La pandemia come cambierà il mondo?
Non sappiamo quando e come la pandemia finirà. Poche sono le certezze, molte le speranze, ma di sicuro il mondo non sarà più come prima.
Non sappiamo quando e come la pandemia finirà. Poche sono le certezze, molte le speranze, ma di sicuro il mondo non sarà più come prima.
C’è il timore che l’emergenza sanitaria alimenti la rivalità fra il capitalismo liberale da un lato e quello politico dall’altro: alla fine gli Stati Uniti e la Cina si ritroveranno ancor di più contrapposti?
Il conflitto ideologico fra i due sistemi è evidente. Stati Uniti e Cina rappresentano in modo emblematico due tipi di capitalismo. I due sistemi stanno reagendo alla crisi in modo diverso e la Cina sembra avere maggiori probabilità di uscirne meglio. Anche se gli Usa sono dal punto di vista tecnologico il paese più avanzato al mondo è stata la Cina a rivelarsi capace di contenere il virus e di proteggere con più efficacia la sua economia. Quanti se lo sarebbero aspettati?
Nell’azione per salvare le vite umane la Cina si è preoccupata in primo luogo delle potenziali vittime, mentre gli Stati Uniti sembrano di fatto mostrarsi indifferenti di fronte all’aumento dei numeri di morti. Ci si sarebbe aspettato il contrario. E’ forse perché le vittime negli Usa, in misura spropositata, sono neri americani, ispanici e persone a basso reddito che gli Stati Uniti sembrano insensibili verso la morte di tante persone? Il fatto che ai più ricchi perlopiù siano state risparmiate le conseguenze sanitarie e finanziarie della crisi ha contribuito all’indifferenza verso chi muore? Attribuire l’inadeguatezza della risposta all’esecutivo non può essere la sola spiegazione.
C’è dell’altro: i governi afflitti dalla mancanza di una legittimità elettorale si sono rivelati incapaci di imporre misure centralizzate, si vede da come le diverse giurisdizioni entrano in conflitto con facilità mentre si assiste anche alla resistenza popolare, di fronte alle più elementari misure di prevenzione.
Lo Stato, in un sistema autocratico come quello cinese, in un compromesso fra le libertà politiche e il successo economico, fornisce e garantisce i beni. Il governo, per salvaguardare la prosperità economica, in tale contesto, è costretto a incentivare e moltiplicare gli sforzi. Deve chiaramente tutelare la salute della popolazione per non perdere la legittimità che deriva dai risultati e non dall’essere stati eletti dal popolo. Non è un caso che la Cina abbia attivato misure estremamente forti e in alcuni casi draconiane. Il modello cinese, nel centralizzare le risorse ignora le questioni legali che sono il perno delle democrazie, ma sono proprio le controversie dove ci si appella alla legge e alle sue interpretazioni che spesso rallentano e compromettono risposte necessarie.
Alla luce di come si è reagito alla pandemia, tra lentezze e contraddizioni nell’apparente incredulità della popolazione sulla gravità del problema e la sua persistenza (l’Europa con il lockdown ha seguito l’approccio cinese) il baricentro dell’attività economica globale si sposterà sempre più rapidamente verso l’Asia? L’Italia in Europa è stata il primo paese a essere gravemente colpito, con un numero di vittime molto alto. Se l’effetto della pandemia sarà di rallentare la globalizzazione quale segno lascerà sul ruolo dello Stato?
Potrebbe crescere la sua importanza, dato che con la pandemia il settore pubblico è entrato in modo sempre più invadente nelle nostre vite. Ma le imposizioni sono tante e facilmente se ne perde il conto. Lo Stato si è spinto dove prima non era mai arrivato: impone di mettere le mascherine, vieta gli spostamenti e governa con decreti ministeriali nemmeno controfirmati dal capo di Stato. Per quanto ci si dovrà rassegnare ad avere uno Stato tanto invasivo?
E come non tenere conto delle molte disfunzioni della burocrazia, dove spesso i servizi pubblici sono forniti con ritardo e non mancano le leggi scritte in modo astruso che risultano poi tortuose e inapplicabili. C’è un intreccio perverso fra la politica e l’amministrazione è la “poliburocrazia” che da anni affligge la macchina statale italiana.
La negligenza e la gestione cattiva producono malcontento e hanno inevitabili ripercussioni politiche. Nel condonare i reati commessi in passato e abolire temporaneamente i controlli non si tiene conto che chi viola in modo sistematico le leggi trama contro la burocrazia e non vorrebbe controlli sul proprio operato. Oggi ancor di più c’è il bisogno di governi politici, guidati da soggetti validi e capaci di interagire con la burocrazia, che non può essere autoreferenziale e ottusa (se una legge è scritta male le sue norme sono inapplicabili).
I politici sono all’altezza delle responsabilità che si devono assumere? E chi ambisce a trovarsi ai posti di comando in momenti come questi dove è inevitabile commettere degli errori, con il rischio che qualsiasi cosa si faccia, si sbaglia?
Lo shock che ci ha colpiti il 21 febbraio rapidamente ci ha messo in difficoltà, ma gli italiani da sempre descritti come individualisti, refrattari a rispettare le regole, avvezzi a ogni furbizia, hanno mostrato in questo caso un alto senso di responsabilità. I cittadini nella stragrande maggioranza hanno rispettato le regole, anche quando sono sembrate loro assurde o incomprensibili. Non dimentichiamo che il peggio lo si è evitato grazie allo spirito di abnegazione di molti dipendenti pubblici. Ma nel lockdown c’è anche chi ha smesso di lavorare, continuando a percepire il proprio stipendio, mentre quanti dovevano vigilare su di loro hanno scelto di non vedere. Fermi interi pezzi dello Stato e con l’economia paralizzata, migliaia di imprese rischiano il fallimento; una minaccia di povertà rapida e inaspettata per milioni di persone. Se il governo, nelle fasi più acute dell’emergenza, ha preso delle decisioni giuste dobbiamo riflettere su quanto non è andato per il verso giusto e gli errori commessi, per capire dove si è sbagliato e superare le criticità.
Cosa abbiamo imparato nei mesi del lockdown?
La sanità, l’istruzione e le infrastrutture si possono gestire unicamente in base ai principi di profitto economico? Molte sono le contraddizioni della pubblica amministrazione dove, pur presenti delle eccellenze, il solco tra i cittadini e le istituzioni è un abisso. I burocrati devono essere competenti e capaci di resistere alle pressioni politiche. Non sappiamo quali cambiamenti istituzionali e relazionali porterà la pandemia e se il ruolo dello Stato uscirà rivalutato, ma dobbiamo iniziare a riappropriarci della reciproca fiducia e dello Stato. Per adesso gli effetti della pandemia sono contenuti, ma si potrebbero avere conseguenze politiche importanti in molti paesi e portare a cambi di governo o scatenare rivoluzioni.
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