelli già presenti ed inseriti nella società italiana (parliamo di un milione di persone) non sopporteranno a lungo le angherie senza motivo, le leggi strumentali, le campagne d’odio, le furberie mascherate da rigore.

di Antonello Mangano

a.mangano@terrelibere.it www.terrelibere.it


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