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La proposta dei Radicali di riforma della L194

La proposta di legge del Partito radicale volta a mutare radicalmente la legge 194 non ci appare solo una riforma in senso estensivo della legge in vigore sull’aborto, quanto piuttosto la sintesi di una visione (negativa) del mondo e dell’umanità. Ne vogliamo parlare?

di Salvatore A. Bravo - mercoledì 27 novembre 2024 - 462 letture

Oltre la 194

La proposta di legge del Partito radicale volta a mutare radicalmente la legge 194 non ci appare solo una riforma in senso estensivo della legge in vigore sull’aborto, quanto piuttosto la sintesi di una visione del mondo e dell’umanità. Considerata a un livello più profondo del tecnicismo giuridico, ci appare un palese rompere gli ormeggi con ogni fondamento etico e biologico, un eclissarsi della razionalità oggettiva per far posto esclusivo alla ragione strumentale. L’individualità atomizzata ed evanescente diviene sovrana di se stessa e della vita. Il legame con l’alterità è subalterno ai soli desideri personali.

Il feto è declassato a prodotto biologico da espellere, in tal modo è disumanizzato, pertanto i filtri etici ed empatici sono cancellati e ciò consente la libertà da ogni vincolo razionale oggettivo e dalla sacralità della vita in formazione. Si utilizza il rasoio di Occam per eliminare ogni ostacolo metafisico, si entra, così, in una nuova di mansione antropologica.

Le donne sono definite nel testo della legge “cisgender”, poiché femminilità e mascolinità sono sganciati dall’identità biologica. La percezione personale prevale sull’oggettività biologica e l’aborto è esteso alle persone transgender e non binarie:

“Le donne cisgender (termine che indica le persone la cui identità di genere coincide con il sesso assegnato alla nascita) non sono le uniche che possono aver bisogno di abortire. Se per le prime l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza presenta tutta la serie di difficoltà - che in questi anni abbiamo denunciato e sulle quali abbiamo avanzato proposte -, per le persone transgender, non binarie e intersessuali con capacità gestazionali l’accesso al servizio può risultare ancora più difficile. Ad esempio, in termini di mancanza di informazione e formazione del personale medico-sanitario, oltre che nella quasi totale mancanza di considerazione delle specificità riguardanti la salute e il benessere delle persone, con una conseguente penalizzazione e negazione del diritto. Gli strumenti attuali per il contrasto alle discriminazioni in ambito sanitario sono infatti insufficienti e spesso si rivelano inefficaci” [1].

La donna che attende un figlio, la quale è già madre durante l’attesa è definita “persona gestante”, in quanto il partorire come l’abortire non è più condizione esclusiva delle donne. Non vi sono madri, non vi sono donne, ma solo generiche “persone gestanti”. In teoria in un futuro prossimo anche gli uomini potrebbero acquisire artificialmente la capacità di partorire, per cui la denominazione persona gestante apre in modo implicito, si può ipotizzare, alla manipolazione illimitata dei corpi. La “persona gestante” si rivolge, dunque, ad una pluralità di soggettività eterogenee e in perenne possibilità di metamorfosi. La maternità sembra sganciarsi dai processi naturali per entrare in una realtà assolutamente nuova, in cui la tecnica domina e crea soggettività nuove. Tale trasformazione non può che toccare profondamente l’aborto:

“Lo stigma verso le identità e i corpi non conformi continua ad essere radicato. La strategia da seguire non può essere, quindi, quella di garantire prima un vero diritto all’aborto per le donne e poi, in un secondo momento, quello per le persone transgender e non binarie in quanto “minoranza”, ma bisogna procedere insieme sulla stessa linea, senza che nessuna persona sia lasciata indietro. Per questo nella Proposta di Legge si è deciso di utilizzare, al pari delle più moderne legislazioni sul tema, la dicitura “persona gestante” per indicare le donne, le persone trans, non binarie e intersessuali, ossia tutte le persone, che accedono ogni giorno ai servizi in materia di salute riproduttiva” [2].

Si parte da un assunto, l’aborto non è un intervento terapeutico, ma esso è un diritto indiscutibile, pertanto la possibilità di abortire dev’essere estesa massimamente. Lo Stato e le istituzioni devono offrire servizi efficienti al fine di garantire il diritto ad abortire:

“ Tutti i cittadini hanno diritto ad un libero accesso a metodi di regolazione della fertilità sicuri, gratuiti e di loro scelta, allineati con il progresso scientifico e con la ricerca. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nel rispetto delle proprie funzioni e competenze, promuovono un accesso efficiente ed equo ai servizi di assistenza sanitaria riproduttiva, la quale comprende la pianificazione familiare, la contraccezione, l’aborto, nonché la consulenza e i servizi di informazione sessuale e affettiva” [3].

I consultori devono diventare istituzioni in cui si informa a livello medico e si garantisce l’aborto anche nel medesimo luogo. Nei consultori i farmaci per l’aborto devono essere messi a disposizione delle “persone gestanti”. La banalità del gesto non può che favorire il materialismo senza riflessione sulle alternative all’aborto. Vi è il rischio di un automatismo che renda l’aborto ordinaria normalità senza pensiero. Nei consultori non vi dev’essere nessuna discussione e dialettica, essi paiono la cinghia di trasmissione della cultura laicista:

“I consultori hanno il compito di informare chiunque si rivolga al presidio sui servizi sociali e sanitari concretamente offerti dalle strutture operanti nel territorio; accompagnano chi manifesta la volontà di interrompere una gravidanza nel percorso, fornendo tutte le informazioni mediche e giuridiche necessarie per una scelta informata e consapevole. I consultori devono essere adeguatamente dotati per garantire il servizio di interruzione volontaria di gravidanza farmacologica, effettuato fino alle tempistiche indicate dai più aggiornati standard internazionali, e devono indirizzare alle competenti strutture per l’aborto chirurgico” [4].

Gli esperti devono limitarsi ad una descrizione medica delle modalità con cui si abortisce. Il perché e le alternative all’aborto non sono contemplati. Si deve solo scegliere il mezzo adeguato per abortire; tutto è reso semplice e banale in una esperienza oggettivamente tragica e inquietante:

“I consultori familiari garantiscono una informazione laica e scientifica concernente i metodi contraccettivi e accompagnano, anche le persone minorenni, in un percorso di completa informazione sessuale e affettiva permettendo a chiunque si rivolga alla struttura di poter scegliere in maniera consapevole il metodo contraccettivo più adatto” [5].

L’attenzione è concentrata solo sulla persona gestante. Il feto e il padre non sono soggetti implicati nella procreazione, sono esclusi dalla decisione e dal dolore che potenzialmente “il gesto” comporta. La persona gestante è astratta da ogni relazione; il benessere del padre e del feto non sono contemplati. L’atomistica delle solitudini è qui espressa in modo pieno, poiché l’individualità decide in solitudine, usufruisce di servizi medici e delle informazioni afferenti, ma l’assoluta libertà si ribalta in una solitudine esistenziale ed autoreferenziale inquietante:

“Gli accertamenti sanitari devono essere condotti in maniera efficiente e nel rispetto della dignità psicofisica di chi chiede di interrompere la gravidanza, garantendo la riservatezza e il pieno rispetto della libertà di scelta della persona gestante. Gli accertamenti non possono essere rivolti a condizionare la determinazione della persona gestante. 2. Al termine del colloquio, il personale medico consultoriale o della struttura socio- sanitaria coinvolta, il medico di base o di fiducia danno atto della richiesta di interruzione volontaria di gravidanza e rilasciano un certificato attestante lo stato della gravidanza ai fini dell’interruzione. Il certificato deve poter essere rilasciato telematicamente a fronte della richiesta della persona gestante, fermo restando la preventiva acquisizione dei necessari accertamenti medici” [6].

Pubblico e privato devono agire in modo eguale per lo stesso fine: consentire l’aborto che diviene un servizio universale. In un periodo storico in cui i servizi sanitari, sono radi e assediati dai tagli e dalla privatizzazione, si aggiunge un ulteriore onere condiviso con i privati:

“(Strutture coinvolte nell’erogazione dei servizi abortivi e standard di qualità) 1. L’interruzione di gravidanza con metodo farmacologico deve essere garantita in ogni struttura sanitaria pubblica del territorio che sia dotata di un servizio di ostetricia e ginecologia, nelle strutture private autorizzate e accreditate e nei consultori pubblici o privati autorizzati e accreditati. 2. L’interruzione di gravidanza con procedura chirurgica deve essere garantita in ogni struttura sanitaria pubblica con un servizio di ostetricia e ginecologia, nonché nelle strutture private autorizzate e accreditate e nei consultori pubblici o privati autorizzati e accreditati che siano funzionalmente collegati ad una struttura sanitaria pubblica strutturata per garantire la cura in condizioni di emergenza” [7].

La disumanizzazione raggiunge la sua massima chiarezza con le espressioni: espulso l’aborto e prodotto dell’aborto. Il nuovo lessico del materialismo nichilistico definisce il feto un prodotto, e dunque non è un essere umano, non ha relazione alcuna con la madre, è sono un prodotto da espellere, per cui la persona gestante non è madre, contiene un prodotto. Il linguaggio, pertanto, ammicca alla produzione industriale e sembra omologare gli esseri umani ai prodotti:

“Il personale consultoriale o il personale della struttura sanitaria dove è eseguita l’interruzione volontaria di gravidanza, o espulso l’aborto spontaneo ritenuto, deve informare la persona interessata della possibilità di disporre della destinazione del prodotto dell’aborto” [8].

La sterilizzazione del linguaggio da ogni definizione e da ogni espressione che potrebbe rammentare ruoli naturali e responsabilità etiche non può che concludere il lungo processo di cancellazione dell’umanesimo e dell’umano in quanto umano, al suo posto il mondo che verrà, e che in parte è già con noi, sarà all’ombra della scissione e dall’evaporazione di ogni identità biologica.

Sta a ciascuno di noi pensare il presente e immaginare gli effetti della deificazione dell’individuo solitario ed essere partigiani di prospettive ideologiche e politiche che potrebbero deviare i processi di disumanizzazione in corso. La cultura della cancellazione si presenta nella forma della sterilizzazione di ogni giudizio etico e di ogni definizione. Il diritto ad espellere il “prodotto” comporta, come detto, la disumanizzazione del feto e della madre e in senso estensivo di ogni essere umano.

Il lessico disegna un modo di sentire e vivere le relazioni, parola come “prodotto e persone gestanti” non sono neutre, lo sono solo in apparenza, esse celano l’intenzione di fondare una nuova visione antropologica nella quale la mercificazione libera e illimitata diviene il fondamento di una libertà senza relazione e senso, in cui la procreazione, atto in sé oggettivamente relazionale, è reso astratto e solitario, in quanto la persona gestante decide del “prodotto” senza la parola del padre. A tale genere di “libertà liberista” bisogna opporre la libertà sociale e relazionale del comunitarismo-comunista.

Uno stato laico si caratterizza per le pubbliche discussioni su ogni tema in presenza di diverse prospettive, al fine di far emergere criticità e pericoli delle proposte. L’assenza di un reale dibattito e la spinta accelerata verso posizioni “sempre più innovative in assenza di “urti dialettici”, conducono in un laicismo religioso e dogmatico, di cui non abbiamo necessità alcuna. In uno Stato laico i dibattiti devono attraversare la società tutta e senza preclusioni. Il Parlamento è la sintesi finale di un lungo processo di discussione e di sintesi delle posizioni politiche.

[1] Proposta di legge per riformare la legge 194 del Partito radicale introduzione: Perché una proposta che parla di “persone gestanti”?

[2] Ibidem.

[3] Ibidem, Articolo I comma II

[4] Ibidem, Articolo II comma II

[5] Ibidem, Articolo II comma III

[6] Ibidem, Articolo IV COMMA I-II

[7] Ibidem, Articolo VII comma I-II

[8] Ibidem, Articolo XI comma III


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