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La politica in Italia ai giorni d’oggi

Nostra intervista al Prof. Marco Almagisti dell’Università di Padova

di Emanuele G. - martedì 31 luglio 2018 - 4451 letture

Il 4 marzo 2018 rappresenterà negli annali della storia della politica in Italia una data fondamentale.

In tale data si è appalesata tutta la crisi, non solo italiana, degli schieramenti classici della politica. Il centro-sinistra e la destra moderata sembrano aver perso quell’appeal sull’elettorato che ha deciso di porre in essere scelte di rottura rispetto al passato privilengiando il M5S e La Lega.

Assieme al Professore Marco Almagisti - che già i nostri lettori conoscono - abbiamo tentato una prima lettura dell’attuale politica italiana e delle possibili dinamiche evolutive.

Che cos’è diventata la politica in Italia…solo un accusarsi a vicenda e basta?

"Il conflitto fa parte della politica. Il collasso dei grandi partiti fondatori della Repubblica ha fatto venire meno una cornice di valori condivisi che rendeva più semplice il riconoscimento e la legittimazione reciproci. Non è da oggi che gli “avversari” si considerano “nemici”. Paradossalmente, Don Camillo e Peppone (che pure erano divisi da differenze culturali molto serie) avevano imparato a riconoscersi e rispettarsi molto bene. Il riferimento ad Aldo Moro ed Enrico Berlinguer viene spontaneo. Ma non credo che oggi nella politica italiana ci sia solo un conflitto sterile. C’è un governo in carica, si può essere d’accordo o meno con le sue proposte, ma secondo gli ultimi sondaggi un’ampia maggioranza degli italiani le apprezza. Vedremo nei prossimi mesi se questa tendenza sarà confermata o meno e se emergeranno delle alternative che, al momento, non si vedono."

Possibile che tolte le ideologie la politica sia rimasta “nuda” nel senso che è un “nulla”?

"Sono fra coloro che non credono alla “fine delle ideologie”. E’ una “fine” che è stata annunciata più volte nella storia, ma sempre in relazione ad esperienze specifiche. Possono declinare alcune ideologie, tuttavia, altre possono emergere o riemergere. Il nazionalismo, ad esempio, mi pare goda di buona salute. Ed anche, per non limitarci al solo Occidente, il radicalismo religioso. Certo, alcune ideologie che hanno caratterizzato il Novecento sembrano appannate (non solo il comunismo, anche il socialismo democratico, lo stesso liberalismo), ma questo non ci autorizza a sostenere che siano sostituite con il “nulla”."

Il declino generalizzato – non solo in Italia – di schieramenti afferenti al centro-sinistra classico e a un centro destra moderato non ha aiutato la politica a redimersi…

"Probabilmente le posizioni classiche di centro-sinistra e centro-destra non bastano a definire l’intero spazio politico contemporaneo. Anche perché in molti paesi i due poli tradizionali hanno finito per accordarsi fra loro al fine di tentare di ovviare alla crisi di consenso che li ha colpiti. E le “grandi coalizioni”, con la convergenza programmatica dei grandi partiti tradizionali, hanno creato spazi notevoli per nuovi attori politici, a destra ed anche a sinistra."

Siamo destinati a vivere per sempre con una politica dettata dalla “pancia” e non più dalla “ragione”?

"Non possiamo considerare una novità assoluta il rilievo assunto dagli aspetti emotivi della comunicazione politica.Significherebbe disconoscere che l’essere umano è un animale simbolico, che utilizza prassi discorsive per definire comportamenti e identità, e che la comunicazione politica ha sempre avuto ad oggetto anche le emozioni e la loro gestione. Per rimanere al caso italiano, cos’erano i giganteschi apparati ideologici dei grandi partiti di massa se non formidabili strumenti di comunicazione politica e di gestione della speranza politica? Certo, oggi molto è cambiato in relazione alla presenza di nuove tecnologie che rendono possibile “l’auto-comunicazione di massa”, ma la gestione degli aspetti emotivi è sempre stata una questione essenziale in politica. Ognuno di noi è fatto di “testa” e di “pancia”."

Il populismo non è il risultato – anche qui non solo in Italia – di una certa crisi di un’idea di democrazia intesa come partecipazione?

"Credo che sotto l’etichetta di populismo siano ricompresi spesso fenomeni fra loro differenti. Dalle classi dirigenti il termine "populista" è usato come un insulto.Nel linguaggio giornalistico, "populista" connota spesso l’insorgenza di movimenti o partiti non previsti o non graditi dall’establishment.Di conseguenza, si rischia di definire "populista" qualsiasi movimento di protesta, oppure ogni critica alle classi dirigenti o, più sottilmente, ogni critica alle decisioni prese dalle classi dirigenti, fra cui le politiche di gestione della crisi economica. Credo che le radici di queste forme di protesta vadano rintracciate nelle vicende degli ultimi anni (crisi economica prolungata, emergere di nuove linee di frattura quali l’immigrazione, la globalizzazione) e dalla gestione di questi processi da parte delle classi dirigenti tradizionali."

La democrazia è ancora diretta dai politici oppure è ostaggio di burocrazie e potentati vari?

"La globalizzazione, rendendo meno ancorati al territorio degli Stati nazionali i processi di produzione e consumo rende più difficile l’intervento della politica istituzionale nella gestione di molti fenomeni che riguardano la vita concreta delle persone. Ma non penso affatto che il destino degli Stati democratici sia già segnato."

Prima avevamo i partiti di massa…ed ora? I partiti, scusi la provocazione, hanno ancora un senso?

"Sì. Nel senso che non sappiamo come possa vivere la democrazia in assenza di partiti. Siano esse in salute o meno, tutte le democrazie presenti nel mondo contemporaneo sono basate sulla presenza dei partiti politici, intesi secondo la definizione di Giovanni Sartori quali “gruppi politici identificati da un’etichetta ufficiale che si presentano alle elezioni per collocare candidati propri alle cariche pubbliche”. Cambiano i tipi di partito, ma non viene meno la loro presenza."

Un tempo le classi dirigenti dei partiti venivano scelte in seno alle sezioni…ora è il web e i social network che scelgono… Come interpretare tale profondo cambiamento nei processi di scelta di chi ci amministra a livello periferico e centrale?

"Come selezionare la classe dirigente sarà uno dei grandi temi del prossimo futuro. Indubbiamente, la politica democratica necessita di consenso e di persone in grado di creare consenso. In tale prospettiva, i canali attraverso i quali costruire consenso sono molto cambiati negli ultimi anni, anche in riferimento alle trasformazioni tecnologiche che Lei indicava. Parallelamente, diviene sempre più rilevante l’acquisizione di competenze necessarie a gestire società complesse. L’idea di separare le competenze dalla gestione del consenso, che ha caratterizzato alcune fasi della storia del nostro paese, può creare controspinte molto radicali."

Il problema dell’astensionismo è un problema che continua ad essere sottostimato… Eppure si tratta di un campanello d’allarme di particolare importanza…

"Certamente. E’ un sintomo della “disaffezione democratica” che sta caratterizzando il nostro tempo. L’astensione si nutre della mancanza di fiducia nella politica istituzionale. Tuttavia, ritengo opportuno ricordare tutti quei fenomeni di cittadinanza attiva che continuano a caratterizzare l’esperienza delle democrazie contemporanee, come ha ricostruito un ottimo sociologo della politica quale Giovanni Moro. Al declino della partecipazione elettorale – fenomeno comunque preoccupante – non necessariamente segue il declino di altre forme di partecipazione, senza le quali le nostre società sarebbero più fragili e più povere. Segno che esistono delle potenzialità che la politica istituzionalizzata non riesce ad incontrare."

Tutti – forse per lavarsi le mani? – affidano le sorti del paese o della nazione ai giovani… Ci salveranno?

"Oggi le coorti giovanili sono più assottigliate rispetto ad altri periodi in cui riuscirono ad essere protagoniste, come gli anni Sessanta del Novecento. Inoltre, molti giovani lasciano il nostro Paese per cercare di costruire il proprio futuro. Questo dato dovrebbe aiutarci a rettificare alcuni giudizi sprezzanti ed autoassolutori espressi nei loro confronti.Se riusciremo a guardare alle loro potenzialità fuori dagli stereotipi potremo essere sorpresi dalle loro proposte."

- Recensione del libro "Una Democrazia possibile" (cliccare link):

Una Democrazia possibile

- Photo credits:

La foto di copertina ci è stata fornita dal Prof. Marco Almagisti


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