La poesia della settimana: Salvatore Toma

Se c’è stato un poeta maledetto nella storia della letteratura italiana, questi era pugliese del Salento.
Il falco lanario
Come un aereo solare
senza rumore
se non fra le ali
il canto di un vento luminoso
circondava il lanario
il vecchio casolare
desolato in collina
tra le spine e i papaveri.
Assorto
stavo lì a guardarlo
roteare a spirale
lento come sospeso
a caccia del rondone.
Si spostava
ogni tanto
anche più di là
fra gli ulivi e il raro verde.
Un silenzio di fiaba
avvolgeva la collina.
Salvatore Toma nacque a Maglie, in Puglia, l’11 maggio 1951. Ha vissuto la sua breve vita quasi da eremita. Rifiutò quasi del tutto il contatto con la società, nella quale si sentiva estraneo e fuori tempo, a parte il periodo scolastico fino al conseguimento della maturità classica.
Si rintanò, è veramente il caso di dirlo, nella proprietà dei genitori, dedicandosi a allevare cani di razza, che menzionerà in alcuni versi delle sue poesie. Solitario e poco incline a adeguarsi alla modernità del mondo che lo circondava, ne descrisse l’assurdità, l’ipocrisia e la crudeltà racchiuse nell’animo umano, in contrasto con la purezza e la natura selvaggia degli animali, che amò per tutta la sua breve vita.
Un senso di disperazione e di disagio nel vivere la modernità di un mondo falso e deludente, lo portò ad abbandonarsi all’uso sconsiderato di alcol. Causa o concausa della tematica del suo poetare, imperniato di un sentimento di inutilità della vita stessa, dove il suicidio rappresenta un modo forse più nobile di concepire la vita stessa.
Una considerazione che svilupperà ne Il Canzoniere della morte, pubblicato postumo nel 1999. Duro e schietto il suo giudizio sugli intellettuali del suo tempo, ricchi di neologismi e inglesismi, atti solo, secondo il poeta, a esternare un’erudizione fine a se stessa. Vuota e falsa. Esempio sono i primi versi della poesia Ogni tanto aprono bocca!, un’invettiva contro i poeti che utilizzano un linguaggio forbito, incomprensibile, per il quale si beano: Ci sono poeti che di vivere fanno solo finta.
Nonostante un carattere burbero e schivo, esternato nelle sue poesie, la dolcezza dei versi che abbiamo riportato, dimostra un animo sensibile e appassionato verso ciò che rappresenterà il suo unico rifugio per tutta la sua vita: la natura.
Decise di porre fine a questa sua rabbia e delusione, suicidandosi il 17 marzo 1987, a soli 35 anni.
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