La «polvere plastica» di Max
«Quando la carta non è tutto»: scritture in rete. Il «diario interinale» di Massimo La Spina
Non so se mi piacerebbe un treno di pendolari dove al posto dei libri – e da Harmony a Roberto Saviano ce n’è per tutti i gusti – spuntassero dei computer perennemente collegati in rete per leggere “libri on line”. Oppure nei salottini d’attesa del medico, sulle spiagge, sulle panchine dei giardini pubblici… Insomma, anche a parità di quantità di parole scritte in circolazione, mi piace l’idea che una cospicua fetta di queste raggiunga i lettori stampata su carta. Le scritture/letture in rete, però, hanno una funzione da valutare con attenzione. Da valutare anche alla luce delle constatazioni (dei giudizi?) sull’editoria in un mondo di dominio mercantile.
Quanto ai libri on line, si dovrebbe accennare all’iniziativa di Girodivite Zerobook, ma per non piegare l’argomento a misura “di casa”, segnaliamo la nascita di «una casa editrice sul web, ma anche un’agenzia letteraria che pubblica sul suo sito e propone ai lettori e agli editori testi selezionati, completi di editing e grafica. Pronti per l’approdo alla carta.» La citazione viene da una presentazione del progetto su Paroledisicila.it, ma per conoscere meglio Vibrisselibri, conviene leggere il suo “Manifesto”.
Certo, in queste nuove formule di lavoro editoriale è sempre previsto un accurato lavoro di editing e, soprattutto, di scelta dei testi da proporre; così molti saranno ancora coloro che ricorreranno alla stampa a pagamento come scorciatoia verso un posto da assicurare a tutti i costi – appunto – alla propria “creatura” sugli scaffali di una libreria. Potrebbe trattarsi dell’opera di un nuovo Kafka che aveva trovato dappertutto solo “orecchie da mercante”; potrebbe trattarsi di qualcuno con criteri di autovalutazione … diciamo troppo personali.
Internet, la nebulosa dei blog, fa spazio a tutti: dal puro esibizionismo alla più generosa condivisione di scritture preziose l’offerta è un mare da navigare con molta precauzione. A volte si pescano però le perle.
Abituati a recensire – o presentare con l’intento di invogliare alla lettura – libri stampati, ovvero opere “finite” in senso anche oggettivo, presentando scritture on line (“on blog”) deve essere aggiornato anche l’approccio della “critica”. Può piacere o no quella forma linguistica, quella costruzione con quelle parole di una storia – il testo strettamente inteso – ma, si legge tenendo presente che una revisione da parte dell’autore è possibile e facilmente realizzabile. Se ci lasciamo o no sedurre da un testo, dipende dunque da componenti più profonde della scrittura.
Scrittura in itinere è per definizione, per scelta e non meno per l’argomento il «Diario interinale” di Massimo la Spina (nome da “blogger”: usermax), Polvere plastica. Messinese trapiantato a Firenze, Max scrive della vita-lavoro dell’operaio interinale in un capannone dove si producono mobiletti in plastica. Oggetti seriali, lavoro seriale. Scrittura asciutta; gli aggettivi fioriscono come fiori sulle rocce, rari e robusti. Parole evocative senza stampelle di similitudini: l’odore del legno fresco di un pancale nuovo non è “come…”. Sa di segatura; provare per capire. Per l’operaio il lavoro è il concatenarsi di gesti/procedimenti: sequenze fotografiche incollate sulle pagine di un diario. Accanto ai ritratti: le due ragazze albanesi, Gheorghe l’ansioso rumeno, Pasqualino il cinese, Maurizio il caporeparto… – catturati lavorando. Le macchine, poi, non sono scenografia, per i lavoratori. Con le macchine nel lavoro interagisci. Una profilatrice la devi conoscere nelle sue articolazioni, nei suoi movimenti, nelle sue esigenze, se vuoi la mano – la vita - salva. Descrivere la fabbrica richiede la descrizione delle relazioni tra persone, tra persone e macchine, tra le macchine. La “polvere plastica” di Max, alla luce filtrante della sua scrittura, rende visibili i fili quasi impercettibili di cui è intessuta la Fabbrica.
Nella Fabbrica sono pochi i «momenti in cui è possibile soffiar via la polvere di plastica da un tentativo di comunicazione o da un sorriso riluttante». Leggendo questo “diario di fabbrica” si (ri)scopre la comunicazione non affidata alle parole ma ai gesti dettati dalla condivisione di una fatica. Si raccontano vite senza affidarle a confidenziali dialoghi: come se la vita del compagno di lavoro si depositasse su di te insieme alla “polvere plastica”.
Massimo La Spina potrà riscrivere le parole innumerevoli volte prima che il suo «diario interinale» diventi – se sarà questo il suo destino – un libro stampato. Non cambierà certo il suo approccio con la scrittura, non cambierà il suo “obiettivo fotografico”, non si trasformerà, il suo, in un testo “di plastica”, seriale come una saracinesca.
«A volte, mentre i pensieri vagano e nella testa risuonano ripetitivamente ritornelli di vecchie canzoni, mi capita di immaginare l’apparecchiatura che ho davanti come una quadriga, anzi una serie di quadrighe, dove i motori sono Ben Hur e Messala, i nastri di trasmissione le loro redini e le pulegge con le punte i cavalli al galoppo, il frastuono della macchina il fragore del Circo Massimo, e loro lì, sempre appaiati, sempre fianco a fianco, fino alla fine, fino all’ultimo momento, fino al momento... della pausa-pranzo.»
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