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La real magia di Pazzi

Intervista a Roberto Pazzi, maestro del realismo magico, a cura di Sergio Sozi.

di Sergio Sozi - martedì 24 luglio 2007 - 4688 letture

Roberto Pazzi costituisce, fortunatamente, uno dei pochi casi in cui un autentico letterato, nonostante l’impopolare tipologia di genere narrativo (che definiremmo Neo-Realismo Magico), abbia ricevuto in Patria e all’estero dei giusti ed incessanti riconoscimenti (i romanzi sono stati tradotti in venti lingue e sovente ristampati da Garzanti e Tea, i premi poi, tanti: Selezione Campiello nell’ ’85, Super Grinzane Cavour nel ’90, SuperFlaiano e Comisso nel 2001, eccetera).

Fatto stranissimo, il successo critico-editoriale di Pazzi: avrebbe dovuto far la fine di Morselli e Dossi, cioè morire sulle scrivanie delle solite élite dotate di sottili capacità analitiche. Infatti, lo spazio che una rivista importante come ’’L’Indice’’ gli dedica non è certo adeguato alla sua statura, sottolineiamo, e ben rappresenta il disorientamento di certa critica di fronte alla nostra migliore scrittura. D’altronde la creatività ha sempre spaventato le masse e i dogmi massificanti, nonché il critico impegnato.

Specialmente gli ultimi tre romanzi, editi da Frassinelli, comunque, ci offrono una chiara idea delle intenzioni sottese al fluire, denso e scorrevole, della prosa del cinquantottenne scrittore ferrarese: si tratta – per ammissione dell’autore stesso – di una vera e propria ’’Trilogia del Potere’’, aperta da ’’Conclave’’ nel 2001, passante per ’’L’erede’’ del 2002 e chiusa con ’’Il signore degli occhi’’, appena uscito. Una terna di romanzi incentrata – non senza numerose variazioni sul tema – sui rapporti fra individuo e Potere, tra Potere Secolare e Potere Spirituale ed infine tra Potere e Storia.

Individuo, Potere e Storia: la riuscita triangolazione (riuscita perché non realizzata superficialmente) ci rimanda alle ’’Memorie di Adriano’’ di Marguerite Yourcenar, attualizzandone contenuti ed interrogativi in chiave teologico-politica. Infatti, mentre il plenipotenziario dittatore massmediologico del ’’Signore degli occhi’’ è quel tale che tutti noi italiani conosciamo bene, in ’’Conclave’’ e ne ’’L’erede’’ l’obiettivo di Pazzi si sposta chiaramente sul papa ed il futuro della Chiesa Cattolica.

Incontriamo dunque Roberto Pazzi a Lubiana, in Slovenia, in occasione della presentazione pubblica di questi suoi ultimi lavori, che ha avuto luogo il 19 maggio 2004, presso l’Istituto Italiano di Cultura. Dopo aver discettato sulle ’’glorie locali’’ slovene e fatto alcuni precisi collegamenti con le Lettere italiane (lo sloveno Prešeren, il Petrarca e Leopardi, fra gli altri), scopriamo con piacere che lo scrittore è stato diverse volte a Perugia:

Mi ha chiamato un circolo di poeti, poi sono stato invitato dall’Università per Stranieri a tenere delle lezioni a quarantotto professori di italiano stranieri che facevano l’aggiornamento in agosto a Palazzo Gallenga.

Nel leggere il Suo ’’Conclave’’, professore, ci è venuto in mente Guido Morselli…

Certamente! (sorride beato) La Storia coi ’’se’’: l’Antistoricismo. La linea antiilluminista ed antistoricista, insomma, ed anche antimanzoniana – Manzoni, guai se si faceva la Storia coi ’’se’’! La critica lo ha detto: Buzzati, Calvino, Morselli: la mia è la linea ’’cadetta’’ della Letteratura, quella fantastica. In Italia ha trionfato l’altra tendenza, la realistica.

Purtroppo. E allora, visto che siamo in argomento: Malaparte e Bontempelli?

Anche: il Realismo Magico. Bontempelli tantissimo. In Italia, osservo, la linea realistica è considerata quella seria, anche di etica marxista, invece la linea fantastica è, non so perché, quella deresponsabilizzata d’impegno e quindi di Destra, o borghese. In un Paese di grosso monopolio della Letteratura d’impegno ideologico di Sinistra, soprattutto fino a dieci anni fa, il filone fantastico era punito, castigato; non era, insomma, tanto privilegiato.

Forse, però, si tratta più di un discorso di tipo formale, poiché se parliamo di contenuti, questi – suoi e dei sopracitati autori – sono spesso molto simili a quelli dei romanzi realisti. Insomma: mentre gli autori fantastici desideravano mantenere alto il livello espressivo dell’italiano scritto, i realisti intendevano riprodurre la lingua parlata. Lo notiamo soprattutto nei dialoghi.

Già, il sermo familiaris, il ’’Lessico famigliare’’ della Ginzburg. Una cifra bassa, dunque. La paura di essere dannunziani o gratuiti, la paura delle operazioni linguistiche fini a se stesse,dell’ ’’arte per l’arte’’ e delle ’’fughe dalla realtà’’.. sì, sì, è vero.

Nella sua letteratura, comunque, sembra che ci sia costantemente una forte attenzione agli aspetti metafisici dell’esistenza. Inoltre noteremmo numerosi accenni a contenuti che vanno dal Paganesimo alla Bibbia, al Fideismo. Soprattutto in ’’Conclave’’: ci sono le famose Piaghe d’Egitto.

Certo, le cito tramite gli animali di ’’Conclave’’:è un recupero di questa dimensione favolistica, del linguaggio primario della fiaba, legato alla Bibbia, agli animali, che sono simboli del Male e del Bene: il linguaggio primario dei bambini, quindi anche il linguaggio biblico, archetipico e favoloso.

Nel corso dell’incontro lubianese, poi, tra le maglie di un esteso discorso serrato e coinvolgente, individuiamo delle precisazioni che lo scrittore ci concede, in esclusiva per l’Italia, di riportare. Alcune sono dei cammei, quindi, con una concisa miscellanea di esse concluderemo questo purtroppo breve articolo, sperando un giorno di poter approfondire argomenti ed autore.

A proposito del rapporto tra immagini e lingue:

L’immagine è universale; il vestito, con cui l’immagine appare e si fa fenomenica, ossia la lingua, invece muta. Ma la visionarietà è la casa comune. Di che lingua è l’immagine? Di nessuna, è universale. Una babele. Spesso faccio il paragone fra la funzione sognante e l’invenzione creativa del segno o della parola: la pulsione è la stessa.Gli artisti sognano ad occhi aperti e tutti gli esseri umani ad occhi ben chiusi, però la funzione intima è la stessa: la ’’ricreazione del Mondo’’.

A proposito di ’’L’erede’’:

Il romanzo è una lunga lettera di un papa ormai vicino alla morte ad un suo sconosciuto erede. Egli immagina un dialogo, che è anche una privata confessione, con chi verrà dopo di lui; dunque costruisce pure una specie di scenario fittizio di ipotesi: sarai ’’tu’’ oppure ’’tu’’? Tramite questa epistola, il papa dà uno spaccato della propria vita e di quale è lo stato del Mondo che egli sta per lasciare; un Mondo umano che ha sempre necessità di rivolgersi a quelle ’’cose folli’’ che sono, aristotelicamente parlando, le religioni: ovvero cose ’’impossibili’’ o ’’inesistenti’’, a seconda delle moderne interpretazioni, anti-razionalistiche o razionalistiche (Pazzi, a questo punto, cita Aristotele in greco. N.d.R.). Il papa si sente responsabile, perché la parte cristiana del Mondo, l’Occidente, è la più ricca… E infatti pensate un po’ agli Stati Uniti: il Paese dalle molte religioni e due soli Partiti, Il Paese con la Pena di Morte… Che cosa ci viene dagli Stati Uniti, in questi ultimi anni?!

A proposito de ’’Il signore degli occhi’’:

Ho illustrato il libro con un quadro di Friederich, mostrante un uomo che, dall’alto di una roccia, vede tutto, ma non guarda noi che lo stiamo vedendo. Questa è esattamente la condizione di chi è in televisione. Una condizione che mi ha fatto molto ragionare su quel che sta succedendo in Italia: Il ’’signore degli occhi’’ è un potentissimo personaggio politico che fa un viaggio di Stato in Egitto e ne viene sconvolto, poiché così comprende il potere che avevano i faraoni di (già da vivi) dominare la morte e, all’esatto contrario, la sua incapacità di fare similmente. Tutto dunque gli crollerà addosso, finché, questo leader mediatico, il padrone dello sguardo di milioni di italiani, non giungerà al punto di offrire alla Chiesa Cattolica tutte le sue ricchezze in cambio di una cella in un monastero.


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