La locomotiva

Uno spettro s’aggira fra i manager: vogliono diminuire loro lo stipendio

di Adriano Todaro - martedì 25 marzo 2014 - 2346 letture

Allora, gente, sapete far di conto? Se sì, seguitemi bene in questo ragionamento ragionieristico. Prendete la cifra di 873.666 e dividetela per 12. Il risultato è: 72.805. Ora, questa cifra dividetela ancora per 30 e fa 2.427. A questo punto, dividete ancora per 24 e il risultato, finale, sarà di 101. Forza, un altro sforzo, ora dividete questa cifra per 60 e avrete la cifra di 1,69.

Adesso, per completare il discorso, le cifre nominatele euro e, quindi, ogni minuto che passa sono 1,69 euro. Chiaro? Bene. Abbandonate per un momento i freddi numeri che vi racconto una storia a lieto fine. C’era una volta un sindacalista, della Cgil, quella di Di Vittorio, che era anche comunista, una razza ormai estinta dalla feroce lotta intestina, grazie a pensatori di valore come Fassino il Lungo, Walter l’Africano, Baffetto di Ferro e, soprattutto, quello che sarebbe diventato, in seguito, Re Giorgio di Savoia.

Tornando al nostro sindacalista comunista, questi era uno che si batteva come un leone per l’avanzata della classe operaia, contro i privilegi, per far sorgere il sole dell’avvenire. Lui conosceva la fatica perché aveva sgobbato e studiato. Diventato ingegnere, aveva messo il suo sapere al servizio del rosso sindacato, settore trasporti, sino a diventarne il segretario generale per cinque lunghi anni.

Era pure bravo e così si è pensato che uno come lui fosse sprecato a fare il sindacalista. Oplà, detto fatto, con un bel salto della quaglia, eccolo dall’altra parte della barricata: invece che difendere i lavoratori, contro i lavoratori.

Da amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, questo ex sindacalista, ex comunista, classe 1953, aveva avuto un mandato ben preciso: risparmiare perché le Ferrovie erano un colabrodo. Il Nostro pensa e ripensa come fare, studia, passa le notti nelle stazioni, al freddo e al gelo. Poi l’intuizione. Quella che viene all’improvviso: tagliare i treni dei pendolari e il servizio merci. Dovete convenire che è una pensata grandiosa, geniale, una pensata da Oscar del pensiero debole. Tanto debole che quando i passeggeri, nel 2009, si lamentarono di essere stati per ore fermi, al freddo, per la neve, l’ingegnere ex comunista dà loro un consiglio sofferto ma nello stesso tempo un consiglio di vita vissuta: "Portatevi in treno panini e coperte".

Uno così ci mancava proprio e per non farcelo scappare gli abbiamo anche dato due onorificenze, Cavaliere dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana e Cavaliere del lavoro. La prima la riceve nel 1995, la seconda nel maggio 2010, da Re Giorgio di Savoia.

Il 2010, però, non porta troppo bene al’ingegnere delle ferrovie. Perché a seguito della strage di Viareggio (29 giugno 2009), alla fine dell’anno, viene iscritto nel registro degli indagati per la morte di 31 persone e 25 feriti. Naturalmente resta Cavaliere del lavoro ed afferma che la strage è stata uno "spiacevolissimo episodio". In realtà, come sempre, i giornalisti hanno capito male, travisato le sue parole.

Lui, comunque, va avanti ‒ è il caso di dirlo ‒ come un treno. Nuove stazioni, treni di lusso e operai, come a Milano, sopra una torre a protestare. Come direbbe Guccini, è una locomotiva questo amministratore delegato che la mattina si guarda allo specchio, vede la sua faccia e un pensieruccio comincia a frullargli nel cervello. E pensa: sono bravo, anzi bravissimo, sono il migliore. Perché mai debbo fare l’amministratore delegato in eterno? Non potrei diventare ministro? Certo che sì. D’altronde cosa manca a lui che altri hanno? La laurea? Ce l’ha? Il parlare forbito? Anche. Le amicizie giuste? Ci sono. L’iscrizione al registro degli indagati? Pervenuto. Si guarda la faccia e, se ci capite, è una faccia da operaio. Noi lo immaginiamo in tuta, con il caschetto di protezione, Una faccia di uno venuto su dal niente con genuino calore umano. Si nota in lui un’ansia, un affanno teso al ridimensionamento dell’attuale posizione di amministratore delegato.

Come detto lui vuole fare di più, mettersi a disposizione per costruire un’Italia migliore. Insomma, "se me lo chiedono", mi sacrifico a fare il ministro. Ed invece, non solo non viene chiamato a fare il ministro ma addirittura vogliono diminuirgli il salario.

Altro che operai della Fiom. Sono questi i veri drammi delle famiglie italiane. Ma come, un poveraccio sgobba, lavora, non guarda in faccia a nessuno neppure quelli con i panini sui treni, neppure quelli che sono morti a Viareggio, si prende tutte le responsabilità e lo vogliono fregare.

Non è giusto, non è umano. Come farà il Nostro ferroviere a vivere con meno di 2.427 euro al giorno? Già lo vedo mendicare agli angoli delle strade, dormire sulle panchine delle stazioni che d’inverno sono terribilmente fredde. E così, prima dell’irreparabile, ha voluto inviare un messaggio al governo di Renzino: attenzione, ha detto, che se tagliate gli stipendi ai manager pubblici, questi scapperanno all’estero. Un’ipotesi, questa, che ha sconfortato e fatto soffrire i ferrovieri.

A me, invece, sembra una bella notizia. Finora sono scappati i giovani in cerca di lavoro, ora è la volta dei manager. Così si liberano posti di lavoro. Ecco, bravi, andate a lavorare all’estero e così vedremo quanti soldi vi daranno i tedeschi o gli svedesi. Ecco, direbbero gli operai, ora si comincia a ragionare.

Comunque, ingegnere, anzi compagno Mauro Moretti. Ho saputo che hai fatto anche il sindaco a Mompeo, 540 abitanti in provincia di Rieti. Ecco ritirati nel ridente paesino della Sabina. I soldi l’hai fatti, la stazione dista 19 chilometri. Ogni tanto ti fai una bella camminata e vai a guardare, con commozione, i treni che passano. Così come fanno i pensionati.

Ora comprendiamo perché c’è tanta gente malinconica e tormentata in giro, perché i treni sono sempre in ritardo, ecco perché. A te però, compagno ingegnere, te ne po’ fregà de meno. Tanto ogni minuto di ritardo, ti metti in tasca, ugualmente, 1,69 euro.


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