La poesia della settimana: Bella Achatovna Achmadulina
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Ancora una donna ospite della nostra rubrica. La poetessa che osò sfidare il conservatorismo del regime comunista sovietico, sostenendo Boris Pasternak, l’autore del censurato Dottor Živago.
I vulcani
Tacciono i vulcani spenti.
Cade cenere nella loro pancia.
Lì riposano i giganti, stanchi
dopo i misfatti compiuti.
È sempre più freddo il loro regno,
sempre più greve alle loro spalle,
ma di notte li visitano ancora
peccaminose visioni.
Sognano la città condannata,
ignara del proprio destino,
il basalto, che in arabescate colonne
incornicia i giardini.
Lì bambine raccolgono a bracciate
fiori sbocciati da tempo,
lì baccanti fanno cenni agli uomini
che sorseggiano il vino.
Lì impazza sempre più stupido
un festino, lì volano ingiurie.
Oh, Pompei, bambina mia,
figlia di una regina e di uno schiavo!
Prigioniera della tua buona sorte,
a chi pensavi, a cosa,
quando, intrepida, al Vesuvio
ti appoggiavi col piccolo gomito?
Non ti stancavi di ascoltarne i racconti,
sgranavi gli occhi stupiti
per non sentire i boati
del suo incontenibile amore.
E lui, con la sua fronte perspicace,
proprio allora, sul finire del giorno,
cadde ai tuoi piedi senza vita
e urlò: "Perdonami!".
Bella Achmadulina, una delle voci più interessanti della poetica sovietica post-staliniana, nacque a Mosca da padre tartaro e madre italiana – il suo nome completo era infatti Isabella – il 10 aprile 1937. Le sue prime poesie le pubblicò da studentessa sulla rivista Mestrostroevets. Nel 1959 venne espulsa dall’Istituto di Letteratura Maksim Gorkij per aver sostenuto Boris Pasternak. Riammessa, si laureò nel 1960. Nel 1954 aveva sposato in prime nozze Evgenij Evtusenko, un altro dei grandi esponenti di quella generazione brillante e polemica uscita dal disgelo dell’URSS dopo la fine del dittatore georgiano.
Sposò poi lo scrittore Yuri Nagibin, il regista Eldar Kuliev e infine l’architetto Boris Messerer. Bella Achmadulina si rivelò nel 1962 con la raccolta “La corda”, cui seguirono “Lezioni di musica” (1969), “Tenerezza”, (1971), “Tormenta” (1977) e “Mistero” (1983). Le sue liriche e i suoi poemi, espressi con virtuosismo stilistico e impianto metrico tradizionale, si incentrano in particolare sul problema dell’integrazione dell’artista nella società contemporanea, al quale si intrecciano volentieri temi personali. È morta a 73 anni nella sua casa di Peredelkino, a Mosca, il 29 novembre 2010.
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