La montagna del guerriero
La montagna del guerriero : Paolo Orsi sul colle San Basilio, presso Scordia / Angelo Mondo. - Cinisi : Artigrafiche Abbate, 2018. - 208 p., br. ; 21 cm. - ISBN 978-88-94236-18-7.
Correva l’anno 1922
Nel 1922 accadono un putifio di cose. Muore il papa (Benedetto XV, 22 gennaio) e se ne fa un altro (Pio XI, papa Ratti). A Milano al Teatro Manzoni la prima dell’Enrico IV di Pirandello (24 febbraio). Nella prigione di St. Pierre a Versailles viene ghigliottinato Henri Désiré Landru seduttore ed omicida di dieci donne, ingannate con la promessa di matrimonio. Il 5 marzo viene proiettato il film Nosferatu il vampiro di Friedrich Wilhelm Murnau. Il 3 aprile Stalin diventa segretario generale del Partito comunista dell’Unione Sovietica e a Lenin viene la trombosi (25 maggio). Il 13 aprile lo Stato del Massachusetts apre le sue cariche pubbliche alle donne. Johnny Weissmuller il 9 luglio nuota i 100 metri stile libero in 58.6 secondi, infrangendo il record mondiale e la "barriera del minuto". Il 16 luglio finalissima per la prima edizione della Coppa Italia di calcio: vince la squadra di calcio ligure Vado (si chiama proprio così). Ad agosto le truppe turche guidate dal futuro Ataturk entrano a Smirne (che viene incendiata): le popolazioni greche fuggono dalla Turchia, ed è un vero e proprio esodo. Costantino I di Grecia abdica (27 settembre) e in Turchia viene abolito il sultanato. A ottobre è la prima pubblicazione del poemetto The waste land di Thomas Stearns Eliot. Il 28 ottobre 1922 (forse come contraccolpo della situazione turca) in Italia si organizza la “marcia su Roma” e due giorni dopo Mussolini ha l’incarico di primo ministro. La Russia stipula con la Repubblica di Weimar il trattato di Rapallo (16 aprile), la Repubblica dell’Estremo Oriente viene incorporata nella nuova Russia (ottobre) e il 30 dicembre nasce l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, cioè l’URSS. Il 16 dicembre il primo presidente polacco Gabriel Narutowicz viene assassinato [1].
- Copertina del libro di Angelo Mondo - La montagna del guerriero
In Italia è un periodo di grandi passioni sociali e scontri politici. In Sicilia non da meno. Anche qui lo scontro tra agrari, mafia, e socialisti che rivendicano diritti e lavoro è forte. Nel luglio 1922 durante un comizio di Maria Giudice, sindacalista lombarda, a Lentini la polizia spara uccidendo due donne: “Intervengono squadre armate di agrari e combattenti nazionalfascisti, comandate da un proprietario terriero le cui terre erano state occupate dai contadini nei mesi precedenti. Nei giorni successivi si verificano scontri che provocano 4 morti e 50 feriti. La Giudice viene arrestata e condannata.” [2]. Dopo la marcia su Roma l’Italia entra in un nuovo film.
Le scoperte archeologiche del 1922
In quello stesso 1922 l’inglese Howard Carter mette le mani sulla tomba di Tutankhamon (4 novembre), e Leonard Wooley scopre nel sud dell’Irak le tombe sumere di Ur. Il 13-14 maggio 1922 Paolo Orsi rinviene, sulla fiancata del monte San Basilio vicino Scordia, una tomba greca. È stato e rimane uno dei maggiori rinvenimenti greci in Sicilia anche per il “corredo funerario” che accompagna la sepoltura. Tutto il notevole corredo del “milite ignoto” greco rinvenuto da Paolo Orsi è visibile presso il Museo archeologico di Siracusa.
Un saggio romanzato
Di questa vicenda ci parla il giovane archeologo Angelo Mondo in un suo saggio romanzato (che ha intitolato: La montagna del guerriero) che per la sua forma è leggibile anche ai non esperti di cose archeologiche. È l’occasione per poter interessarci alla figura di questo grande archeologo italiano, Paolo Orsi; a un luogo pieno di fascino come il colle San Basilio che ancora pochi conoscono e che vale la pena visitare (e valorizzare); a una piccola ma ben organizzata città come Scordia che ha molte sorprese da fornire al visitatore (e con amorevole dedizione Mondo prova a stuzzicare il lettore al riguardo).
Paolo Orsi
Paolo Orsi è stato tra i più grandi archeologi italiani. Lui era di Rovereto (1859 l’anno di nascita) e si trovò ad operare in Sicilia: nella Sicilia orientale tra Siracusa e Messina, ma anche verso il ragusano (fu lui a rinvenire per primo la colonia di Gela) e nell’interno tra Enna e Caltanissetta; fino in Calabria. Non si occupò solo di archeologia greca ma anche medievale (cosa non “di moda” all’epoca: fu in questo settore un antesignano e diede alcune “dritte” di impostazione sulla faccenda che furono basilari per gli studi successivi). E se ne occupò in maniera moderna: utilizzando metodiche di studio e di scavo che saranno poi adottate dall’archeologia successiva (lui già usava un metodo stratigrafico). Lui era di Rovereto, e a Rovereto tornò poco prima della morte, nel 1935 [3].
Il monte san Basilio
Il monte San Basilio [4] è un colle con base basaltica, sulla cui cima è una grande struttura con colonnati squadrati che risultano oggi “incassati” nella cima della collina. Non sappiamo chi né perché sia stata costruita. Secondo le congetture: poteva essere l’interno di una cisterna, sopra cui stava una pavimentazione (crollata), parte di un dispositivo fortificato. Secondo Paolo Orsi poteva essere l’antico fortilizio di Brikinnia. Di Bricinnia ne parla Tucidide (V libro, cap. 4 delle Storie): Lentini presa dai soliti siracusani, alcuni fuoriusciti resistono a Bricinnia, una fortificazione dell’agro lentinese; più avanti, Feace inviato da Atene in Sicilia alla ricerca di alleati, prima di tornarsene in patria si ferma a Bricinnia per dar coraggio ai lentinesi antisiracusani che ancora resistevano lì. Sarebbe interessante scoprirlo, ma mancano i soldi per gli scavi. La struttura esistente però già da sola vale la pena di essere visitata.
La sepoltura greca
Era di costume greco seppellire i propri morti fuori dell’abitato, fuori dalla “cerchia delle mura della città”. Dato che ci si comporta con i morti condensando in questo molta parte della propria civiltà e cultura, non si tratta di scelte “neutre”. Le tombe, per quanto ne sappiamo, non avevano in genere un aspetto “monumentale”. C’era una stele (nella tomba di san Basilio non è stata trovata) in cui si incideva il nome del morto. La tomba in sé era coperta con una lastra, e il defunto era adagiato all’interno steso per lungo. Con un corredo funerario. Minimo, rispetto a quello ad es_ rinvenibile nelle civiltà egizie o ad altre culture. E anche questo è interessante. Perché i vivi non lasciavano nudo il defunto, spartendosene le proprietà: il defunto veniva lasciato con un “corredo”. Vestiti, ma anche oggetti che erano più o meno appartenuti al defunto. Nel caso del guerriero di san Basilio armi e divisa (manca l’elmo). Un aspetto poco concepibile per un moderno che già tende a lasciare al defunto a stento un vestito; salvo poi far denudare il defunto dall’opera dei profanatori immediati di tombe sempre alla ricerca di scarpe, orologi, denti d’oro e ultimamente anche telefonini. Perché si lasciava al defunto questa roba? C’era un qualche tabù al riguardo? Una qualche motivazione o credenza religiosa?
All’epoca le armi - pettorali, corazze, cimieri, spadoni ecc_ erano prodotti su misura e avevano un valore notevole. Il guerriero per vestirsi da guerriero spendeva una cifra folle e doveva rivolgersi ad artigiani specializzati, che oggi potremmo considerare tra i designer e i tecnici più avanzati. Lasciare quel bendidio sottoterra era privarsi di un bel po’ di risorse, di un patrimonio. Roba da sfamarci famiglie per mesi. Perché lo facevano?
Piuttosto pigramente si dice: si lasciavano questi corredi perché il defunto se ne potesse servire nel suo viaggio nell’aldilà. È una ipotesi corretta? fino a che punto e in quale contesto vale?
Finquando non potremo intervistare direttamente un antico greco, non riusciremo mai a risolvere le nostre congetture. Quel che sappiamo ci proviene da indizi raccolti dalla letteratura sopravvissuta (molto scarsa) greca. Ovviamente quando si parla di “greci” si fa riferimento a un insieme eterogeneo di tribù città popolazioni che parlavano lingue che tutte assieme noi diciamo “greco”.
Per i “greci” era importante che il corpo del morto fosse sepolto, non lasciato agli uccelli e ai cani. Avevano due sistemi: bruciavano e inumavano in un’urna; oppure collocavano il cadavere in una tomba con accanto il suo corredo. Gli studiosi qui ipotizzano che vi siano le influenze di due stirpi diverse, che abbiano condizionato le due diverse tradizioni; e questo bipolarismo dei greci è interessante. Questo attaccamento al corpo del morto era molto sentito proprio tra gli opliti e la casta guerriera. Il cadavere veniva lavato, unto con balsami, avvolto in un telo (sudario); veniva esposto su una portantina, ai lati si mettevano donne parenti e amici; si intonavano dei canti funebri, alternati dai pianti. Il corpo veniva “esposto” (pròthesis) per un certo periodo, poi si faceva il sacrificio: si cospargeva il sangue di animali uccisi sul cadavere, e si faceva un banchetto funebre con le carni degli animali ammazzati (niente sprechi). Poi si metteva il cadavere su un carro, seguito dai piangenti e da altri carri. Si procedeva con il rogo oppure con l’inumazione. Nell’inumazione, il cadavere veniva posto accanto al corredo; si chiudeva tutto con una lastra, su cui veniva posta della terra e una stele. Talvolta sulla tomba era messa un’urna senza fondo attraverso cui arrivavano al defunto le offerte dei familiari e le libagioni di vino e di miele [5].
Scordia
Il libro di Angelo Mondo, dal felice titolo, è scritto con entusiasmo salgariano, e riesce a ricostruire due momenti della storia personale di Paolo Orsi, collegandoli a due momenti della storia della città di Scordia: il primo tentativo di Orsi di scavare sul monte San Basilio nel 1899, ostacolato dal vecchio barone Ippolito De Cristofaro (senatore del Regno); e gli scavi del 1922, che furono possibili grazie a Ippolito De Cristofaro jr (nipote del vecchio senatore, e deputato per il partito Popolare di don Sturzo). Utile, a questo punto due riferimenti importanti: le opere di Mario Di Mauro prete in odor di carboneria - di cui abbiamo letto in ristampa anastatica le “Notizie storiche sopra Scordia inferiore” del 1868, opera che doveva essere ben presente a Paolo Orsi quando si accinse agli scavi nel 1899 e poi nel 1922 -, e quelle dell’odierno Bruno Gambera a cui si deve in questi anni il mantenimento della memoria sulla città e la nascita del Museo Etneo-archeologico “Mauro De Mauro” di Scordia [6].
Il libro è stato acquistato in occasione della presentazione svoltasi a Lentini, presso il Museo archeologico, il 23 ottobre 2019.
[1] Fonte: Wkipedia/1922.
[2] Cfr.: Maria Giudice, la voce su: Enciclopedia delle donne. Dell’episodio parla anche Ferdinando Leonzio, in: Lentini 1890-1952: vicende politiche (ZeroBook, 2018).
[3] Per i più pigri che non volessero andare al Museo Paolo Orsi di Siracusa, che è una delle dieci cose da fare nella vita, o al Museo Archeologico di Lentini, si legga quantomeno la scheda biografica su: Wikipedia/Paolo Orsi.
[4] Il nome del monte è relativamente recente.
[5] Su tutta la faccenda si rimanda a: Archeologia delle pratiche funerarie nel mondo greco.
[6] Grazie a Bruno Gambera si deve l’edizione anastatica del libro di Mario De Mauro di cui dicevamo, e la pubblicazione di diversi preziosi volumi riguardanti Scordia e il suo comprensorio. Personalmente non si ringrazierà mai abbastanza per l’impegno messo da Gambera in questi anni.
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