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La farsa dei sacchetti bio

Monouso, nuovi, conformi, controllati dai super: soluzioni impraticabili e poco efficaci. E tanto caos. (Articolo pubblicato su Altroconsumo di giugno 2018)

di Redazione - martedì 24 luglio 2018 - 3827 letture

Monouso, nuovi, integri, biodegradabili, conformi alla normativa sui materiali a contatto con gli alimenti e controllati dai supermercati. Facile, no? Dopo il Consiglio di Stato, che ha dato il via libera ai sacchetti per frutta e verdura portati da casa, arriva anche la circolare del ministero della Salute a specificare la decisione e, chissà, forse arriverà anche il parere del ministero dello Sviluppo economico: perché chi lo dice che il sacchetto portato da casa sia dello stesso peso su cui sono tarate le bilance dei supermercati? La querelle sui blogshopper continua, anzi sembra non avere mai fine.

Tutto ha inizio lo scorso gennaio quando una legge italiana, approvata per recepire una direttiva UE per la riduzione delle plastiche, stabilisce l’obbligo dei sacchetti biodegradabili per frutta e verdura e decide che il loro costo dovrà essere esplicitato sulle etichette (prima veniva comunque caricato sul prezzo finale di frutta e verdura). Lo scopo: rendere consapevoli e ridurne l’abuso. Da lì mille polemiche, spesso ingiustificate e poi, sull’onda della bagarre, la decisione del Consiglio di Stato, che consente l’alternativa da casa. Peccato che, alle condizioni poste, sia impraticabile. Il responsabile dell’igiene degli alimenti che escono dal supermercato è il supermercato stesso, che non può assumersi la responsabilità per una cosa che non dipende da lui, come un’eventuale contaminazione dovuta ai sacchetti casalinghi.

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Plastica in mare

Immaginate qualcuno nei negozi a valutarne, volta per volta, la conformità? E poi, perché una persona dovrebbe comprare shopper nuovi, che magari costano di più di quelli messi a disposizione dai negozi? In tutta questa telenovela si perde di vista una cosa, fondamentale: la direttiva UE ha semplicemente l’obiettivo di ridurre l’utilizzo di sacchetti di plastica leggera. E, sugli shopper, prevede sì che gli Stati possano applicare strumenti come la fissazione del prezzo, purché portino alla riduzione dell’uso di borse di plastica.

Ma ci spiegate come questa misura stia contribuendo a questo vitale obiettivo? Oltretutto i sacchetti bio sono meglio di quelli di plastica ma, a causa dell’etichetta, costituiscono comunque un rifiuto in più che difficilmente può essere riutilizzato e riciclato nell’umido. La strategia di riduzione di plastica e rifiuti deve trovare altre leve motivazionali e soluzioni efficaci fino in fondo. Che, in tutto questo pasticcio, in realtà, non troviamo.


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