La retorica celebrativa e le date storiche incomplete
Questa è solo una metà di quanto occorse nei seggi elettorali di quel 2 (e 3) giugno che oggi ci si appresta a celebrare.
Oggi si celebra la vittoria referendaria della repubblica sulla monarchia del 2 giugno del ’46.
La veridicità di tale esito, a suo tempo, fu subito messa in dubbio dai monarchici che si opponevano al ruolo di dante causa. Tanto che Umberto II di Savoia, il RE di Maggio, ordinò il sequestro delle urne per effettuare la riconta dei voti.
Riconta che non ebbe mai luogo. Infatti il neo-Re Umberto prese prima la decisione di dimettersi e di andare esule in Portogallo. Il fatto (apparentemente inaspettato) conseguì al suo colloquio privato con Alcide De Gaspari (che a seguire sarà nominato, per un fugace periodo, Capo Provvisorio dello Stato). E le urne sequestrate finirono arse, senza più possibilità di riscontro alcuno.
Questa è solo una metà di quanto occorse nei seggi elettorali di quel 2 (e 3) giugno che oggi ci si appresta a celebrare.
L’altra metà, di cui pochissimo si è parlato in passato e di cui da tempo nessuno parla del tutto, quasi che fosse di trascurabile importanza, è che in quegli stessi due giorni del voto referendario oltre il 90% dei cittadini votarono anche per l’elezione dei candidati all’Assemblea Costituente. Come se si fosse stati certi in anticipo del trionfo referendario della repubblica.
È dell’ineludibile matrice di questa certezza che parlò De Gaspari al neo-Re? Ovverosia, non è che gli dette il consiglio di prendere atto della nuova situazione geopolitica determinatasi in Europa, conseguente al Patto di Jalta sancito tra i vincitori del conflitto mondiale, e di decidersi a rassegnare le proprie dimissioni? È molto probabile.
Nonostante tutto questo la ricorrenza riveste per noi un’importanza incancellabile: rappresenta la conclusione storica del regime istituzionale monarchico-fascista, a seguito della sconfitta militare, e l’inizio di uno nuovo.
Senza dubbio a questo risultato diedero il proprio contributo molti valorosi italiani e diversi lungimiranti uomini politici.
Tuttavia relegare la Festa della Repubblica al solo ambito dei meriti nazionali, enucleandola dal causale contesto degli altri fatti storici, significa sminuirla al rango di mera retorica politica.
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